Il ritratto

Una ragazza dietro le quinte

Susan Gösteris, 23 anni, racconta la sua avventura da operatrice di palcoscenico – «Se lo spettacolo funziona, è merito anche nostro»
© CdT / Chiara Zocchetti
Prisca Dindo
13.10.2024 14:11

«La folgorazione? L’ho avuta al LAC!» esclama sgranando gli occhi, come se rivivesse la meraviglia di quel momento. «È dietro le quinte della sala concertistica e teatrale di Lugano che ho capito la magia del mestiere che ho scelto per la vita». Susan Gösteris, 23 anni nata a Lugano, è al secondo anno di apprendistato di operatrice di palcoscenico. Quando terminerà la formazione, entrerà pure lei nella schiera di specialisti che si muovono nell’ombra per costruire e gestire i palchi delle manifestazioni dal vivo. Un giorno garantirà in autonomia la riuscita di concerti, sfilate di moda, convention politiche, presentazioni ufficiali. Più complicata è la struttura del palcoscenico, più occorre una preparazione tecnica specifica e la giovane, che ha avuto la fortuna di iniziare l’apprendistato presso una grande azienda di «service» ticinese come la Emme di Bioggio, ne è consapevole.

Un inizio difficile

Susan non ha trovato subito la sua strada, anzi. L’unica certezza che aveva a sedici anni, era che non voleva passare una vita intera dietro ad una scrivania. I lavori d’ufficio non facevano per lei: l’aveva capito dopo aver frequentato senza fortuna la scuola commerciale di Lugano. «Bocciai due volte la seconda e questo fu il segnale inequivocabile che mi fece capire che dovevo cercare altro» racconta appoggiando una voluminosa chiave inglese sulla passerella da sfilata in costruzione all’interno del palazzo Conza a Lugano. «Io volevo trovare il mestiere giusto per me ma non è facile quando hai sedici anni: a quell’età spesso le idee sono poche e confuse». Nel dubbio, Susan giocò la carta degli stages. Durante i giorni trascorsi in compagnia dei professionisti, si è confrontata con una quantità ragguardevole di mestieri. «Del resto effettuare uno stage in azienda rappresenta l’unico modo per scoprire una professione nel concreto». Tentò la strada del falegname, della donna spazzacamino, della decoratrice 3D, della fiorista, della parrucchiera, dell’operatrice socioassistenziale negli asili nido. Fece anche un anno in disoccupazione e «in occasione di un corso capii che dovevo cercare un mestiere manuale con un indirizzo artistico».

Dietro le quinte dei palcoscenici

Un giorno scoprì per caso il mestiere di operatrice di palcoscenico. Non conosceva nulla di quella professione, tuttavia quando cercò online la descrizione, ne rimase affascinata. Quando venne a sapere che il LAC formava apprendisti, non esitò a bussare alla porta del centro culturale luganese. «Quei tre giorni di stage in compagnia degli specialisti che stavano montando una scenografia per uno spettacolo di danza mi aprirono gli occhi! Mi piaceva tutto! Anche il fatto che si trattasse di un mestiere pesante e prettamente maschile». Poi arrivò la pandemia e il mondo degli spettacoli purtroppo si fermò. Per non perdere tempo, la giovane dirottò le sue energie in un apprendistato nel settore della vendita, che terminò «diplomandomi a pieni voti!». Tuttavia la nostalgia per il palcoscenico continuava a tornare a galla e quando lesse che presso la Emme c’era la possibilità di effettuare un apprendistato non perse tempo. Si presentò e venne assunta.

Due ragazze su quaranta dipendenti

Quello dell’operatore di palcoscenico è un mestiere piuttosto maschile, almeno stando ai cliché. Ci vuole forza fisica per l’assemblaggio dei «ferri», come in gergo viene definito lo scheletro delle strutture dei palchi e delle luci. Inoltre spesso si lavora all’aperto e con qualsiasi tempo. Ci sono poi gli orari di lavoro che non aiutano. «A volte si inizia presto e si finisce tardi perché abbiamo precise tempistiche da rispettare» spiega Beatrice Peruzzo, assistente di direzione di Emme. «Ricordo però che il titolare della nostra impresa Michele Alvarez rimase colpito dalla determinazione di questa giovane; si percepiva la sua voglia di fare, di imparare, sin dal primo appuntamento. Da tempo cercavamo un punto di vista diverso da quello prettamente maschile - due anni fa contavamo soltanto una donna su quaranta collaboratori - e l’arrivo di Susan Gösteris è stato provvidenziale da questo punto di vista. Malgrado i timori iniziali, abbiamo capito che non ci eravamo sbagliati nell’offrirle la possibilità di formarsi da noi. Lei si muove bene sia dove ci vogliono muscoli, sia dove sono necessarie capacità tecniche o informatiche. Esattamente come i suoi colleghi uomini».

Il sogno dei Rammstein

Una versatilità che Susan conferma, «del resto ogni mattina mi reco al lavoro con il sorriso». Da quando ha iniziato a scoprire questo mondo, la giovane guarda ai grandi concerti con occhi diversi. «… Vi immaginate cosa succederebbe se gli operatori chiamati a montare a smontare l’enorme palco dei Coldplay non rispettassero i tempi, oppure se la famosa piscina nella quale Taylor Swift si tuffa durante il suo Eras Tour non si aprisse? Gran parte del successo di queste rock star è anche merito nostro», osserva orgogliosa. IL suo sogno nel cassetto? Quello di molti operatori del settore, ossia lavorare un giorno sul palco dei Rammstein, il gruppo musicale tedesco conosciuto per gli effetti scenici sorprendenti. «Un sogno irrealizzabile? Mai dire mai» conclude Susan con uno sguardo di sfida.

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