Un nuovo umanesimo tra natura e cultura
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Il primo quarto di secolo del terzo millennio dell’Antropocene volge al termine: un tempo tormentato, multiforme, complesso. Eredi della grande lezione dei maestri della Land Art e dell’Arte Povera del secolo precedente, gli artisti di questo nostro tempo, prese le distanze da connotazioni politicizzate e da concettualismi a temperatura fredda, si fanno con coraggio interpreti di un nuovo risolutivo attivismo. Affermando il proprio posizionamento etico e la loro funzione sociale, superano barriere geografiche e culturali e si dichiarano cittadini del mondo (Barthélémy Toguo), da Nord a Sud, da Est a Ovest, accomunati da un afflato ecologista che, come teorizzato da T. Morton in Noi, esseri ecologici (2018) quale base di un nuovo Umanesimo, si fonda sul concetto che «io» e «l’altro» (organismo vivente in senso lato) siamo parti inestricabilmente legati di un Tutto: il pianeta Terra - non insieme di materiali e di organismi da sfruttare (il Monstre sapie di Neto) - ma ecosistema di cui siamo simbioticamente partecipi.
Equilibrio sempre più precario
L’artista, custode di questo «giardino protetto» (Michelangelo Pistoletto), sciamano di un sacro rito che si perpetua da millenni (Ana Mendieta, Joseph Beuys, David Nash) possiede le chiavi per mantenere questo equilibrio oggi sempre più precario. Ci invita a porci in stato di rispetto, di ascolto, a abbracciare la pratica del reimpiego, finanche a lasciarci cullare dal senso di stupito sperdimento che si avverte al cospetto della Natura e dell’infinito trascorrere delle sue stagioni. Un nuovo Rinascimento si realizza in questo multiforme, ritrovato e possibile equilibrio, in questa urgenza di un intimo recupero di accordo fra Natura e Cultura, fra Materia/Terra e Essere umano/Artista. Arcangelo Sassolino, giocando sulla contrapposizione fra elemento geologico e tecnologia, dimostra come l’artista ha la responsabilità di difendere e riaffermare questa rinnovata armonia. Altri s’abbandonano al sentimento di dolce e seducente arrendevolezza che si prova al cospetto dell’infinità del tempo e ne catturano poeticamente l’attimo nell’effimera impronta di un fiore, di una piuma (Alessandro Piangiamore).
Una urgenza ineluttabile
È lo stesso sublime sperdimento di fronte all’incommensurabile (Olafur Eliasson), al mistero percepito sulla soglia fra due universi che si sfiorano e si sfaldano uno nell’altro (Gianni Caravaggio). Contrasti, simbiosi, catarsi, rinascite. Maschile e femminile, qui e altrove. Laura Viale con un tuffo nelle profondità buie del ventre della Madre Terra rovescia la prospettiva omocentrica lasciando che, attraverso le sue mani, sia la Natura a emergere, catturata con un materiale ancestrale e delicato al tempo stesso quale è la grafite.
Lasciamoci condurre per mano, dunque, in questa armonica danza, seguendo il canto della nostra Terra, che - con le opere che la Galleria Repetto presenta per questa edizione de L’Uomo e il Clima - offre un appiglio all’urgenza ineluttabile che sovrasta ormai le nostre vite.