«Per salvare il clima, dobbiamo distruggere la natura svizzera?»

Sabato 12 aprile, al cinema Lux di Massagno, il Festival du Film Vert propone Bahnhof der Schmetterlinge, documentario svizzero di Martin Schilt e Daniel Ballmer. Il film affronta un tema poco noto in Ticino, ma al centro di un acceso dibattito oltre San Gottardo: la costruzione del terminal merci Gateway Basel Nord in un’area industriale dismessa di Basilea, oggi rifugio di specie rare.

Un caso emblematico in cui transizione ecologica e tutela della biodiversità entrano in conflitto. Dopo la proiezione, un dibattito con WWF, Pro Natura e ProAlps offrirà prospettive differenti. L’evento, in collaborazione con Saetta Verde, fa parte del programma ticinese per i 20 anni del Festival.
Daniel Ballmer, il progetto Gateway Basel Nord è sulla bocca di molti a nord delle Alpi, ma in Ticino è poco conosciuto.
«A Basilea è un tema che occupa da anni il dibattito pubblico, ma basta allontanarsi un po’ e la questione svanisce. Eppure parliamo di un progetto nazionale: dai flussi logistici alle implicazioni ambientali, nessuna regione è davvero estranea. Portare il film in Ticino è anche un modo per accendere i riflettori su una vicenda che, seppur geograficamente lontana, ci tocca da vicino».
Come avete deciso di trasformare questa vicenda in un documentario?
«Quando abbiamo iniziato a seguire la storia, ci ha colpito un elemento in particolare: per la prima volta una grande opera industriale veniva giustificata non solo con motivazioni economiche, ma come necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici. In altre parole: per proteggere il clima, bisognava sacrificare un'area di grande valore ecologico. Una contraddizione potente, e nuova, almeno per la Svizzera. Ed è un discorso che da allora si ripete sempre più spesso, anche in altri contesti: parchi solari, eolici, nuove dighe. Il film nasce da questa tensione».
Cosa rende così speciale l’area su cui dovrebbe sorgere il terminal?
«È un luogo unico, perché nato per caso. Dopo decenni di abbandono, l’ex stazione di smistamento è diventata un rifugio naturale per specie rare, soprattutto quelle che amano i climi caldi e secchi. È uno degli ultimi corridoi ecologici del nord della Svizzera, fondamentale per la migrazione di piante e animali che stanno risalendo il continente. Rispetto al Ticino, che ha un accesso più diretto dal Sud, l’Altopiano svizzero ha pochi varchi: Basilea è uno di questi. Per questo perderlo sarebbe un danno enorme per la biodiversità».
Il progetto ha coinvolto anche la popolazione: che ruolo ha avuto?
«Purtroppo, un ruolo molto limitato fino all’ultimo. Le decisioni fondamentali erano già state prese da tempo, quando finalmente si è arrivati a un referendum popolare nel 2020. La maggioranza ha votato a favore del progetto, anche perché la comunicazione è stata molto efficace: presentare un’infrastruttura industriale come ''verde'' ha funzionato. Ma rimane la sensazione che il dibattito pubblico sia partito troppo tardi, con margini di scelta già molto ridotti».
Cosa spera che il pubblico colga dalla proiezione di sabato?
«Mi piacerebbe che uscisse dalla sala con uno sguardo un po’ diverso su certi luoghi. Anche quelli che appaiono marginali, dimenticati, possono nascondere una grande ricchezza. E che riconosca in questa vicenda un tema che non appartiene solo a Basilea ma a tutta la Svizzera».
