Lugano

Quattordicenni e picchiatori

Si ripetono gli atti di violenza, l'ultima vittima abbandonata esanime su un marciapiede – «Tanto voi poliziotti non potete toccarci»
L’ultima di una lunga serie di aggressioni che hanno scosso la quotidianità luganese è avvenuta qualche sera fa, nel quartiere di Cassarate.
Andrea Stern
Andrea Stern
26.03.2023 06:00

L’ultima di una lunga serie di aggressioni che hanno scosso la quotidianità luganese è avvenuta qualche sera fa, nel quartiere di Cassarate. Non era ancora buio - saranno state le cinque e mezza, massimo le sei - quando tre ragazzini hanno sorpreso un loro coetaneo da dietro, a tradimento, l’hanno scaraventato sul marciapiede, l’hanno riempito di calci su tutto il corpo, l’hanno lasciato lì, esanime, e sono fuggiti di corsa.

Il malcapitato, una volta ripresa conoscenza, è riuscito faticosamente a trascinarsi a casa. Lamentava forti dolori al torace e difficoltà respiratorie. A detta dei medici del pronto soccorso, se il ragazzino non fosse stato parzialmente protetto dallo zaino contenente il materiale per l’allenamento di nuoto, avrebbe rischiato il coma, se non peggio.

Interventi a ripetizione

Tutto questo perché? Non si sa. Interrogato dalla polizia, il ragazzino non ha saputo fornire spiegazioni. Forse per paura di ritorsioni, non ha nemmeno confermato se l’aggressione sia stata compiuta dai soliti ragazzini attaccabrighe - tutti della sua stessa scuola media - che da alcuni mesi a questa parte stanno seminando violenza gratuita ai quattro angoli della città. «Dobbiamo intervenire almeno un paio di volte a settimana - confessa un agente di polizia -, sempre per gli stessi ragazzi».

Il capo branco di questi picchiatori sarebbe un ragazzino di 14 anni appena compiuti, cresciuto in una famiglia che gli ha sicuramente dato tutto l’amore e il sostegno di cui potesse necessitare. Ma lui è recentemente uscito dai binari, ha abbandonato un brillante percorso nello sport giovanile e ha iniziato a dedicarsi alla violenza e all’insulsaggine.

A seguirlo nelle sue scorribande sono di regola un paio di emuli, a volte qualcuno in più, tutti tredicenni o quattordicenni che frequentano la stessa scuola media. Il gruppetto prende di mira una vittima a caso e la riempie di calci e pugni. Nel quartiere di Cassarate, ma anche a Viganello, attorno alla pensilina o persino su un bus della TPL, in barba alla video sorveglianza e alla presenza di altre persone.

Si credono impunibili

Tanto anche nel momento in cui arriva la polizia - molto spesso ma non sempre visto che non tutte le vittime denunciano le aggressioni - loro esibiscono la carta della giovane età. «Non potete farci niente», urlano sfrontatamente in faccia agli agenti.

Questi ragazzini non hanno tutti i torti. Sebbene in Svizzera si possa essere ritenuti penalmente responsabili già dall’età di 10 anni, fino al compimento dei 15 anni non è possibile essere multati, tantomeno condannati a una pena detentiva.

La pena più frequente, per i minori di 15 anni, è il semplice ammonimento, ovvero la «disapprovazione formale dell’atto commesso da parte del procuratore pubblico dei minorenni o del tribunale dei minorenni». Alla peggio si può essere obbligati a partecipare a un corso o a svolgere lavori di utilità pubblica o, in rarissimi casi, a trascorrere un breve periodo in un foyer. Nulla di che impressionare un giovane in cerca di emozioni forti.

L’ansia dei genitori

Così gli atti di violenza proseguono a ritmi regolari, tanto che molti genitori degli allievi che frequentano la stessa scuola media dei picchiatori si chiedono se abbia senso continuare a chiamare la polizia e denunciare le aggressioni.

Il magistrato dei minorenni Fabiola Gnesa ritiene di sì, assicura che la situazione è monitorata e che si stanno cercando le soluzioni più adeguate per riportare sui binari questi ragazzi.

Rassicurazioni che non bastano, per ora, a placare ansia e preoccupazione. La dinamica non è sicuramente nuova - tutti ricorderanno i pestaggi della scorsa estate a Locarno o ancora prima le bande di giovanissimi che si scontravano tra Lugano, Chiasso o Cadenazzo - ma si tratta pur sempre di una dinamica estremamente pericolosa. Il caso Tamagni insegna che basta davvero poco per far sfociare la violenza in tragedia.

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