Il progetto

Un ponte blocca la nuova funicolare

La Stan spiega la sua opposizione al progetto del Ritom – «Un errore aumentare la pressione antropica»
Andrea Stern
Andrea Stern
23.03.2025 06:00

La nuova funicolare del Ritom - più veloce, più spaziosa e altrettanto ripida - avrebbe dovuto essere inaugurata questa primavera. Avrebbe dovuto sostituire il vecchio impianto realizzato dalle FFS nel 1917, che dopo oltre un secolo di onorato servizio inizia davvero a sentire il peso dell’età. Ma il prossimo 17 maggio, in occasione dell’apertura della stagione estiva, ci sarà ancora lei, la solita cabina rossa, sui soliti binari, tra le solite e vetuste stazioni. «La sicurezza è garantita - premette Aris Tenconi, sindaco di Quinto -. Però diventa sempre più difficile trovare i pezzi di ricambio per una funicolare che ha cent’anni. Negli ultimi tempi è capitato che dei pezzi dovessero essere adattati in casa».

Un rinnovo dell’impianto è più che mai necessario. Se ne parla da tempo e finalmente, nel luglio 2023 quando è stata presentata la domanda di costruzione, l’iter iniziato una decina d’anni prima sembrava potesse andare a buon fine. Ma proprio sul vialone d’arrivo sono piombati due ricorsi contro la realizzazione del ponte tibetano di oltre 400 metri che doveva accrescere il potenziale turistico in quota e giustificare il raddoppio della capacità dell’impianto. L’iter si è impallato finché - come anticipato da La Regione - il Cantone ha preso atto delle mutate condizioni e ha ritirato il proprio sostegno finanziario al progetto.

«In fase di domanda preliminare non si era palesato nessuno - ricorda Tenconi -. Hanno aspettato il progetto definitivo per arrivare coi ricorsi. Certo, noi auspichiamo che vengano respinti. Ma potrebbero volerci diversi anni. E noi non possiamo permetterci di attendere così a lungo per rinnovare l’impianto».

Urge un piano B, in attesa che i giudici dei vari livelli dicano la loro. Giovedì il sindaco e ivertici della Funicolare Ritom SA hanno incontrato il consigliere di Stato Christian Vitta, i suoi funzionari e i dirigenti dell’Ente regionale di sviluppo per valutare il da farsi. Le possibilità non sono tante. Anche perché un sussidio cantonale si giustifica solo in presenza di un progetto di rilancio e non di un semplice rifacimento della funicolare.Ergo, niente ponte tibetano, niente sussidi.

«Stiamo lavorando insieme per elaborare delle varianti legate a nuovi progetti sul territorio - spiega Tenconi -. Sarebbe un paradosso dover rinunciare a un mezzo di trasporto pubblico apprezzato dalla popolazione e dai turisti, nonché utilizzato per la manutenzione dell’impianto idroelettrico. Un impianto per di più alimentato da energia rinnovabile. Stiamo facendo di tutto per cercare una soluzione praticabile e confidiamo di trovarla.Ma non possiamo nascondere una certa amarezza per come a due minuti da mezzanotte il progetto si sia inceppato per questioni di impatto sul territorio, considerando che il ponte tibetano è un’inezia rispetto all’enorme diga di cemento già presente in quota».

Dov’è la perizia?

Difatti è proprio per l’impatto che la passerella e il nuovo sentiero avrebbero su una zona naturale inserita nell’Inventario federale dei paesaggi di importanza nazionale, habitat di specie avifaunistiche protette e prioritarie per la conservazione, che i ricorrenti - la Società ticinese per l’arte e la natura (STAN) e la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio - hanno deciso di chiedere ulteriori chiarimenti.

«Non capiamo come mai il Cantone abbia deciso di dare preavviso favorevole senza ritenere necessario il coinvolgimento della Commissione federale per la protezione della natura e del paesaggio - afferma Tiziano Fontana, presidente della STAN -. La giurisprudenza è chiara. In caso di interventi in un’area protetta a livello federale si rende necessaria una perizia».

Non sono cavilli, secondo la STAN. «Il fatto che in passato siano state realizzate infrastrutture molto invasive in ambienti naturali delicati non giustifica che oggi si vada ad aumentare ulteriormente la pressione antropica - afferma Fontana -. La domanda è: fino a che punto noi esseri umani possiamo andare avanti a introdurre nuove strutture all’interno di aree che noi stessi abbiamo ritenuto fosse necessario proteggere?».

La STAN non ci sta a passare per guastafeste dato che, a suo modo di vedere, sta al contrario cercando di salvaguardare quei fragili equilibri che rappresentano il valore della regione del Ritom. «Non siamo contrari al turismo, non siamo contrari al rifacimento della funicolare - sostiene Fontana -. Osserviamo però che a livello mondiale il dibattito si sposta sull’esigenza di avere un turismo meno impattante sui luoghi più pregiati dal punto di vista naturale. Bisogna pianificare bene gli interventi e puntare sulla natura anziché aumentare la pressione antropica pensando che tutto possa essere trasformato a nostro piacimento».

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