I giovani: la sfida più grande per l’informazione
In una recente intervista pubblicata sul sito usi.ch, la docente-ricercatrice della facoltà di comunicazione, cultura e società dell’USI Eleonora Benecchi ha parlato del rapporto tra i giovani e l’informazione al giorno d’oggi. Responsabile per la Svizzera italiana del progetto «Reaching Swiss Digital Natives with News» («Raggiungere i giovani svizzeri con le notizie»), la Benecchi si occupa principalmente di fandom su Internet, cultura partecipativa con particolare riguardo alla diffusione dei contenuti della cultura pop attraverso i social media e i consumi mediali delle giovani generazioni. Alcuni suoi articoli sono comparsi in riviste di rilievo come Media Culture and Society e New Media and Society, ed è inoltre autrice di «Di chi è questa storia», un libro nel quale esplora il fenomeno dell'Internet fandom in una prospettiva culturale ed economica. Dal 2012 è responsabile per la Svizzera italiana delle ricerche nazionali MIKE e JAMES, che indagano il rapporto tra giovani e media e attualmente collabora al progetto finanziato dal Fondo Nazionale Svizzero «The origins and spread of the World Wide Web».
Quello che emerge dalla suddetta intervista e che sottolinea l’esperta è la richiesta da parte delle nuove generazioni (per la ricerca è stato preso un campione di 66 ragazzi e ragazze tra i 12 e i 20 anni) di contenuti che si adattano maggiormente a loro, più vicini al loro mondo e alle loro esigenze, ovvero «una traduzione dell’attualità o dei temi considerati importanti in chiave visuale».
Cosa significa «in chiave visuale»? Che il contenuto viene «confezionato» - come dice la Benecchi – per essere più semplice e comprensibile attraverso immagini, brevi video e addirittura meme. Viene inoltre espressa l’esigenza «di vedere controbilanciate le “cattive notizie” con notizie positive o esempi di soluzioni virtuose ai problemi che si pongono. Tutti i giovani che hanno partecipato alla ricerca lamentano di sentirsi affogare nella negatività quando guardano dei programmi informativi tradizionali. Aggiungono a questo una sensazione di sovraccarico informativo e chiedono un’informazione più personalizzata che possa aiutarli a navigare attraverso il mare di notizie che ricevono sui loro smartphone e a risparmiare tempo nella ricerca di informazioni rilevanti».
Se da un lato l’informazione deve seguire lo sviluppo digitale e prepararsi a rispondere al meglio alla domanda che viene fatta dai «consumatori di notizie», è pur vero che il tipo di contenuto che maggiormente viene richiesto – come abbiamo detto, format visuali e immediati come immagini o brevi video – sembra però fare emergere il rischio che, specialmente le nuove generazioni, perdano l’abitudine a comprendere una notizia sotto forma di testo scritto articolato e quella della ricerca di approfondimento. Se infatti la notizia viene impacchettata in immagini e video con brevi descrizioni diffusi principalmente attraverso i social networks, che spazio trova l’approfondimento della notizia stessa o la ricerca e l’analisi delle fonti di quella notizia? Che tipo di grado di informazione ne risulta? Il rischio di cadere nella disinformazione è infatti molto elevato e i giovani ne sono la categoria più soggetta. «I motori di ricerca e i social media hanno condizionato i giovani ad aspettarsi di poter trovare notizie e informazioni rapidamente e facilmente. – Dice la Benecchi (ndr.) - Questi strumenti hanno cambiato la natura stessa della "ricerca" di informazioni e di ciò che significa "fare ricerca". Per i giovani oggi, "ricerca" significa "Googlare"».
Per non esporre i giovani al rischio di una cattiva informazione, visto che internet è colmo di notizie spesso molto poco accurate, bisogna aiutarli e guidarli ad utilizzare correttamente la tecnologia. Infatti, sostiene Eleonora Benecchi, «una priorità assoluta oggi dovrebbe essere insegnare ai giovani come giudicare la qualità delle informazioni online. Soprattutto perché secondo le ricerche i giovani si informano sempre meno e, quindi, sviluppano un'alfabetizzazione limitata nel trattare le notizie, il che a sua volta rende questo gruppo più vulnerabile alla disinformazione».
Seguendo le parole dell’esperta abbiamo notato il pericolo della disinformazione giovanile e l’esigenza espressa dagli stessi giovani di ricevere un tipo di informazione che sia per loro facilmente fruibile («formati visivi che riassumono e illustrano la notizia»), abbiamo anche considerato un possibile modo per guidare ed aiutare i giovani a non essere vittime di fake news.
Impacchettare troppo il prodotto sembra però tanto il mettere un po' di zucchero sulla lingua per far scendere più facilmente lo sciroppo. Sebbene bisogna andare incontro alle nuove generazioni e imparare a sfruttare i mezzi che queste sono abituate ad utilizzare, non bisogno però esagerare nell’indorare la pillola, conservando comunque una buona dose di realismo ed educando alla sana informazione e all’approfondimento delle notizie senza accontentarsi di un minuto di contenuto social.