L’editoriale

Desiderio di sapere

Il commento del direttore de L’universo Antonio Paolillo
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Antonio Paolillo
Antonio Paolillo
29.10.2020 09:23

«Tutti gli uomini per natura desiderano sapere». Così Aristotele comincia la sua Metafisica. Il filosofo greco, forse per la prima volta nella storia della filosofia o in generale nella riflessione antropologica, prende la specie «uomo» considerandola nella sua totalità, nella sua definizione, al di là delle differenze di genere, di religione, di nazionalità o di grado sociale. Quello del «sapere» è, quindi, un desiderio naturale, insito in ogni uomo, scaturito dal senso di meraviglia davanti a ciò che non si conosce, a ciò di cui, direbbe il filosofo, non riusciamo a cogliere immediatamente l’essenza. Non bisogna pensare che il discorso sia necessariamente rivolto solo verso i massimi sistemi, quanto piuttosto che questo sia un atteggiamento basilare, rintracciabile già nel «che cos’è questo?» di un bambino davanti a qualcosa che non conosce.

A distanza di circa 2.500 anni, le parole di Aristotele si rivelano ancora veritiere. L’uomo, nonostante abbia indubbiamente un’infinità di mezzi e di conoscenze in più rispetto agli antichi greci, continua a meravigliarsi davanti alla natura, continua a porsi delle domande e a cercarne le risposte.

Contestualizzando le parole del Maestro nel presente della pandemia da coronavirus, ci siamo trovati a dover affrontare qualcosa che non conoscevamo e l’emergenza di dover capire il più velocemente possibile cosa fosse, per limitare i danni che sta causando. Ecco che il sentimento di meraviglia e il desiderio di sapere guidano la comunità scientifica nella ricerca, gli Stati ad investire su di essa e le persone ad informarsi. In Ticino, ad esempio, si è avviato il progetto Corona Immunitas Ticino che coinvolge le università ticinesi, istituti di ricerca ed ente ospedaliero, con l’obiettivo di capirci qualcosa in più, soprattutto a fronte del nuovo graduale e non troppo lento aumento dei casi.

Questa situazione fa emergere un’altra caratteristica fondamentale, non solo dell’uomo, ma della natura tutta: quella dell’adattamento. Il mondo non è un qualcosa di stabile, immutato, permanente, ma piuttosto un qualcosa in continuo mutamento, in continuo divenire – sempre per utilizzare un concetto caro alla filosofia greca. Nonostante la scienza ci spiega che il cambiamento avviene per lo più secondo dinamiche regolari, che si ripetono sempre - come ad esempio il ciclo di generazione e distruzione -, vediamo che gli scenari cambiano e che la natura si adatta ogni volta ad ognuno di essi.

Quello che si apre davanti alla COVID-19 mette in effetti in discussione tantissime certezze. Una fra queste è quella del rapporto tra libertà individuale e bene comune. Lockdown e coprifuoco stanno evidenziando come i diritti individuali, comprendenti alcune libertà fondamentali per le quali nel passato si è versato anche molto sangue, possono passare in secondo piano, se non addirittura essere «soppressi», davanti alla necessità di arginare un «male comune».

Che sia giusto o sbagliato, a noi studenti rimane la responsabilità di fornire, quando possibile, nuovi mezzi pratici e concettuali per aiutare istituzioni e comunità a superare queste difficoltà, contribuendo al processo di adattamento a questo nuovo, seppur triste, scenario.