Otium et Negotium

La nostra quotidianità è caratterizzata da una serie di cose che sono talmente entrate nel modo in cui si vive che ci sembrano ormai tanto scontate da dimenticarci il fatto che prima di radicarsi nella consuetudine erano delle esigenze non soddisfatte, delle mancanze, il cui ottenimento ha significato un grande lavoro concettuale, tanta speculazione e, perché no, anche grandi battaglie sociali.
Una di quelle è sicuramente il «tempo libero». Un’espressione che utilizziamo molto frequentemente ma dalla definizione molto difficile. Potremmo per esempio pensare che esso sia quello spazio temporale in cui non si lavora, ma la definizione non sarebbe corretta in quanto molte persone occupano quel tempo svolgendo attività che chiameremmo lavorative. Altrimenti, potremmo pensarlo come quello spazio dedicato all’ozio, al «dolce far niente», ma anche in questo caso c’è qualcosa che non torna. Un modo sicuramente migliore e più indicativo potrebbe essere quello di legare al concetto di «tempo libero» quelli di «piacere» e «autodeterminazione», cosicché quello spazio temporale diventa quello in cui si sceglie deliberatamente di fare qualcosa che ci porti una soddisfazione.
Sebbene nella lingua italiana non abbiamo una parola specifica che lo indichi, guardare al modo in cui vi si riferisce nella lingua inglese ed in quella spagnola aiuta a capire la difficoltà nell’assegnare un significato oggettivo al «tempo libero»: se infatti in inglese si usa il termine leisure, che deriva dal latino licere e – seguendo l’enciclopedia Treccani - «contiene l'idea di permissione, subordinazione a un volere, a un potere e a una convenienza definiti dall'esterno»; lo spagnolo ocio, invece, deriva dalla parola latina otium che si contrappone a negotium (affari, lavoro), denotando quindi la sospensione dal lavoro per dedicarsi al riposo, alla cura di sé, alla cultura o alla fede.
Al di là delle questioni etimologiche, quello di «tempo libero» è un concetto che è andato spesso modificandosi nel corso della storia e, nel modo in cui lo pensiamo oggi, confluiscono diversi aspetti differenti. Nell’antica Grecia, così come a Roma, l’ozio era considerato un’attività peculiare della classe aristocratica, la quale – non avendo la necessità di lavorare – poteva dedicarsi al sapere, alla riflessione e alla ricerca, arricchendo la società con il frutto di tale speculazione. L’accezione più vicina ai giorni nostri invece si origina dall’industrializzazione, dal lavoro salariato in fabbrica, venendosi a creare una distinzione netta tra il tempo e lo spazio del lavoro e quelli del «non lavoro», di riposo. A completare la gamma di aspetti confluenti, si aggiunge infine il carattere festoso che assume il tempo libero, derivante dal fatto che – come succede ancora oggi – venivano concessi giorni di festa dal lavoro in occasione delle ricorrenze civili o religiose.
Come si vede, non è così semplice definire cosa sia il «tempo libero», tanto da diventare oggetto di diversi ambiti di studio, dalla sociologia all’economia. Come detto in principio, però, possiamo certamente affermare che è un sacrosanto diritto di ogni persona e che non va in alcun modo dato per scontato.