«Volevo scappare, ora il Ticino è cambiato»
Per la luganese Simona Elena Crivelli, classe 1984, il rapporto con il Ticino è stato a tratti sofferto. Già dai tempi del liceo non vedeva l’ora di varcare il Gottardo per scoprire nuovi orizzonti. «Me lo sentivo stretto, senza sbocchi - racconta - il mio obbiettivo era la Svizzera interna, in particolare Zurigo, che allora consideravo la ‘Place to be’, il posto dove essere. Poi c’era la voglia di spiccare il volo da sola: a diciannove anni, più lontano da casa vai, più ti senti indipendente. Lasciare la città dove ero nata ed oltrepassare il Gottardo significava per me accedere finalmente al mondo degli adulti». La incontriamo a Lugano, nel suo appartamento che condivide con il marito francese e il loro piccolo di tre anni e mezzo.
Da poco più di un anno è la responsabile del Servizio comunicazione, risorse didattiche e scientifiche e eventi del DFA/ASP, il Dipartimento Formazione e Apprendimento / Alta scuola pedagogica della SUPSI, la scuola universitaria professionale della Svizzera italiana. È una dirigente apprezzata e una mamma felice: «Dopo più di quindici anni di esperienze dentro e fuori dai confini nazionali ho scoperto che nel frattempo il Ticino si era aperto, trasformandosi nel «Place to be», in questa fase della mia vita».
Un ritorno di fiamma non scontato, dato che il percorso professionale - che questa giovane ci riassume in un fiato - l’ha portata a contatto con diverse culture più a nord della nostra, sin dai tempi post liceali.
Gli anni dell’università
Salutata Lugano con in tasca la maturità linguistica, Simona trasloca a Friburgo, dove in cinque anni consegue un bachelor in comunicazione e giornalismo e un master in storia contemporanea. Sceglie l’ateneo friburghese perché è l’unica università bilingue della Svizzera. Effettua i suoi studi sia in francese sia in tedesco senza nessun problema. A quell’epoca era sicura di una cosa: «siccome miravo ad un posto di lavoro a Zurigo, volevo palleggiare bene la lingua tedesca». Di tornare in Ticino, non se ne parlava proprio. Dodici giorni dopo la laurea, prende l’aereo e vola a Berlino, dove si prende un anno sabbatico per approfondire ancora meglio la lingua di Goethe.
Da Berlino a Copenhagen
La sua prima esperienza fuori dai confini svizzeri è molto fruttuosa: dal profilo linguistico ottiene un diploma per il livello C 2, che in Svizzera le permetterebbe di insegnare il tedesco nei licei. Per la ticinese, Berlino si rivela «molto «exciting»: le offerte culturali sono strepitose, la città brulica di gente. Tuttavia, le dimensioni della capitale della Germania la spaventano un po’ «per spostarsi da un quartiere all’altro ci impiegavo troppe ore». Ad un certo punto accarezza anche l’idea di cercare lavoro nella città tedesca, ma l’amore le scombina i possibili piani e si trasferisce a Copenhagen seguendo il suo cuore. Una scelta in perfetta armonia con il suo desiderio di scoprire nuovi modelli di vita.
La vita in Danimarca
Nella capitale danese rimane tre anni: «oltre a rinfrescare il mio inglese, trovai il mio primo impiego in un’azienda di design del lusso, nel settore amministrativo. Siccome supportavo i rappresentanti di vendita in diversi mercati, in Europa e nel mondo, feci pratica con tutte le lingue che conoscevo». Simona si sente perfettamente a suo agio in Danimarca. In particolare, apprezza la politica sociale di questa nazione nordica: «Nel corso dei miei due anni di impiego, ho incrociato diverse colleghe che sarebbero diventate mamme. Le vedevo serene, perché la Danimarca garantisce un anno di congedo maternità, oltretutto condivisibile con il proprio partner. Da questo profilo sono avanti anni luce». Pur sentendosi nel posto giusto, Simona comincia a percepire un sentimento di frustrazione; a venticinque anni e con in dote una laurea umanistica, vorrebbe qualcosa di più di un posto amministrativo. Chiede di passare al dipartimento di comunicazione e marketing e siccome l’azienda le risponde picche, decide di tornare a casa. Ma non è ancora la volta buona per il ritorno definitivo in Ticino.
Zurigo, finalmente
Infatti è soltanto un «pit stop», come si dice nel mondo automobilistico. Tempo di terminare i due anni previsti dall’Accademy RSI per diventare giornalista RP, che Simona aveva già preparato le valigie; «sicuramente non ero ancora pronta per il Ticino». Questa volta non esce dai confini nazionali. Il suo «pallino fisso» resta Zurigo e quando finalmente nel 2015 trova un impiego nella città sulla Limmat tocca il cielo con un dito. Il suo sogno si era realizzato.
A Zurigo fa diverse esperienze professionali nel mondo della comunicazione, culminate nel 2021 come portavoce di IKEA Svizzera, la multinazionale dell’arredamento.
Un Ticino diverso
Tuttavia la città non è tutta rose e fiori, anzi. Sa essere anche dura con chi non è nato lì. «Non parlare lo svizzero tedesco può portarti a sentirti escluso e «fuori dal gruppo», soprattutto a lungo termine. Probabilmente le persone del posto non se ne rendono conto; il loro è un processo non intenzionale, ma per chi vive questo atteggiamento sulla propria pelle, può risultare difficile da gestire».
Il richiamo delle radici comincia a farsi sempre più sentire. Per Simona, nel frattempo diventata mamma, è giunto il tempo di riconciliarsi con il luogo dove è nata trentasette anni prima: «A distanza di più di quindici anni ho trovato un Cantone più dinamico. Qui si vive bene ed io ho tanta voglia di dare il mio contributo condividendo il bagaglio raccolto in Paesi diversi dal nostro».