La polemica

Ma la Pinacoteca Züst cerca un conservatore o un direttore?

Sta facendo molto discutere l'annuncio pubblicato sul Foglio ufficiale del 2 dicembre: la Pinacoteca cerca un conservatore, ma ad andare in pensione (nel 2024!) sarà la direttrice
La Pinacoteca cantonale Giovanni Züst. © Ti-Press/Gabriele Putzu
Giorgia Cimma Sommaruga
18.12.2022 10:00

È il Foglio ufficiale del 2 dicembre quello sotto la lente di ingrandimento. E, in particolare, quell’offerta di impiego come «Conservatore/trice capo servizio a tempo parziale (50%) presso la Pinacoteca cantonale Giovanni Züst». Il bando in questione indica come «deadline» per le candidature il 22 dicembre 2022, ma «io andrò in pensione nel marzo 2024» spiega a La Domenica l’attuale direttrice della Pinacoteca Züst, Mariangela Agliati Ruggia, che aggiunge: «Per quanto riguarda la posizione, non sono stata io a deciderla, è compito del DECS».

Tuttavia, a ben vedere, «è sorprendente l’anticipo della ricerca del profilo adatto rispetto ai tempi a cui siamo abituati», osserva Carole Haensler, presidente dell’Associazione dei musei svizzeri (AMS) e direttrice del museo Villa dei Cedri a Bellinzona. «Effettivamente - osserva Haensler - quando l’ho saputo, mi ha sorpreso». E poi, riflette la presidente AMS, «magari, visto che solitamente quando qualcuno va in pensione il posto rimane vacante per qualche tempo, questa volta hanno pensato di agire con largo anticipo per non lasciare la posizione scoperta».

Significa degradare la cultura?

Benissimo, ma tempistiche a parte, quello che sorprende ancora di più, è il ruolo in questione. Si cerca infatti un «Conservatore/trice». Ma la persona che andrà in pensione ricopre il ruolo di direttrice. «Quando ho letto il documento sono rimasto allibito, questo atteggiamento del Cantone nei confronti della cultura fa male alle istituzioni museali, e anche all’Accademia di Architettura», interviene caustico l’architetto Mario Botta. Infatti a ben vedere, secondo l’architetto Botta, «questo risulta essere un arretramento nei confronti dei passi avanti fatti dalla Pinacoteca e dalla sua direttrice in tutti questi anni». Un scelta controversa quella della Divisione della cultura e degli studi universitari. «Le politiche cantonali sono talvolta difficili da comprendere - riflette Haensler -, anche in altre zone della Svizzera, spesso si decide ragionando solo nell’ottica del risparmio, ed è tipico dei territori piccoli. Mi spiego meglio: sino a due anni fa nel Cantone Nidvaldo, il direttore del museo, e il responsabile della cultura cantonale, erano la stessa persona. È una eredità antica, che si può giustificare solo in piccole strutture, qui da noi se questa scelta si rivelasse in quest’ottica, stonerebbe un po’».

Una costellazione di eccellenze

Talvolta, le eccellenze nel campo della formazione, diventano tali, anche grazie alle attività collaterali, che le valorizzano, e arricchiscono l’offerta culturale del territorio. «È questo il caso dell’Accademia di architettura - interviene Mario Botta -, perché dopo lo studio sui banchi a lezione, gli studenti possono svolgere dei tirocini, possono interessarsi ad ambiti differenti, e arricchire il loro bagaglio formativo, grazie a tutte quelle istituzioni, attività di ricerca, musei, biblioteche, che gravitano attorno all’università». Dunque, «quando ho letto il documento relativo alla sostituzione di Mariangela Agliati per ragioni di età, ho pensato al suo grandissimo impegno in questi decenni». E, tornando alle attività collaterali, «si può dire - spiega Mario Botta -, che la Pinacoteca è cambiata anche sotto la spinta dell’Accademia, e adesso che è stato definito questo profilo para architettonico degli studi di storia, d’arte e di cultura a livello cantonale, vedere che c’è un concorso che parla di un «conservatore a tempo parziale», mi spinge a domandarmi: andiamo indietro?». L’architetto Botta ha le idee molto chiare. «Istituzionalmente invece di potenziare una struttura - la Pinacoteca ha in prospettiva di ingrandirsi-, le si tolgono le risorse per partecipare con più forza alla complicità che c’è sempre stata con l’Accademia di architettura, dunque da questo punto di vista va un po’ contro questa idea di costellazioni che contribuiscono a far risplendere a luce piena lo stesso sole».

Le attività collaterali

Tutte tessere, insomma, che permettono la formazione e la lettura, chiara, di uno stesso puzzle: una formazione di eccellenza. «Quando è nata l’Accademia di Mendrisio, io e Buffi abbiamo dialogato apertamente con il direttore del Politecnico di Zurigo, e lui ci spiegò che il Politecnico aveva questa allure di magnificenza non solo perché era una scuola federale, ma perché, attorno ad esso, gravitavano un gran numero di fondazioni e associazioni che aiutandosi reciprocamente splendevano tutte».

Dunque la pubblicazione di questo bando ha smosso gli animi, non da ultimo perché ad andarci di mezzo è anche l’autorevolezza di una università giovane come quella della Svizzera italiana. «Anche nel rispetto di chi ha lavorato per far crescere il paese - riflette l’architetto Mario Botta -, non si può ridurre linearmente un ruolo del genere se si vuole che l’USI con tutti i suoi progetti di crescita continui a mantenere la sua qualità di eccellenza così ricercata sin dalla sua nascita».

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