80 anni tra cazzotti e carezze

Volere bene a Terence Hill non è un’opzione. È un obbligo. E gli vogliono bene le mamme, affezionate a Don Matteo, ma gli vogliono bene anche i papà, cresciuti tra i suoi cazzotti rumorosi, fumettosi. E i figli. Perché Terence Hill non ha età. O forse sì, visto che oggi compie ottant’anni. Ottanta che ottanta non sono, perché ancora - scommettiamo - potrebbe fare le piroette e fingere rissoni da bar, con la solita gentile tracotanza. Era bello, era il bello. I cattivi, nei suoi film, gli davano del damerino, a volte anche ironicamente, come in Lo chiamavano Trinità, «elegantone», gli dicevano, lui che andava a zonzo per il west con addosso una canottiera bucata e maleodorante, trascinato dal suo cavallo stanco. I suoi personaggi amavano le donne e da esse erano amati - la bionda del gangster di Pari e dispari lo aveva ribattezzato «Fustaccio» -, spesso in contrapposizione con il più ruspante Bud Spencer. Bud Spencer e Terence Hill. Una coppia che non era Tom e Jerry, perché poi i due hanno dimostrato come ci potessero essere sia l’uno che l’altro, entità autonome. Due fratelli, quello sì, diversi. Fratelli spesso nelle trame dei loro film, un po’ anche nella vita, anche se l’impressione è sempre stata quella che fossero principalmente due colleghi, stretti da un legame unico e, per gli spettatori, unificante. Film che fanno stare bene, da vedere e rivedere nei momenti più difficili, quando si è giù di morale e non si ha voglia di pensare. Quando si ha bisogno di una coccola, seppur virile. Terence che imitava i delfini, che usava la stecca da biliardo per picchiare sulle dita i nemici, che faceva acrobazie sulle moto d’acqua, che faceva impazzire Bud. Bud non c’è più, già da qualche anno. Se n’è andato il 27 giugno del 2016, a ottantasei anni. Anche lui si era riciclato in televisione, con una serie di telefilm di alterno successo. Rimase icona, comunque, fino all’ultimo. Lui e i suoi pugni calati dal cielo. Se li inventò appena prima delle riprese di un film, improvvisandoli. Diventarono un marchio di fabbrica. Così come le sue espressioni di disagio di fronte all’esuberanza del compare, di Terence. Terence che poi ha cambiato pelle, ne ha passate diverse, in vita sua, compresa la perdita prematura di un figlio, Ross, che nel 1990 aveva diciassette anni, quando incappò in quel maledetto incidente stradale. Dieci anni dopo, Mario Girotti (appunto Terence Hill) divenne Don Matteo. In realtà il ruolo non era stato pensato per lui, bensì per uno tra Lino Banfi e Giancarlo Magalli. Mario avrebbe dovuto essere il protagonista di una serie simile, Il diavolo e l’acqua santa, su Mediaset. Ma l’azienda del Biscione fece saltare il progetto una volta resi noti i progetti Rai, per non rischiare di sovrapporsi. La stessa Rai virò quindi, all’ultimo, proprio su Girotti, liberatosi dalla concorrenza. Una vicenda che ha segnato, a suo modo, la storia della Tv italiana. Terence Hill non è un simbolo di Tv o cinema, fa semplicemente parte delle nostre vite. Oggi, appunto, compie ottant’anni. E noi, che gli vogliamo bene, gli facciamo i nostri auguri, riproponendo alcuni spezzoni dei suoi film.
da Lo chiamavano trinità
da Pari e dispari
da I due superpiedi quasi piatti
da Altrimenti ci arrabbiamo
da Nati con la camicia
da Miami Supercops
da I quattro dell’Ave Maria
da Don Matteo