Storia

Il caso Chiesa che portò all’inchiesta di Mani Pulite

Trent’anni fa l’inchiesta cha cambiò l’Italia: tra arresti e suicidi, referendum e proteste, la Prima Repubblica e il sistema dei partiti crollarono nell’ambito del post-Guerra Fredda
Antonio Di Pietro, parte del pool di Mani Pulite come sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di MIlano
Amedeo Gasparini
17.02.2022 12:59

Il 17 febbraio 1992 il socialista Mario Chiesa venne arrestato mentre intascava una tangente da sette milioni di Lire al Pio Albergo Trivulzio di Milano. Fu il primo atto dell’inchiesta di Mani Pulite, che coinvolse la classe politica italiana nei tre anni successivi e scandì una rivoluzione del panorama politico nazionale. Chiesa cercò di sbarazzarsi delle banconote gettandole nel gabinetto dell’ufficio. Un vano e goffo tentativo, l’ultimo, di occultare un sistema di finanziamento illegale e di corruzione personale. L’inchiesta di Mani Pulite partì da questo episodio minore: le indagini della Procura di Milano si estesero a macchia d’olio sul sistema politico prima lombardo, poi nazionale. L’inchiesta contribuì a condurre al termine del sistema dei partiti, che tramite coalizioni centriste a guida democristiana avevano fatto da diga al Partito Comunista Italiano durante la Guerra Fredda.

Il pool dei magistrati di Milano composto da Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo e guidato da Francesco Saverio Borrelli contestò a gran parte della classe politica una relazione illecita ed illegale con parte dell’imprenditoria. Un sistema fondato sull’elargizione delle tangenti in cambio di appalti. Un sistema che toccava tutti i livelli della politica e della società. Al San Vittore, Chiesa il «mariuolo» raccontò di altri impresari da cui aveva ricevuto tangenti, fissate ad una percentuale sul valore dell’appalto presso la Baggina. Gli imprenditori arrestati fecero i nomi di altri imprenditori e politici, che a loro volta caddero nelle maglie dell’inchiesta. Nel giro di poche settimane partì un effetto domino. Manager, imprenditori, politici e amministratori furono arrestati e invogliati a cantare dietro la prospettiva di detenzione. Indebolito dal caso Chiesa, alle elezioni dell’aprile 1992 il Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi tenne botta.

Nonostante l’incremento di voti della Lega Nord che sfruttava il malcontento popolare contro la classe dirigente e spalleggiava i magistrati, il Quadripartito – la coalizione di Democrazia Cristiana, PSI, Partito Liberale e Partito Socialdemocratico – aveva ancora la maggioranza in Parlamento. Le inchieste giudiziarie coinvolsero anche il Partito Democratico della Sinistra (ex PCI). Avvisi di garanzia ricaddero su tutta la classe politica. Nel dicembre 1992 Chiesa fu condannato e Craxi ricevette una notifica di indagini. Nel biennio 1992-1993, la classe politica italiana, nonché la fiducia dei cittadini nella stessa, si frantumò. Sullo sfondo, anche gli omicidi di Mafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; le stragi a Milano, Firenze e Roma. L’uscita dell’Italia dallo SME e i suicidi del Deputato Sergio Moroni, del presidente dell’ENI Gabriele Cagliari e della Ferruzzi Raul Gardini. I referendum sulla preferenza unica e l’uninominale segnarono l’addio alla legge elettorale proporzionale.

La scoperta di un sistema tangentizio capillare sfociò nel processo Enimont. Tutti i vertici dei partiti furono condannati: Craxi (PSI), Arnaldo Forlani (DC), Giorgio La Malfa (PRI), Renato Altissimo (PLI), Umberto Bossi (Lega). Il sistema truccato degli appalti era antieconomico e antidemocratico. Sfalsava il mercato e non aveva nulla a che fare con la necessità di fare da diga al PCI o al fatto che «la politica costa». Le indagini attestarono diversi casi di corruzione individuale; la classe politica si è sempre difesa dicendo che il finanziamento pubblico non era sufficiente. E dunque erano necessarie forme alternative. Gli imprenditori guadagnavano dal do ut des, trasformando Milano in Tangentopoli. Di fronte alla città della corruzione sistemica, il pool milanese fece largo uso della custodia cautelare per indurre le confessioni degli indagati di modo da svelare altri attori coinvolti nella rete clientelare. Giustificata o no, quella sulla carcerazione preventiva è una delle tante polemiche attorno a Mani Pulite, che ebbe un supporto popolare e mediatico notevole. Da una parte c’è chi accusa la Procura di aver orchestrato un colpo di Stato e il crollo del sistema dei partiti per fini politici, salvando alcuni dalle inchieste e condannando altri. Dall’altra, coloro che ritenevano che tutti fossero corrotti e colpevoli e dovessero essere purgati da un’azione correttivo-morale degli eroi-magistrati. Complice il crollo del Muro di Berlino del 1989, la classe politica fu più vulnerabile e miope rispetto ai tempi della Guerra Fredda. Il Penta-Quadripartito era dissolto. E forte dell’azzeramento della classe politica che guidò il paese dal 1948, alle elezioni del 1994 arrivò l’outsider Silvio Berlusconi, che inaugurò una «Seconda» Repubblica.