Voglio un corpo da selfie
In origine il modello ruotava attorno all’arte classica. Forme rotonde, prosperose, visi delicati e ben definiti. Poi l’arte è stata contaminata ricalcando tendenze affiorate dalla moda, dal cinema, dalla televisione. Persino dai cartoni animati. Oggi i social hanno portato a un ideale di riferimento della bellezza frutto di un processo di omologazione dettato da brevi filmati e selfie. Visi con labbra pronunciate, corpi ben scolpiti con tatuaggi in evidenza, calibrati per essere racchiusi nelle foto scattate con lo smartphone, immagini da instagrammare, come si dice usando i nuovi termini presi in prestito dallo slang del mondo digitale. Siamo davanti a un mutamento rapido che è stato colto non soltanto dalla sociologia ma anche da chi opera direttamente sul corpo delle persone. Come il dottor Giovanni Barco, uno dei pionieri in Ticino della Chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, con studio nella Clinica Sant’Anna.
Una mutazione importante
Barco ha partecipato recentemente a un incontro organizzato dall’Associazione italiana di cultura classica a Lugano insieme allo storico dell’arte Paolo Repetto, dove ha parlato appunto di come visi e corpi si sono evoluti nel tempo sino ai giorni nostri. Un curioso e interessante confronto, in parallelo, tra arte e chirurgia plastica. «Se si parte dall’idea di quale sia in origine il concetto generale di bellezza - spiega il dottor Barco - si arriva subito alla scultura greca e ai canoni impressi dai grandi scultori ellenici alle loro opere. Ed è vero che per lungo tempo la tendenza, il riferimento era questo: le donne erano molto più giunoniche. Oggi si assiste a una mutazione importante, perché molte che arrivano nel mio studio hanno corpi forgiati dalle diete o dall’attivitàin palestra, hanno masse muscolari che spesso sono esagerate. Già questo ci porta a dire che oggi ci siamo distanziati dal concetto di bellezza classica per abbracciare nuovi modelli».
I cambiamenti politici e sociali
Il seno piccolo o grande, la forma del viso, gli zigomi, il naso, i glutei hanno influito culturalmente soprattutto sull’immagine della donna (e anche sugli uomini) definendo quell’accettazione di sé che alla lunga ha generato importanti cambiamenti sociali. Ad esempio, i seni floridi, esibiti da molte attrici del dopoguerra, sono stati il segno di un benessere conquistato, mentre quelli piccoli sono stati il simbolo di ribellione e di lotta, femminista e sessuale. «L’avvento dei social - fa notare Barco - ha mutato ancora i canoni estetici, ha livellato e omologato i modelli. C’è stata una sorta di smaterializzazione del fisico, fra fluidità sessuali e di genere che fanno sfumare quei confini netti di un tempo, simboli di un mondo sempre più virtuale, di bellezza artefatta. Oggi da parte delle donne si va alla ricerca di una mascolinizzazione, di un aspetto androgino, alcune volte esasperato. Se un tempo c’era la richiesta di aumentare il volume del seno oggi tante chiedono una riduzione».
«Quarant’anni fa eravamo in tre»
Giovanni Barco ha visto questa mutazione durante la sua lunga carriera. Da quando nel 1985 ha vinto il concorso per l’ammissione alla scuola di specialità in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva e poi ha iniziato a lavorare nel reparto di Chirurgia Plastica del Policlinico san Matteo, e ancora durante i lunghi soggiorni all’estero prima di giungere a Lugano. «Quando ho cominciato io 40 anni fa - racconta - in Ticino eravamo in tre e la mia era una specializzazione elitaria. Adesso c’è un’offerta enorme e in giro ci sono materiali di ogni tipo. Per un paziente che vuole ricorrere al chirurgo plastico è così difficile orientarsi. Per effettuare una scelta corretta io dico sempre di osservare quattro aspetti. Il primo: lo specialista e il suo curriculum; il secondo: la struttura sanitaria dove opera, deve essere riconosciuta e affidabile; il terzo: la spiegazione che il medico fa su pro e contro un intervento; il quarto: l’empatia e il rapporto che si instaura con il chirurgo. Detto questo, alla fine abbiamo due tipi di pazienti. Il primo è quello che vuole apparire, è alla ricerca un cambiamento e chiede di modificare parti del proprio corpo, magari la gobba del naso; il secondo è invece quello che vuole mantenere il proprio corpo nel tempo e quindi ha bisogno di interventi conservativi, come un rimodellamento del seno che cade. Personalmente parto dal presupposto che non esiste niente di brutto in ciascuna persona, noi chirurghi dobbiamo riuscire sempre a tirare fuori il meglio dal paziente partendo da quello che ha già, senza esasperare sia in un senso che nell’altro».
Per un intervento serve tempo
Tutto questo senza dimenticare che per ogni intervento serve una programmazione minuziosa, non si possono ottenere risultati in pochi giorni. “Questo aspetto - sottolinea Barco - è molto importante e va chiarito subito al paziente. Non possono esserci scorciatoie, vanno rispettati i tempi. Io spiego spesso che la chirurgia dell’oggi per domani non esiste, esiste una programmazione chirurgica, una ricerca di equilibri e di forme armoniche. Questo nonostante le protesi e le tecniche nel nostro campo siano andate avanti, gli interventi sono sempre meno invasivi. Anche se in chirurgia plastica non si possono evitare cicatrici, neppure con il laser (io sono stato tra i primi ad usarne uno molto avanzato)».
Insomma il laser non è una gomma da cancellare ma procede con un taglio per ustione e le cicatrici sono nei punti meno visibili. Inoltre, ogni anno affiorano nuove tecniche e forse anche per questo il paziente, che è sempre molto attento, ha idee molto chiare. «Ma non sempre si riesce a raggiungere certi risultati. D’altronde, tornando al concetto classico di bellezza, i grandi pittori e i grandi scultori non è che partivano da un foglio bianco e chiedevano alle persone che dovevano ritrarre o riprodurre in una scultura quello che vuoi diventare, copiavano e tiravano fuori l’essenza della persona. Oggi addirittura ti chiedono una proiezione al computer, quella che si chiama idiomatica, cioè la possibilità di poter vedere in prospettiva il possibile risultato. Il problema è che la riproduzione effettuata da un software (e più avanti sarà così con l’intelligenza artificiale) alla fine non sarà mai identica al risultato reale».
Si ragiona per standard
I social hanno portato poi, come si accennava, a una standardizzazione del corpo. «Non c’è più - spiega il chirurgo - quella bellezza particolare che ti colpisce, che esce fuori dagli schemi, dove anche un naso aquilino assume un fascino particolare. Come accadeva alle grandi attrici che sfruttando una imperfezione costruivano il loro senso di bellezza e di personalità. Se devo dire più che una modella magra, con seno e glutei scolpiti, con labbra marcate, preferisco una donna che esce dagli schemi come può essere Amal Alamuddin, la moglie di George Clooney, che con i suoi tratti camusi ha un suo stile unico».
Le richieste al chirurgo plastico alla fine sono sempre le stesse. «Non sono cambiate - conclude Barco - si va alla ricerca di un viso più levigato e con meno rughe e segni del tempo, al ritocco di una parte del corpo che non piace, al seno più grande o più piccolo, a un rimodellamento come può essere la liposuzione. Certo, alcuni si sottopongono a interventi per apparire non per stare bene con se stessi. E così anche se l’intervento è perfettamente riuscito si lamentano perché nessuno ha notato magari il naso o il décolleté rivisti e corretti».