Una passione in fermento

Un team di 8 persone under 31, 5,5 ettari di vigneti, circa 40 mila bottiglie l’anno prodotte, la metà «fatte in casa», l’altra metà per conto terzi, 7.000 metri coltivati con piante officinali, 600 alveari che in estate raggiungono una popolazione potenziale di 27 milioni e 500 mila api - «Le chiama per nome?», Gabriele Bianchi sorride - per una produzione che varia dai 18 ai 40 chili di miele per cassa. Il tutto, «naturalmente» Bio.
Questa, in sintesi, la quantificazione dell’Azienda Agricola Bianchi di Arogno, creata da Alberto e Marcy Bianchi nel 1998 e ripresa nel 2015 dai figli Gabriele e Martino. Conosciamola più da vicino. A intrattenerci nel locale Degustazione c’è Gabriele Bianchi, dal 2021 presidente di Bio Ticino, docente di viticoltura e cantina a Mezzana, viticoltore e apicoltore.
L’imprinting famigliare
Cresciuto con le api in casa, Gabriele Bianchi così ci racconta l’evoluzione della sua passione per una vita biologica. «Dal 1990 i miei genitori si occupano di apicoltura, penso siano stati tra i più grandi in Svizzera arrivando a curare oltre 1.300 casse. Così, durante le vacanze estive, li aiutavo in questa attività. Al termine del liceo, non sapendo bene se continuare a giocare a calcio (nel Team Ticino, allenatore Davide Morandi, ndr) oppure no, infine mi sono lanciato negli studi di enologia a Changins», il Centro di competenza nazionale per tutta la formazione superiore nei settori della viticoltura e dell’enologia. Tre anni, bachelor, esperienze in Champagne e Borgogna, fino a riprendere nel 2015 l’azienda dei genitori e con il fratello Martino costruire la cantina nel 2017.

Un alveare in miniatura
L’Azienda Agricola Bianchi si caratterizza per la divisione del lavoro e una produzione ad ampio raggio improntata al biologico. «Mio fratello si occupa di vinificare l’uva da lui prodotta , io mi sono orientato all’apicoltura e agli aspetti enologici e gestionali dell’azienda», osserva Gabriele. «Cosa vuol dire impronta biologica? Il concetto base è il ciclo chiuso, valorizzando tutto, scarti compresi». Un esempio, ci spiega l’appassionato apicoltore, «è il riutilizzo della cera esausta per concimare la vigna». Il presidente di Bio Ticino, l’associazione che raggruppa tutti gli agricoltori biologici presenti nel cantone, ci ragguaglia con un certo orgoglio su alcune cifre. «Oggi in Ticino gli agricoltori biologici sono oltre 200, ciò significa che il 23% delle aziende agricole cantonali è Bio e questo dato ci porta a essere al 5. posto in Svizzera».
«Un tavolo con più gambe»
«Siamo «biodiversi» perché il mondo agricolo non dà garanzie, siamo soggetti alle variazioni meteo, occuparci di attività differenziate ci permette di avere un tavolo che poggia su più gambe», spiega l’imprenditore agricolo. Tra le varie gambe aggiunte di recente vi è la produzione di erbe officinali per tisane. «Coltiviamo 7.000 metri di piante officinali - lippia, melissa, menta citrata - e alcuni fiori, tra cui la stella alpina. Prodotti che vengono valorizzati grazie alla collaborazione con Erbe Ticino e con la Ferrovia Monte Generoso». A Gabriele Bianchi brillano gli occhi quando ci parla del Sambì, un «fiore all’occhiello» della loro produzione. «Cinque anni fa abbiamo ripreso un’antica ricetta della nonna, il Gazosin da sambüc, lo champagnino dei poveri - una bevanda alcolica semisecca frizzante da fermentazione realizzata con i fiori di sambuco raccolti in Val Mara, acqua del Monte Generoso, zucchero e limone -, un esercizio imprenditoriale molto interessante». Un’ulteriore gamba è stata aggiunta al tavolo da non molto. «Da tre anni ci siamo specializzati nella spumantizzazione - spiega l’enologo e viticoltore -. una tecnica appresa durante il mio soggiorno nello Champagne. Colleghi diversi ci portano il loro vino di base e noi lo rendiamo «petillant». A ciò si aggiunge la vinificazione per conto terzi. «Un’attività interessante perché realizzare solo il servizio ci risparmia dalla componente essenziale della nostra attività che riguarda la vendita, la consegna, la fatturazione e l’incasso. Inoltre, si interagisce con i colleghi ampliando così la rete di conoscenze sia personali, sia del mestiere».
A questo punto, molte curiosità continuano a ronzare nella testa, inevitabilmente, trovandoci a contatto con un apicoltore. Gabriele Bianchi, ci racconta di un mondo «incredibile, dal quale dovremmo imparare». Racconta come nasce un’ape regina, il ciclo vitale delle operaie che nel corso della loro breve esistenza cambiano più volte «mestiere». Racconta di un nemico terribile delle api, giunto dall’Asia all’inizio di questo secolo, la varroa destructor, «siamo attenti a quantificarla e questo ci consente di poter intervenire. Lavoriamo con gli acidi, tollerati dalle api ma letali per questi acari». Una cura e un’attenzione di apiari e api volte alla produzione di quell’oro naturale che è il miele, naturale e senza residui.