L’universo

Fashion vs dress code

L’editoriale di Giulia Da Costa
Giulia Da Costa, redattrice editoriale de «L’Universo»
Giulia Da Costa
Giulia Da Costa
08.10.2020 15:46

La scuola non è una sfilata di moda. Su questo siamo tutti d’accordo. È necessario indossare un abbigliamento che rispetti uno standard il più decoroso possibile, in quanto l’ambiente scolastico è un luogo dove la missione principale è quella di imparare e lo svago, anche se necessario perché le lezioni non risultino troppo gravose, deve rimanere un contorno. Ogni cantone, e di conseguenza ogni scuola, stilla un codice di abbigliamento da seguire. Sembra però che ogni volta che si parla di abbigliamento indecoroso e di studenti rimandati a casa si additano per lo più gonne troppo corte, pance troppo scoperte, spalline e scollature troppo in vista. Raramente si vedono richiamati i ragazzini che, seguendo le mode americane, portano i pantaloni troppo scesi, spesso fin sotto il sedere, con i boxer in bella vista. Forse questo non rientra nella categoria di «abbigliamento indecoroso» o che l’aggettivo «indecoroso», appunto, sia più semplice da abbinare all’abbigliamento femminile? Come se spalle, braccia e gambe scoperte le portassero solo le studentesse e i maschi non indossassero pantaloncini (spesso molto corti), canotte, o non mostrassero gli addominali sollevandosi la maglia a vicenda durante le lezioni di ginnastica. Spesso il dress code non viene chiamato in causa perché «si vuole mantenere una certa serietà nell’ambiente scolastico», ma piuttosto perché «ai professori potrebbe cadere l’occhio», come ha apostrofato la vicepreside di un liceo romano ad una studentessa con la gonna apparentemente troppo corta. Non viene mai giudicata la sessualizzazione di una dodicenne, di una liceale o di una universitaria che sia. Il torto non è mai negli occhi di chi guarda, ma di chi – molto spesso innocentemente – segue le mode, o vuole sfoggiare l’ultimo abito acquistato con le compagne. Cosa si insegna così ai giovani d’oggi? Si insegna loro che una donna deve sempre essere coperta, ma che se non lo fa un uomo non vi sono problemi. Che l’errore è della donna che si veste in un determinato modo per moda, per gusto, per il caldo eccessivo, o anche – perché no – per il suo proprio ego, ma non di chi la guarda e la sessualizza senza il suo consenso. Guardando al caso avvenuto a Ginevra nella scuola media di Pinchat, ciò che fa maggiormente riflettere non è tanto la volontà che venga rispettato un codice d’abbigliamento, quanto piuttosto l’umiliazione inflitta alla ragazzina che non lo ha seguito. Invece che – innocente suggerimento - rimandarla a casa per cambiarsi, infatti, è stata obbligata per un paio di giorni ad indossare la «maglietta della vergogna», la quale arriva fino alle ginocchia della studentessa, colpevole di essere andata a scuola con la pancia scoperta, e recita «Ho una tenuta adeguata» con un grande like stampato in azzurro. Una divisa a dir poco stigmatizzante e umiliante. Non è solo con le lezioni di matematica o letteratura che vanno cresciuti i nostri studenti, ma anche con le azioni e i comportamenti che mostriamo loro. E quello che insegna indirettamente la scuola media di Pinchat, così come ogni scuola che adopera provvedimenti al pari di questo, è che è giusto umiliare una ragazza per ciò che indossa.