Vi presento Genny

Quando arrivò sul mercato agli inizi degli anni 2000 sembrava un mezzo di trasporto del futuro. Due ruote, un manubrio e la possibilità di andare avanti o indietro stando sempre in piedi ma spostando semplicemente il peso del corpo. «Forse il Segway, che oggi non esiste più, ma per il cui sviluppo sono stati investiti 100 milioni di dollari, era davvero troppo in anticipo sui tempi», afferma Paolo Badano, fondatore di Genny Mobility, azienda di Sant’Antonino del Gruppo Wullschleger, sconosciuta ai più, ma forse destinata a diventare famosa su scale globale.
Spostamenti da seduti
Sì, perché Genny non è «soltanto» una carrozzina rivoluzionaria per le persone paraplegiche - ideata da Badano con la sua squadra d’ingegneri e prodotta a Sant’Antonino negli spazi accanto alla Geniomeccanica SA di Luca Wullschleger - ma ha tutte le carte in regola per rivoluzionare anche la micro mobilità, giacché permette spostamenti da seduti anche alle persone normodotate, che potrebbero desiderare appunto un aiuto per spostarsi agilmente in città. Si pensi agli anziani, ma non solo. Musica del futuro però, per il momento. Perché oggi Genny è certificata come dispositivo medicale.
Rimasto paralizzato a causa di un incidente, Badano un giorno ha avuto l’idea che gli ha cambiato di netto la vita. Perché non montare una sedia su un Segway, così da permettere anche alle persone paraplegiche di spostarsi senza slogarsi spalle e braccia? Detto, fatto. Sembrava l’uovo di Colombo, eppure ha funzionato, anche quando Segway fallisce e Badano si trova ai piedi della scala. «Succede però che in quel momento, era il 2018, arriva il gruppo Wullschleger che investe in ricerca e innovazione e in alcuni anni riprogettiamo completamente tutto, ripartiamo da zero insomma, fino a diventare proprietari esclusivi del nuovo mezzo di trasporto».
Un mezzo che se dovesse «sfondare» come tutti si augurano potrebbe davvero fare il botto. Dato che sono 130 milioni i paraplegici nel mondo e ogni anno vendono vendute 20 milioni di sedie a rotelle.
Un passo alla volta
Per ora qui a Sant’Antonino si fa vuole però fare un passo alla volta. «La produzione programmata fino a oggi è di mille esemplari che vorremmo vendere entro un anno e mezzo - specifica Badano, che continua ad andare avanti e indietro mostrando le qualità della «sua» Genny. Che è molto più di una carrozzina. Anzi, in realtà non ci somiglia neanche lontanamente. Perché ha due ruote invece di quattro, un manubrio come quello dei monopattini e soprattutto un design che non permette di distogliere lo sguardo. Tutto voluto, ovviamente. Perché «inclusione significa anche questo», precisa Badano. «Significa guardare una persona seduta su una Genny e non pensare di vedere una persona paraplegica».
Luca Wullschleger incrocia lo sguardo di Badano e sorride soddisfatto. La partenza sembra andare come previsto. Perché i primi pezzi, anzi, le prime Genny stanno uscendo dalla fabbrica in questi giorni. «Uno dei passaggi fondamentali - spiega - sarà passare dalla startup a un’azienda vera e propria. Se tutto andrà come previsto i volumi aumenteranno di molto e quindi saranno necessari altri spazi e più personale qualificato e formato. Personale che non è assolutamente semplice da trovare». Dovranno insomma essere fatte delle scelte. Anche insieme alla politica. Perché «gli imprenditori possono arrivare fino a un certo punto», poi devono essere trovate le giuste condizioni quadro