Lugano

Alexandra Dovgan, 13.enne prodigio al pianoforte

Talento assoluto, la giovane musicista russa si esibirà giovedì 29 e venerdì 30 ottobre al LAC assieme all’Orchestra della Svizzera italiana sotto la direzione di François Leleux
Classe 2007, Alexandra Dovgan ha iniziato lo studio del pianoforte a 4 anni e mezzo.
Sandro NerieRed. AgendaSette
25.10.2020 15:52

Si dice che un bambino prodigio sia l’incredibile prodotto di un mix fra natura e cultura: la natura regala il talento, la cultura (l’ambiente in cui si cresce) aiuta sin da piccoli a scoprirlo, gestirlo e svilupparlo. Se Mozart non fosse nato in una famiglia di musicisti, forse non ci si sarebbe accorti del suo genio e l’umanità lo avrebbe perso per sempre (a proposito: chissà quanti Mozart nascono oggi in giro per il mondo?). Ma è anche vero che in moltissime famiglie di musicisti non nasce nessun genio: la natura qui non ha fatto la sua parte, l’humus fertile rimane senza un seme da far germogliare. Il mix di natura e cultura è tanto più evidente nel caso di Alexandra Dovgan, la ragazzina russa di 13 anni che giovedì 29 e venerdì 30 ottobre si esibirà al LAC insieme all’Orchestra della Svizzera italiana, proprio in un concerto di Mozart (il KV 488): il talento innato è innegabile, ma c’è anche in lei la consapevolezza, già così giovane, che l’ambiente in cui è nata è stato fondamentale. L’abbiamo incontrata.

© Oscar Tursunov
© Oscar Tursunov

Alexandra, come hai scoperto il tuo incredibile talento musicale?
«Credo di non essere io quella che può parlare del mio talento. Cerco solo di fare del mio meglio sul palcoscenico e quando studio. Sono nata in una famiglia di musicisti, mio padre e mia madre sono insegnanti di pianoforte e la musica è presente fin dai miei primissimi ricordi. Per me è stato naturale iniziare a suonare il piano quando avevo quattro anni e mezzo: i miei genitori non mi hanno mai messo alcuna pressione. Il pianoforte oggi è uno dei miei amici, e anche uno dei miei hobby».

Ma che ruolo ha avuto la famiglia?
«La famiglia è il sentirsi a casa, l’atmosfera rilassata, oltre a un sostegno fondamentale: i miei genitori mi aiutano moltissimo. Per esempio, adesso sto viaggiando con mio padre, che mi consiglia su come si percepisce il suono in sala: in questo momento è lui il mio primo pubblico. Con la mamma parlo di libri, registrazioni musicali, ricette di cucina, abiti per i concerti.... A Mosca ci piace uscire a correre tutti insieme ogni mattina oppure a nuotare quando abbiamo tempo.
Ho anche un fratello, è molto divertente ma anche molto serio, quando sta sul palcoscenico. Ha iniziato a suonare il pianoforte ma gioca anche a calcio in una scuola speciale per sportivi, dove pare molto dotato».

Tantissimi bambini e giovani studiano musica classica: cosa pensi che ti distingua da loro? Un talento fuori dal comune, certo... ma forse anche una passione smisurata per il pianoforte?
«Sapete, in Russia abbiamo un sistema un po’ diverso di educazione musicale. Da noi si può iniziare ad avvicinarsi alla musica molto presto e, se il maestro nota che si ha talento, si può lavorare seriamente e accedere a una scuola speciale (con esami e test seri, naturalmente) dove dedicarsi alla musica e a tutte le altre discipline insieme, nello stesso luogo. Questo perché la Russia mantiene un’ottima e storica tradizione musicale. Siamo molto seri fin dall’inizio. Come ho detto, il pianoforte è il mio hobby, il mio amico, la mia passione».

Parlaci della tua giornata-tipo. Quante ore studi il pianoforte? E la scuola?
«Normalmente sono a scuola dalle 8.30 del mattino alle 4 del pomeriggio, ho lezioni normali come letteratura, storia, matematica, biologia eccetera. Poi seguo anche le lezioni speciali di musica: pianoforte, coro, musica da camera, solfeggio e via dicendo. Al mattino prima di scuola andiamo a correre per mezz’ora-40 minuti, poi quando torno a casa dopo le 16 posso esercitarmi ancora per due-tre ore. Naturalmente ho tempo anche per ascoltare musica, leggere, cucinare con mia mamma, fare una passeggiata. Sabato e domenica andiamo nei parchi, a teatro o a casa di amici... Poi, come qui da voi, anche a Mosca abbiamo avuto un periodo di lockdown totale, che da noi è durato circa 4 mesi e ci ha costretto a stare in casa come tutti gli altri. Durante questo periodo ho imparato tantissimi nuovi pezzi per il futuro».

Vorresti giocare di più con gli altri bambini oppure è molto più interessante suonare il pianoforte?
«Nella mia vita ho un giusto equilibrio fra il suonare il pianoforte e l’incontrare i miei amici. Non sento alcuna restrizione. Penso che sia uno stereotipo quello per cui i musicisti non hanno una vita “normale”. Invece siamo persone normali, anche se probabilmente abbiamo bisogno di più esercizio degli altri per mantenere la nostra “forma” professionale. Inoltre – questo è vero – bisogna avere disciplina, perché si lavora con orchestre, direttori, le sale da concerto hanno una pianificazione... non si è mai soli in questo lavoro e bisogna tenere conto delle esigenze altrui».

Come scegli il repertorio? Come decidi di iniziare lo studio di un nuovo compositore?
«È un lavoro di team: a volte la mia insegnante mi suggerisce un pezzo o il nome di un compositore (e poi io scelgo), altre volte sono i miei genitori che attirano l’attenzione su un certo brano, altre ancora posso decidere di suonare una pagina che ho sentito dai miei pianisti preferiti. O ancora, un direttore può offrirmi di suonare un nuovo concerto per pianoforte e orchestra. Non c’è un’unica via...».

Come vivi la «contraddizione» di una bambina giovanissima che rappresenta una tradizione così antica come quella della musica classica? E quale pensi sia il contributo che porti a questa tradizione?
«Perché abbiamo sempre la tendenza a parlare della musica classica come di un oggetto vecchio, freddo, addormentato e senza vita? La musica non è questo: è l’arte dell’improvvisazione, della fantasia, dell’ispirazione. È l’incontro, la conoscenza con un compositore, un artista, un musicista, con il pubblico; è la scoperta della propria personalità, è uno stupefacente momento molto luminoso, talvolta magico. E sul palcoscenico non abbiamo età, questo è importante. Quando si suona in concerto si può essere infantili, maturi, filosofici o raffinatissimi insieme, in parallelo. Facciamo musica: solo questo conta».

Come ti vedi da adulta, fra quindici anni o più?
«Spero che avrò concerti da tenere, l’opportunità di suonare su un palcoscenico e vorrei essere capace di farlo al miglior livello possibile».

Scoprite di più su Alexandra Dovgan sull’edizione n. 43 della rivista ExtraSette, disponibile anche sull’APP CdT Digital.