Il commento

Un tram che si chiama... ritorno al passato

Nato e cresciuto al capolinea della tratta per Cadro e Dino non sono mai riuscito a pensare al progetto del tram-treno come a un reale elemento di ammodernamento strutturale della città
Enrico Carpani
15.09.2024 06:00

Nato e cresciuto al capolinea della tratta per Cadro e Dino non sono mai riuscito a pensare al progetto del tram-treno come a un reale elemento di ammodernamento strutturale della città. Se così non fosse stato mi sarei infatti dovuto perlomeno domandare chi abbia sciaguratamente deciso, quasi 50 anni fa, di cancellare dalla memoria cittadina l’epoca degli sferraglianti convogli blu che risalivano Corso Elvezia verso La Santa e Viganello. A me resta il ricordo di Andrea, Giampaolo, Roberto e io aggrappati senza biglietto al vagone di coda sino alle elementari dell’attuale biblioteca dell’USI. Non è molto, lo so, ma me lo faccio bastare.

Intanto, però, cresce in me la preoccupazione per l’odissea realizzativa di un’idea che si vorrebbe innovativa ma che in realtà altro non è che un complicato ritorno al passato. Il mondo non ha mai abbandonato il concetto di trasporto pubblico di superficie non motorizzato e moltissime grandi città sono restate fedeli al caro, vecchio tram. A Lugano ci stiamo interrogando su dove e come far tornare a passare le carrozze. Più o meno dove già passavano proprio mezzo secolo fa.

Ma si sa che dalle nostre parti sulle decisioni antistoriche siamo piuttosto forti. Basterebbe citare - l’ho già fatto in luglio e lo ripeto oggi dopo la conferma di riduzione della capienza a fronte comunque dell’aumento dei costi di costruzione dello stadio per garantire maggiore confort agli spettatori - il principio di finanziamento adottato nei confronti del polo sportivo: assolutamente valido e sacrosanto per gli impianti di utilità pubblica, del tutto contro tendenza invece per quanto riguarda la struttura strettamente riservata all’attività di una società professionistica. Lugano è fatta cosi, che cosa vogliamo farci: se anche porti fior di esempi che dimostrano che sarebbe stato più opportuno agire diversamente ti senti dire che «è vero, ma devi capire che qui è diverso». Sarà…

Torniamo comunque al futuro del tram cittadino nella fase 2 del grande cantiere della regione luganese. O meglio al ritorno al passato che ci attende. Ciò che non abbiamo voluto o saputo mantenere, migliorare e rendere sempre più performante ci torna tra le mani oggi, nel contesto di una viabilità del tutto satura, cronicamente fragile e di fatto senza vere vie d’uscita. Eppure, forse, proprio un progetto che nasce in ritardo, che promette di vedere la luce già vecchio come il Benjamin Button di Scott Fitzgerald e che ci costerà una fortuna potrebbe aiutarci a individuare l’unica via percorribile.

Il tram è consapevole dei propri limiti e non lancia proclami: prima di illuderci di poter contribuire a limitare il flusso di veicoli in città ne reclama la drastica riduzione per garantirsi l’indispensabile spazio. Quanto basta per rendermelo già molto più simpatico! Purchè questo potenziale alleato non sbagli obiettivo, lanciandosi per esempio nella già abbozzata, facile battaglia di retrovia sui posteggi invece di insistere sulla necessità di studiare la composizione sociologica del traffico, in massima parte alimentato da passaggi di transito.

Ancora una volta il rischio maggiore di disagi e limitazioni potrebbe gravare insomma su coloro che del tram, al di là di qualche reminiscenza giovanile, non avvertono la necessità, lasciando praticamente immutate le criticità attuali. E spendere oltre mezzo miliardo per cambiare poco o nulla sarebbe davvero poco utile. Un pò come uno stadiolo di lusso per pochi pagato da tutti.

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