Quelli tra la gente
Rocco Cattaneo non si ripresenta, Alex Farinelli ha serie possibilità di riuscire la scalata agli Stati. Il PLRT potrebbe così trovarsi nelle condizioni di piazzare due nuovi volti in Consiglio nazionale, alle prossime elezioni federali. Il nome più accreditato parrebbe essere quello di Alessandra Gianella, capogruppo in Gran Consiglio nonché regina delle preferenze alle ultime elezioni cantonali. Qualche chance potrebbe averla anche Natalia Ferrara, ormai una habitué delle elezioni. Non va infine sottovalutato il rientro in politica di Chiasso Moreno Colombo, che ai suoi tempi in Gran Consiglio era una vera macchina da voti. Un personaggio molto popolare, alla mano, come la già presidente del PLR di Lugano, Giovanna Viscardi, un’altra candidata da tenere d’occhio. Qui sotto li abbiamo messi a confronto.
Signora Viscardi, non era lei quella che in un’intervista rilasciata un anno fa si diceva «disillusa dalla politica e dal PLR»?
«Quel titolo l’ha fatto il giornalista. Tuttavia, è vero, mi sentivo disillusa dal modo di fare politica, delusa dalla mancanza di dibattito costruttivo, amareggiata per come si tendeva a mettere al centro gli interessi personali e le lotte partitiche per l’affermazione del potere piuttosto che il bene comune».
In un anno è già cambiato tutto?
«No, però resta in me una forte passione per la politica e soprattutto il desiderio di contribuire a sovvertire certi meccanismi».
Lei è stata 16 anni in Gran Consiglio ed è da quasi 20 anni in Consiglio comunale a Lugano. Perché si candida proprio ora per Berna?
«È un sogno che ho sempre avuto. Però sono contraria all’accumulo delle cariche e oltretutto credo che prima di cogliere questa occasione fosse importante fare la gavetta».
Sta punzecchiando qualcuno che vuole bruciare le tappe?
«No, non mi sto riferendo a nessuno, è solo il mio percorso».
Lei cosa farebbe di diverso, rispetto a chi già siede a Berna?
«Comincerei ad aprire una discussione sull’opportunità di alcune alleanze che non stanno dando tanti risultati».
A quali alleanze si riferisce?
«Io credo che questo nostro andare a braccetto con l’UDC non stia portando benefici. Basta guardare quello che attiene ai grandi progetti della mobilità, che loro tendono a bloccare. Senza contare le gravi ripercussioni che la loro chiusura totale all’UE sta avendo negli ambiti della cultura e dell’innovazione. Non dobbiamo accettare tutto ma dobbiamo difendere determinate nostre realtà come la ricerca universitaria e non solo».
Il dossier europeo è in mano a Cassis.
«È vero, però è anche vero che c’è una buona parte del parlamento che ha frenato e bloccato le trattative con l’UE, ciò che ha portato alla perdita dei finanziamenti per la ricerca».
Anche lei come Cassis non legge i giornali?
«Io li leggo e fatico a immaginare che lui non li legga. Presumo che abbia dei collaboratori che gli fanno una rassegna stampa. Magari non va a leggere nei dettagli, ma sono sicura che anche Cassis sa cosa viene scritto sui giornali».
A volte sono «articoli cretini».
«Siamo in un Paese dove esistono la libertà di espressione e la libertà di stampa. Non dimentichiamo che la Costituzione del 1848 è opera di noi liberali radicali. Il giornalista riporta la notizia e ci mette la sua opinione, è una sua libertà. Poi io ho la libertà di essere d’accordo o meno».
Fosse eletta a Berna, si porterà dietro i suoi due cocker?
«Certo. Berna è la città dove ho studiato, ho molti amici lì. Tra l’altro ho soggiornato ancora di recente all’Hotel Bern, hanno accolto molto bene anche i miei cani».
Non come a Lugano.
«In generale nella Svizzera tedesca e romanda sono più aperti verso chi viaggia con animali».
Se non fosse eletta, andrebbe in pensione politica?
«Non lo so, nella mia vita personale ragiono a corto termine, mi piace vivere appieno giorno per giorno. Dal mio punto di vista potrei essere lontana dal pensionamento, poi bisogna vedere cosa ne pensa il resto del mondo... (ride). L’importante è avere sempre proposte. Altrimenti tanto vale lasciare spazio ad altri».
Signor Colombo, non si sente una minestra riscaldata?
«All’inizio della campagna c’è stato chi ha espresso stupore per il mio ritorno in politica dopo sette anni. Ma ora, ovunque vada, incontro tanto entusiasmo per il rientro di una persona facile da raggiungere, che sa ascoltare e prendere posizione».
Ma allora, perché lasciò la politica?
«Smisi per fare chiarezza sulla mia posizione, dopo essermi trasferito da Chiasso. Ora è da quattro anni che sono a Morbio. Sento la voglia e la motivazione di rientrare. Non ho voluto farlo alle Cantonali, perché con 16 anni di Gran Consiglio ritengo di aver chiuso un ciclo. Mi interessa invece Berna perché è lì che si possono risolvere i problemi che mi stanno a cuore».
Si vociferava che lei potesse candidarsi con la Lega.
«Ho avuto contatti soprattutto con l’UDC, ma la realtà è che io mi trovo bene nel PLR. Certo, sono un liberale atipico. Ricordo le strigliate dagli allora consiglieri di Stato Giuseppe Buffi, Gabriele Gendotti o Marina Masoni perché su certi temi andavo per la mia strada. Ma alla fine mi perdonavano sempre perché sapevano che io ero uno che faceva quello che pensava».
Un cane sciolto.
«Sui grandi temi sono allineato al partito, ma ci sono battaglie che porto avanti da solo perché purtroppo il PLR viene meno».
Quali battaglie?
«Per esempio, io chiedo che gli asili nido siano gratuiti per chi lavora. Mio padre ferroviere e mia madre casalinga hanno potuto crescere mia sorella e me con un solo stipendio. Ma oggi questo tipo di famiglia fa sempre più fatica a sbarcare il lunario. La donna deve andare a lavorare. O magari vuole andare a lavorare ed è giusto così. Ma ci vuole un sostegno».
Perché dice che il PLR viene meno?
«Il problema del PLR è che vuole dire la sua su tutti i temi, vuole essere preciso su tutto. Però non riesce a focalizzarsi su due o tre battaglie importanti per la popolazione e portarle a termine. Il Centro sta crescendo perché ha alcuni temi forti, come la famiglia, e li porta avanti. Anche noi dobbiamo avere degli obiettivi chiari, altrimenti perderemo consensi».
Lei cosa farebbe di diverso, rispetto a chi già siede a Berna?
«Posso assicurare che per come sono fatto io, la voce del Ticino e soprattutto del mio Mendrisiotto si farà sentire molto sovente, sistematicamente. Sono un rullo compressore».
Quindi parlerà tanto?
«È una questione di approccio. Se c’è una tematica importante - ad esempio il completamento a sud di Alptransit - bisogna martellare. Io, se sarò eletto, ogni 15 giorni chiederò al consigliere federale competente di spiegare a che punto è l’avanzamento dei lavori. Non bisogna mollare la presa, altrimenti il tema finisce in secondo piano. Bisogna prenderli per sfinimento».
Un’ultima domanda. Chi è il suo modello a Berna?
«È stato Jean-Pascal Délamuraz. A casa ho ancora un suo quadro che mi spedì quando era già malato».
Perché invece Cassis raccoglie pochi consensi?
«Cassis ha un compito non facile, in un dipartimento complesso. Però fa anche fatica a mostrare empatia verso la popolazione e dare risposte chiare».
Forse potrebbe tornare a leggere i giornali.
«Secondo me con quella dichiarazione ha fatto un errore. Non esiste un politico che non legga i giornali. Le critiche fanno parte del prezzo».