Una «faida» d'acqua dolce
La barca «Celestino» di Andrea Pelloni è il simbolo di un naufragio normativo. Le acque del porto di Ascona l’hanno inghiottita settimana scorsa, assieme alle speranze di una riforma pacifica della pesca sul Lago Maggiore. «Hanno combinato un bel pasticcio, e questo è il risultato» lamenta il proprietario tra una telefonata all’assicurazione e una in polizia, davanti al «cadavere» ancora caldo dell’imbarcazione.
Sotto lo sguardo dei turisti sul lungolago il relitto è stato ripescato martedì e trasportato al cantiere nautico Avles Marine di Quartino, dove si trova tuttora in riparazione. «Stiamo procedendo a quantificare il danno, il motore è bloccato e le fiancate rovinate» spiega il pescatore 57.enne. Diagnosi provvisoria: qualcuno ha staccato il tappo di ispezione, e la barca è andata a fondo.
I precedenti
Sarà l’inchiesta di polizia ad accertare la dinamica esatta. Di sicuro, quello che potrebbe sembrare un «incidente» antipatico, in realtà è solo l’ennesimo episodio - forse il più eclatante - in una faida tra pescatori che va avanti da mesi. Diverse le denuncie in polizia per reti rubate, pesce sottratto, lanterne danneggiate. Ora il primo affondamento. In primavera a un altro pescatore professionista del Locarnese, Carlo Verdi, sono state tagliate le gomme dell’auto: dall’analisi della videosorveglianza gli agenti sono risaliti all’autore, un pescatore dilettante della regione, che ha ammesso il fatto e pagato i danni. Settimana scorsa è stata la volta di Walter Branca, un altro dei pochi pescatori professionisti rimasti nel Verbano. Sette reti danneggiate su undici, il pescato di una notte sparito nel nulla, ha riferito la Regione.
Il Cantone fa da paciere
«La situazione sta degenerando» commenta Branca qualche giorno dopo. L’assicurazione ha pagato i danni, ma resta la frustrazione. «Mettere le reti la sera senza sapere se il giorno dopo le ritroverai è demotivante. Come se il nostro mestiere non fosse già abbastanza difficile». Sono una decina i pescatori di professione ancora attivi sul Verbano, autorizzati alla pesca con le reti grazie a una speciale patente cantonale. A questi si aggiungono centinaia di pescatori dilettanti - 4.500 i tesserati in Ticino - che si spartiscono un lago sempre meno pescoso. Le tensioni tra le due «fazioni» sono antiche come la pesca stessa (vedi l’articolo qui sotto) ma si acuiscono nei periodi di «magra»: più rare sul Ceresio ricco di prede, si sarebbero aggravate sul Maggiore a seguito di un intervento regolatore del Cantone che, in origine, era volto semmai a calmare le acque.
Dall’inizio di quest’anno sulle sponde svizzere del Verbano è entrata in vigore una nuova ripartizione delle superfici di pesca. Il Dipartimento del territorio ha vietato l’utilizzo delle reti - utilizzate dai professionisti - in quattro zone protette o «bandite» a Brissago, Ascona, Gambarogno e Locarno. Una mossa per dividere i contendenti e tutelare la fauna, che però ha avuto come effetto una maggiore conflittualità nel resto del lago. I pescatori di mestiere faticano per non perdere lavoro - «alcuni di noi vivono solo di questo, cosa dovremmo fare?» protesta Branca - creando «ingorghi» di reti concentrate in tratti ridotti di costa. I vandalismi sarebbero una risposta «intimidatoria» da parte di ignoti, stando alle denunce.
«Una novità positiva»
Che le condizioni sulle sponde sopracenerine si siano deteriorate è evidente anche alla Società di pesca del Locarnese. Per i pescatori dilettanti i nuovi divieti «sono stati una modifica positiva» sottolinea il presidente Claudio Jelmoni. «Hanno garantito uno spazio protetto ma non vietano ai dilettanti di pescare anche altrove». Quanto ai vandalismi Jelmoni parla di «conflitti personali» e non si esprime prima degli esiti delle inchieste. Ma ammette che non fanno bene all’immagine della categoria, già in crisi di adesioni a causa di un pescato sempre meno abbondante.
Insomma la maretta è lungi dal calmarsi. L’associazione Assoreti - che riunisce una trentina di pescatori professionisti tra Verbano e Ceresio - invoca un incontro «a tre» con le controparti dilettantesche e il Cantone «per chiarire la situazione» auspica il membro di comitato Moreno Orsatti. E chiede l’installazione di telecamere nei porti per scoraggiare i malintenzionati.
Andrea Pelloni dal canto suo è troppo impegnato a riparare la sua «Celestino» per lanciare accuse. Si sente «amareggiato e deluso» e prepara le carte per l’assicurazione pensando al pesce che non pescherà nei prossimi giorni. Spera che la «Celestino» tornerà al più presto a navigare. Magari in acque più sicure.