Ticino

La vita dopo la violenza

La Casa delle donne «raddoppia» con due appartamenti a Chiasso
Nel 2022, secondo i dati della Polizia cantonale, sono stati 983 gli episodi di violenza domestica avvenuti in Ticino.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
02.04.2023 10:00

Dopo la fuga dalla violenza, la ripartenza, il ritorno alla normalità. Da giugno la Casa delle donne «raddoppierà» aprendo due nuovi appartamenti a Chiasso. Luoghi sicuri e protetti - i primi di questo genere in Ticino - dove le donne vittime di violenza domestica potranno tornare a vivere, a riprendere in mano la propria vita. Alloggi di transizione, così si chiamano tecnicamente i due appartamenti che, se tutto andrà come previsto, potrebbero anche raddoppiare e diventare quattro.

Trentaquattro anni dopo aver aperto a Lugano il primo rifugio d’emergenza in Ticino (la seconda struttura di questo genere, Casa Armònia si trova nel Locarnese), l’associazione Consultorio e Casa delle donne fa dunque un altro passo nell’aiutare e accompagnare le donne che sono state vittime di violenza domestica. Un passo necessario, secondo Zita Albergati e Barbara Stämpfli, che fanno parte del comitato dell’associazione. Necessario «per permettere alle vittime di violenza di reinserirsi nella società anche dal punto di vista lavorativo». Ecco perché chi soggiornerà negli appartamenti dal prossimo giugno - due donne con i loro due bambini - sarà affiancato da due operatrici sociali «che si occuperanno di capire come dare una mano», come permettere alle donne di riprendere in mano la loro vita.

Le storie di Martina e Letizia

La struttura aperta nel 1989, la cui ubicazione rimane segreta e proprio per questo «è stata spostata diverse volte nel corso degli anni», precisa Stämpfli, permette di accogliere le donne vittime di violenza per al massimo 35 giorni. O almeno è questo il periodo durante il quale i costi di permanenza sono coperti integralmente dalla Legge federale concernente l’aiuto alle vittime di reati. Anche perché la Casa offre un porto sicuro a chi è confrontato con situazioni di emergenza, situazioni che a volte durano poche ore, altre qualche giorno.

Come capitato a Martina qualche anno fa. Quando di fronte all’ennesimo scatto di violenza del figlio alterato dall’alcol ha deciso di allontanarsi e passare la notte fuori casa, temendo per la sua salute. O come successo a Letizia che dopo 40 anni di matrimonio con un marito che la picchiava e la maltrattava ha trovato la forza di staccarsi da lui per il bene dei suoi figli.

Le forme della violenza

«Le domande di aiuto che arrivano alla nostra associazione sono sempre un numero importante e in costante aumento», riprende Stämpli che confronta i dati che ha in mano con quelli della Polizia cantonale che parla di 3-4 interventi al giorno per violenza domestica. Nel 2022, ha fatto sapere di recente la stessa polizia, sono stati 983 episodi di violenza domestica che hanno richiesto a protezione delle vittime l’allontanamento di 79 persone. Non è stato un caso insomma che la Casa, che può ospitare fino a 5 donne e 7 bambini, «in dicembre e in gennaio è stata totalmente occupata».

Anche perché la violenza domestica ha tante forme. Da quella fisica a quella sessuale, da quella psicologica a quella economica. E in tutti i casi ha gravi conseguenze per la salute e la vita sociale delle vittime. «Di fronte a una donna che chiede aiuto, spaventata e scossa, la prima preoccupazione è farla sentire al sicuro e garantirle uno spazio di ascolto sereno e preivo di pregiudizi», sottolinea Stämpfli. Che aggiunge. «Non ci troviamo infatti in un’aula di un tribunale dove viene interrogata la vittima e l’autore del reato, non è nei compiti della Casa delle Donne emettere una sentenza. In questo senso rivolgersi alla nostra struttura non equivale automaticamente a sporgere denuncia, ma rimane nella completa libertà della donna».

Non c’è un identikit

Altrettanto certo è che non esiste un identikit unico della donna che subisce violenza e decide di allontanarsi da casa. Anche se alcuni tratti in comune ci sono. «Alla base c’è la difficoltà di integrarsi nella società - dice Stämpfi - anche se va detto che la sede della nostra associazione è a Molino Nuovo che è completamente un altro mondo rispetto al centro di Lugano». Ecco allora che a emergere sono forse casistiche più particolari come «la donna che subisce violenza ma ha paura di separarsi dal marito per il timore di perdere il permesso di soggiorno», racconta Albergati. Un altro dato è però altrettanto certo. Ed è che in Svizzera «sono 4 donne su 10 a essere vittime di violenza e un servizio come quello offerto dal Consultorio e dalla Casa della donna è fondamentale», annota Albergati.

Sensibilizzare e prevenire

Fondamentale è anche se ne parli. Magari con la giusta sensibilità e consapevolezza. E si faccia anche prevenzione. «Sulla prevenzione si può fare di più - riprende Stämpfli - il nostro Consultorio va nelle scuole, fa un servizio di informazione e sensibilizzazione. Ma non basta. Servirebbe una prevenzione più istituzionale». Albergati è d’accordo. «Metà della popolatzione di Lugano non sa dell’esistenza della Casa delle donne».

Ecco perché una delle prossime sfide è quella di avviare nuove campagne di sensibilizzazione anche in luoghi non convenzionali, come ad esempio saloni d’estetica e parrucchiera. Una sfida che sarà raccolta dall’associazione pane e rose per la Casa delle donne, da poco creata, che mira a sostenere i progetti della Casa che non rientrano tra quelli sussidiati dal Cantone.

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