Ambiente

«Governi e industria devono proteggerci dalla plastica, anche da quella riciclata»

Uno studio dimostra che la plastica riciclata contiene addirittura più sostanze chimiche tossiche rispetto a quella «normale» – Cerchiamo di capirne di più con Joëlle Hérin, esperta di consumo ed economia circolare in seno al ramo elvetico di Greenpeace
© Shutterstock
Marcello Pelizzari
26.05.2023 14:00

La plastica riciclata? Peggio di quella «normale». O, meglio, potrebbe essere più tossica poiché conterrebbe diverse sostanze chimiche pericolose. In un nuovo rapporto, Greenpeace ha sottolineato non solo la pericolosità della plastica riciclata ma, soprattutto, la necessità di affrontare subito la problematica. Chiedendo ai governi, in particolare, di intraprendere azioni concrete e immediate. Una problematica, ha chiarito l'organizzazione ambientalista, che non può essere risolta solo e soltanto dai consumatori. E, ancora, incompatibile con la cosiddetta economia circolare e la salvaguardia del pianeta. Dagli anni Cinquanta a oggi sono state prodotte circa 8 miliardi di tonnellate di plastica. Tante, troppe evidentemente. Di più, solo una piccola percentuale (il 9%) di quella prodotta viene riciclata. Un bene? Non proprio, visto che il materiale riciclato, come detto, presenta concentrazioni più elevate di sostanze chimiche tossiche, moltiplicando così i rischi per l'uomo, gli animali e l'ambiente. Per capirne di più, ci siamo rivolti a Joëlle Hérin, esperta di consumo ed economia circolare in seno al ramo elvetico di Greenpeace.

Innanzitutto, quali sono le principali sostanze chimiche pericolose rilevate nei campioni di plastica riciclata analizzati da Greenpeace?
«Non è facile rispondere a questa domanda. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP), più di 13 mila sostanze chimiche sono utilizzate nella plastica e più di 3.200 sono note per essere pericolose per la salute umana. Inoltre, molte altre sostanze chimiche presenti nella plastica non sono mai state studiate e potrebbero essere anch'esse tossiche. Il nostro rapporto afferma che la plastica riciclata contiene, spesso, livelli più elevati di sostanze chimiche, tra cui ritardanti di fiamma tossici, benzene e altri agenti cancerogeni, inquinanti ambientali come le diossine bromurate e clorurate, nonché molti interferenti endocrini, sostanze chimiche che possono alterare i livelli ormonali naturali nel corpo».

Qual è la principale fonte di contaminazione della plastica riciclata durante il processo di raccolta e riciclaggio?
«Le fonti principali sono tre. Innanzitutto, cito la contaminazione diretta da sostanze chimiche tossiche nella plastica vergine: quando la plastica viene prodotta con sostanze chimiche tossiche e poi riciclata, le sostanze chimiche tossiche possono passare nella plastica riciclata. Poi c'è la lisciviazione di sostanze tossiche nei rifiuti di plastica: molti studi dimostrano che la plastica può assorbire sostanze tossiche attraverso il contatto diretto e l'assorbimento di composti volatili. Quando la plastica viene contaminata da sostanze tossiche nel flusso dei rifiuti e nell'ambiente e poi riciclata, il risultato è una plastica riciclata che contiene una serie di sostanze chimiche tossiche. Ad esempio, i contenitori di plastica contenenti pesticidi, detergenti e altre sostanze chimiche tossiche che entrano nella catena del riciclaggio possono contaminare la plastica riciclata. Infine, la contaminazione può avvenire attraverso nuove sostanze chimiche tossiche generate dal processo di riciclaggio: quando la plastica viene riscaldata durante il processo di riciclaggio, possono essere create nuove sostanze chimiche tossiche che si trovano nella plastica riciclata. Ad esempio, le diossine bromurate vengono prodotte quando si ricicla plastica contenente ritardanti di fiamma bromurati e uno stabilizzatore utilizzato nel riciclo della plastica può essere degradato in una sostanza altamente tossica presente nella plastica riciclata. Anche la difficoltà di differenziazione e la presenza di alcuni componenti dell'imballaggio nei materiali selezionati possono portare alla tossicità della plastica riciclata. Alcuni studi hanno dimostrato che il riciclo meccanico della plastica PET#1 può generare benzene, un agente cancerogeno, anche a livelli molto bassi di contaminazione con la plastica PVC#3, con conseguente presenza di questa sostanza chimica cancerogena nella plastica riciclata».

In che modo queste sostanze chimiche pericolose presenti nella plastica riciclata possono rappresentare un rischio per la salute umana e per l'ecosistema?
«Queste sostanze chimiche possono essere ingerite in diversi modi. Principalmente attraverso il cibo, l'acqua o l'aria, ma anche attraverso l'ingestione di microplastiche. Questo vale sia per gli esseri umani sia per gli esseri viventi negli ecosistemi colpiti dal littering o nelle vicinanze delle industrie di riciclaggio. La scienza sta appena iniziando a comprendere gli effetti a lungo termine della plastica e dell'esposizione alle sostanze chimiche pericolose in essa contenute sulla salute umana, e la ricerca deve essere ulteriormente sviluppata in questa direzione. Tuttavia, per le autorità dovrebbe prevalere il principio di precauzione».

Il riciclaggio della plastica non risolve la crisi della plastica, come dimostra ancora una volta questo studio. Abbiamo invece bisogno di sistemi di riutilizzo e ricarica per evitare la plastica monouso e i suoi componenti tossici

Quali misure normative propone Greenpeace per affrontare il problema della plastica riciclata più tossica?
«Il riciclaggio della plastica non risolve la crisi della plastica, come dimostra ancora una volta questo studio. Abbiamo invece bisogno di sistemi di riutilizzo e ricarica per evitare la plastica monouso e i suoi componenti tossici. Per le applicazioni in cui avremo sempre bisogno di plastica, dobbiamo assicurarci che non vengano utilizzate sostanze chimiche tossiche o pericolose nella produzione».

Quali alternative al riciclo della plastica suggerisce Greenpeace per ridurre l'uso della plastica nell'ambiente?
«Il riciclaggio della plastica non risolve la crisi della plastica, come dimostra ancora una volta questo studio. Abbiamo invece bisogno di sistemi di riempimento e riutilizzo per evitare la plastica monouso e i suoi componenti tossici. Questi sistemi devono essere standardizzati in tutto il settore per facilitarne l'uso da parte dei clienti.

Come si potrebbero incoraggiare le aziende ad adottare misure di riduzione della plastica e di riprogettazione dei prodotti?
«Sono necessarie normative nazionali e internazionali. Il Trattato internazionale sulla plastica, attualmente in fase di negoziazione presso le Nazioni Unite, rappresenta un'opportunità decisiva. Gli Stati membri dell'ONU possono e devono adottare un accordo ambizioso che limiti la produzione e l'uso della plastica, ponendo così fine all'era della plastica».

Il Trattato internazionale sulla plastica offre un'opportunità storica per limitare la produzione e l'uso della plastica e per affrontare i problemi ad essa associati. Ma l'industria petrolifera sta investendo miliardi per aumentare massicciamente la produzione di plastica

Una sfida complicata, vero?
«Il Trattato internazionale sulla plastica offre un'opportunità storica per limitare la produzione e l'uso della plastica e per affrontare i problemi ad essa associati. Ma l'industria petrolifera sta investendo miliardi per aumentare massicciamente la produzione di plastica. Con il calo della domanda di petrolio, l'industria dei combustibili fossili si sta concentrando sulla plastica. Insieme ai Paesi produttori di petrolio, sta cercando di indebolire l'accordo globale sulla plastica e di presentare il riciclaggio come la soluzione alla crisi della plastica. Questo nuovo rapporto, come detto, dimostra che non è così e che abbiamo urgentemente bisogno di un accordo sulla plastica che ne limiti la produzione e l'uso».

Come possiamo sensibilizzare sui rischi associati alla plastica riciclata e promuovere un cambiamento di comportamento?
«I consumatori possono cercare individualmente di evitare la plastica non necessaria. Ma per risolvere la crisi della plastica, e quindi il problema della plastica riciclata tossica, abbiamo bisogno di soluzioni sistemiche da parte di grandi aziende di beni di consumo come Nestlé e Unilever, oltre che di normative (sovra)governative. L'industria della plastica e i governi hanno la responsabilità di proteggere le persone e l'ambiente dai pericoli della plastica, riciclata o meno. Un primo passo di fondamentale importanza sarebbe quello di analizzare quanta plastica viene prodotta e riciclata e quali sostanze chimiche contiene. Solo se riusciamo a identificare il problema possiamo sviluppare delle soluzioni. Le autorità dovrebbero inoltre promuovere su larga scala gli imballaggi riutilizzabili, che rappresentano una soluzione fondamentale per limitare la nostra esposizione alla plastica in generale».

Quali sono le implicazioni a lungo termine se non si risolve il problema della plastica riciclata più tossica?
«Già oggi gli effetti della follia della plastica si fanno sentire ovunque. La plastica è nei nostri oceani, nei nostri terreni, nei nostri corpi. Sta distruggendo la biodiversità e danneggiando la salute umana. Se utilizziamo sempre più plastica riciclata, che contiene più sostanze chimiche nocive e tossiche, ci aspettiamo danni ancora maggiori alla salute umana, alla fauna selvatica e agli interi ecosistemi».

C'è chi, parlando di alternative alla plastica, ha avuto da ridire sul vetro. Può ancora essere considerato un materiale non inquinante?
«Il vetro riutilizzabile offre un'alternativa più ecologica e più sana, sì».