L’universo

Il bacio di Eraclito

L’editoriale di Leonardo Manna
“Due donne che corrono sulla spiaggia”, Pablo Picasso, 1922, conservato nel Musée National Picasso di Parigi.
Leonardo Manna
Leonardo Manna
03.12.2020 11:00

Abitualmente utilizziamo termini come amicizia, amore ed affetto in modo generico, scambiando il loro significato, ma le radici di queste parole hanno una storia simbolica affascinante e molto complessa. Per un filosofo dell'antica Grecia la concretezza delle parole era molto netta e quindi anche la distinzione fra esse. Platone, ad esempio, nel suo Simposio distingueva vari tipi di amore, tra cui Philia ed Eros. L’antica Philia indicava un amore intimo, che si insinua in noi e ci fa sentire l’appartenenza a qualcosa o qualcuno. Una intimità nettamente distinta dall’Eros, indicante, invece, una passione travolgente e delirante per il desiderio verso un oggetto.

Un bellissimo sostantivo creatosi a partire dalla parola greca Philia è Philema: «bacio», emblema del contatto di scambio come prossimità, come legame. Soffermiamoci su questo concetto. L’uomo greco era particolarmente attaccato alla concretezza del gesto e della parola che lo accompagnava, considerato un tutt’uno col suo significato. Prima ancora di Platone, fu Eraclito, nella sua riflessione filosofica sulla diversità degli elementi, a porre l’accento proprio a questa appartenenza. Per Eraclito l’identità nasce quando a toccarsi sono gli opposti, un bacio (Philema) fatale, che fa nascere una reciprocità unica ed un coinvolgimento acceso: il «fuoco». Per loro natura i diversi devono coesistere e donarsi l’un l’altro, ma in che senso? La grandezza della Philia, secondo Eraclito, sta nel suo riuscire a mantenere i diversi insieme, nei suoi frammenti scrive che la forza della appartenenza porta all’unità, alla parità, pur mantenendo la differenza. Non importa l’oggetto in relazione, se uomo, donna, bambino, omosessuale, animale, pietra, vegetale o astro. L’appartenenza che la Philia crea nel contatto non rende me uguale a te o viceversa, ma permette che vi sia coappartenenza, facendo nascere il sentimento del dono reciproco. Il lascito di Eraclito venne interpretato da molti filosofi. Ad esempio, Nietzsche definì, nella sua Gaia scienza, la prossimità come amicizia, un qualcosa di «stellare», un bisogno tutto umano di Philia. Mentre, Heidegger concepì la Philia come un valore ancora più radicale, un’appartenenza immediata, che si mostra nella sua luce e non come un qualcosa che cela e nasconde. Quest’ultimo considerava il donarsi, come altruismo puro, come collaborazione necessaria.

Nel tempo del distacco sociale che stiamo vivendo, dovremmo tornare a comprendere il valore profondamente filosofico della Philia come contatto, come unione. Non dimenticando che la vicinanza degli elementi, nel loro toccarsi, sfregarsi, è l’origine delle cose, secondo il detto eracliteo. Il dono della complicità e della collaborazione sta nel legame che si instaura fra chi dà e chi riceve in modo equilibrato. Il valore originario dell’amore che nasce dalla Philia è l’essenza dell’altruismo e della parità, un rapporto di reciprocità tra diversi, che si compie come un semplice bacio. Creatosi quello spazio comune dove il contatto in quanto Philia viene accettato, può compiersi il meraviglioso rito del dono.