Campione del mondo come sommelier della birra, ma non per caso
Sapore, odore, colore. Come ogni bevanda, la birra può stimolare al massimo tre sensi, no? Sì, ma fino a quando incontri un campione del mondo che ti scova il quarto e il quinto senso da solleticare con mestiere: il tatto (perché in bocca percepiamo le bollicine e la consistenza della birra) e… l’udito.
Per diventare il migliore sommelier di birra al mondo, Giuliano Genoni ha stupito la giuria del concorso facendo ricorso anche alla musica. Un’intuizione maturata in una fase della sua lunga preparazione nella quale si è fatto accompagnare anche dalla sommelière del vino Elena Mozzini, consultata per avere consigli utili a livello di comunicazione. «Oltre che suggerire un piatto da abbinare a ogni birra che avrei dovuto presentare in gara, è nata l’idea di proporre una canzone a tema» racconta divertito il sommelier della birra che, davanti agli 80 avversari, alla giuria della finalissima e a un folto pubblico si è addirittura messo a canticchiare melodie come Jingle Bell Rock. Il proverbiale jolly inatteso, la ciliegina sulla torta di una prestazione memorabile in cui ha azzeccato praticamente tutto.
Sicuramente non un caso perché il 36enne, dal momento in cui aveva inaspettatamente vinto il titolo di campione svizzero di sommelier della birra, si è preparato scrupolosamente alla sfida internazionale. Nove mesi di studio della letteratura, di sperimentazioni negli abbinamenti gastronomici, ma soprattutto di allenamenti sensoriali e mnemonici. Come in tante storie di successo, fondamentale è la passione. «Sono anni che bevo birre da tutto il mondo e che viaggio in Europa alla ricerca di nuovi birrifici o per visitare i miei preferiti.»
Un bagaglio di esperienze che ha infine offerto a Giuliano l’ultimo ingrediente decisivo nella costruzione della sua vittoria: la fortuna. Nella fase finale della gara i partecipanti sono chiamati sul palco a riconoscere e presentare una birra tra i più disparati stili e al ticinese per estrazione è capitata la Paulaner Salvator, una birra doppelbock della quale conosceva l’antica e curiosa storia grazie a una visita in Baviera.
Un ambasciatore nato per gioco
«Mi vedo come un ambasciatore della birra» spiega il sommelier mentre ci mostra qualche rara bottiglia tenuta al fresco naturale della sua cantina a Capolago. Spesso invitato a serate di degustazione anche Oltralpe, il responsabile dell’Ufficio sport e tempo libero della Città di Mendrisio dopo questo titolo mondiale non intende cambiare vita. «Voglio che la birra resti un hobby. A parte le interviste non è cambiato granché. Propongo però delle serate ai Corsi per adulti e GastroSuisse mi ha scelto come referente per formare nuove persone.»
E pensare che in fondo tutto era nato per gioco, da una sfida ai cugini con cui era solito provare delle birre insieme. «Volevo solo arrivare nei primi 10 a livello svizzero per poterli prendere un po’ in giro…» E alla fine di giri ne ha fatti, anche grazie al sostegno della moglie Stefania, pure lei sommelière, peraltro diplomatasi con una media migliore della sua. «Non c’è mai discussione su cosa bere a casa, anche lei è curiosa. E tra l’altro è stata determinante per la mia vittoria!»
Ma come la beve una birra un esperto come lui? «La servo con attenzione, l’annuso e guardo il colore. Poi bevo senza pensarci troppo, mi lascio trasportare dall’emozione e vedo se la birra è in grado di stupirmi. Sono molto aperto a scoprire gusti nuovi ed è difficile che una birra non mi piaccia. Comunque non ne bevo mai una intera: le condivido, magari anche 5 diverse.»
Allora, oltre alla qualità, qualcuno si potrebbe forse porre qualche domanda sulla quantità di birra che un sommelier finisce col bere. Il ticinese si è però dato delle regole ferree: «Non bevo mai più di due giorni consecutivi e di principio cerco di non farlo mai dal lunedì al giovedì.» E quale stile non manca mai nel suo frigorifero? «La Weissbier è la mia preferita: un tipo di birra che bevo volentieri sia d’estate che d’inverno.»