L'intervista

«44 film da gustare sul grande schermo»

A tu per tu con Ehsan Khoshbakht, curatore della retrospettiva dedicata al centenario della Columbia – Di origine iraniana, ex architetto, egli si occupa di rassegne cinematografiche in vari contesti, tra i quali il Cinema Ritrovato, il celebre festival bolognese di cui è uno dei quattro direttori insieme alla svizzera Mariann Lewinsky e gli italiani Gian Luca Farinelli (più volte ospite di Locarno) e Cecilia Cenciarelli
© 1995, Renewed 1983 Columbia Pictures Industries, INC
Max Borg
09.08.2024 06:00

Nostra intervista a  Ehsan Khoshbakht, curatore della retrospettiva dedicata al centenario della Columbia. Dopo la Disney e la Warner Bros. nel 2023, quest’anno è la Columbia Pictures a festeggiare il secolo di attività, con vari omaggi in diversi festival: a Cannes, nell’apposita sezione dedicata ai classici, abbiamo potuto vedere il nuovo restauro di Gilda, mentre a Venezia ci saranno quelli de La signora del venerdì e Il grande caldo.

E poi c’è Locarno, che per l’occasione, a dieci anni dal bellissimo ciclo dedicato alla Titanus, torna a fare una retrospettiva focalizzata su uno studio, in questo caso hollywoodiano. Ma come si fa a riassumere un secolo di storia del cinema (americano) in poche decine di titoli? Ne abbiamo parlato con Ehsan Khoshbakht, il curatore del ricco programma denominato The Lady with the Torch (la dama con la torcia, riferimento al celebre logo della Columbia). Di origine iraniana, ex architetto, egli si occupa di rassegne cinematografiche in vari contesti, tra i quali il Cinema Ritrovato, il celebre festival bolognese di cui è uno dei quattro direttori insieme alla svizzera Mariann Lewinsky e gli italiani Gian Luca Farinelli (più volte ospite di Locarno) e Cecilia Cenciarelli.

Quindi come è avvenuta la scelta dei film della retrospettiva locarnese?
«I criteri per arrivare alla lista di film sono stati molteplici. La delimitazione cronologica, dal 1929 - gli inizi del cinema sonoro - alla fine degli anni Cinquanta, costituisce quella che si considera l’epoca d’oro della Columbia, che coincide anche con l’operato di Harry Cohn, il cofondatore e allora presidente dello studio, morto nel 1958. C’è un solo film per regista e alcuni li ho scartati a priori perché avevano recentemente avuto delle personali a Locarno, come nel caso di Leo McCarey e Douglas Sirk (nel 2018 e nel 2022, ndr). E ho voluto proporre titoli meno visti, ma comunque rappresentativi della produzione della Columbia e del percorso dei registi. Per dire, non c’è Gilda, ma i due attori, Glenn Ford e Rita Hayworth, e il regista Charles Vidor sono comunque presenti nel programma».

Anche con questi paletti, però, immagino che il lavoro di preparazione sia stato impegnativo.
«Mi sono stampato il calendario di uscite Columbia per l’intero periodo preso in esame e ho visto almeno un film per ogni mese, e parliamo degli anni in cui tutte le major facevano uscire in media un titolo a settimana».

Un lavoro necessario per colmare eventuali lacune, quindi?
«Sì, molti dei film li conoscevo già, e la prima versione della lista di titoli da presentare l’ho fatta andando di memoria. A Locarno il pubblico vedrà metà di quelli che avevo scelto inizialmente, perché (ri)vedendoli ho trovato giusto apportare delle modifiche all’elenco. Di Frank Capra, ad esempio, avevo pensato a L’eterna illusione, ma poi l’ho rivisto e ho trovato che non fosse invecchiato benissimo, a differenza di È arrivata la felicità».

La partecipazione attiva della Sony, proprietaria della Columbia, ha senza dubbio facilitato il lavoro di ricerca delle copie, ma è comunque capitato che qualche titolo inizialmente preso in considerazione non fosse proiettabile?
«A livello organizzativo è sicuramente stato il progetto più facile a cui io abbia lavorato come curatore. La Sony è stata molto aperta e collaborativa sin dall’inizio per l’accesso all’archivio. Detto questo, sì, ci sono un paio di titoli per i quali non c’erano copie in condizioni sufficientemente buone. Ma anche questo può essere positivo, in realtà, perché la consapevolezza di questa lacuna spinge gli studios a fare i restauri. Lo notiamo spesso a Bologna: presentiamo delle copie d’epoca un po’ malandate e l’anno dopo gli aventi diritto tornano con la versione restaurata».

Tornando ai film, sono 44 in totale, quasi tutti destinati a popolare la sala del GranRex. Le due eccezioni sono La signora di Shanghai, di e con Orson Welles, che passerà in piazza Grande la notte tra l’11 e il 12 agosto, e Il suo onore gridava vendetta di Raoul Walsh, western con Rock Hudson che sarà proiettato il 16 agosto al PalaCinema per via di un’esigenza tecnica: il 3D. È anche uno dei motivi per cui Khoshbakht, come fa sempre in questi casi, intende rivedere tutte le opere in programma con il pubblico in sala?
«Non c’è paragone con la visione sul computer o sul televisore. Quando ricapiterà di vedere il film di Walsh in 3D? Per non parlare di altri titoli in programma che sono stati girati in CinemaScope, un formato a cui non rende veramente giustizia nemmeno il miglior sistema di proiezione domestico».

Un programma che include autori del calibro di Fritz Lang (il già citato Il grande caldo, qui presentato in 35 mm d’epoca), Anthony Mann (L’ultima frontiera) e John Ford (Tutta la città ne parla, commedia gangster su uno scambio di persona a cui si è liberamente ispirato Paolo Villaggio per Fracchia la belva umana)...
«Era l’obiettivo di questa retrospettiva: mantenere la nozione della centralità dei registi, anche all’interno di quello che vuole essere un ampio omaggio alla produzione di una major. Su 44 film in cartellone, quattro sono cortometraggi, scelta dettata dal desiderio di fornire un ritratto il più completo possibile dell’operato della Columbia, che all’epoca era il più prolifico tra i grandi studios di Hollywood nella realizzazione di corti. Ci sarà quindi la possibilità di vedere sullo schermo il grandissimo Buster Keaton, ma anche i tre marmittoni (The Three Stooges in inglese), celebre trio comico amatissimo negli USA ma semisconosciuto nel resto del mondo. Sono i protagonisti di quello che forse è il titolo più attuale dell’intera retrospettiva, selezionato fra i ben 190 (!) cortometraggi in cui hanno recitato per la Columbia: You Nazty Spy!, del 1940, prende in giro Hitler e Mussolini con ben dieci mesi di anticipo rispetto a Il grande dittatore di Chaplin. E c’è addirittura una scena con il mappamondo!»

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