Cultura

Prolungate le esibizioni allo Spazio Maillet

Visto il gran numero di visitatori, la galleria di Verscio proporrà fino al 2 febbraio le mostre «Una Vita da Incisore» e «Lumen»
Leo Maillet, "Sauvage", Parigi 1938, Incisione a puntasecca 47,8x38 cm
Red. Online
03.12.2024 22:05

Sono numeri di visitatori sorprendenti quelli di questo autunno allo Spazio Maillet di Verscio. Forse troppi per l’atelier progettato da Dolf Schnebli per Leo Maillet negli anni ‘50 e aperto oggi al pubblico come galleria per volere del figlio Daniel. Una storia di incontri tra generazioni di artisti che parte da prima della sua edificazione e arriva al prossimo giovedì alle 17.00 con la riapertura sulle note di Schönberg delle due mostre che mettono in relazione quasi un secolo di arte firmata Maillet.

Le esibizioni «Una Vita da Incisore» e» Lumen», debuttate nell’autunno 2024, rappresentano un dialogo senza tempo tra i percorsi artistici del padre Leo Maillet (1902-1990), incisore e pittore espressionista, e quello del figlio Daniel Maillet, artista contemporaneo tornato recentemente dal Brasile.

 Daniel Maillet - Guarajuba, Bahia 1998 "Soteropolitana, Yemanja dos Santos" Pittura ad olio su tela sintetica
 Daniel Maillet - Guarajuba, Bahia 1998 "Soteropolitana, Yemanja dos Santos" Pittura ad olio su tela sintetica

In un catalogo pubblicato in occasione delle mostre a Palazzo Sertoli e al MVSA (Museo Valtellinese di Storia e Arte) Rino Bertini scriveva «Daniel Maillet trasforma ogni opera in un confronto intimo tra artista, materia e spettatore, un’esperienza che parla di universalità e radici.» Di radici parla anche la storia della costruzione dell’atelier e della riapertura dello stesso, oggi come galleria.

Per tracciare questo gioco di scambio generazionale dobbiamo risalire agli anni intorno al dopoguerra. Sono gli anni in cui il Leo Maillet ormai maturo incontra il giovane clown Dimitri. La differenza d’età non fermerà il segno espressionista del primo dal disegnare la smorfia clownistica del secondo - sono gli stessi anni in cui sono datate alcune delle celebri incisioni ispirate ai racconti di Kafka. L’autore boemo che seppe raccontare le inquietudini dell’Europa delle due guerre, diverrà celebre proprio in quegli anni, ed è a Basilea che Leopold Mayer - diventato da poco Leo Maillet per sfuggire alla persecuzioni nazi-fasciste - lo scopre in una vecchia libreria. Il fascino per i modernismi lo farà poi avvicinare al giovane Schnebli che proprio in quegli anni stava maturando in Canton Ticino lo stile che lo porterà a diventare protagonista dell'architettura contemporanea svizzera. Ispirato dall’opera di Sert e dalla Maison Jaoul di Le Corbusier, Schnebli progetta per l’atelier di Leo una serie di blocchi elegantemente disposti in fronte ad un boschetto di bambù.

La solidità del cemento a testimoniare la forza del pensiero razionalista che ripensò la modernità, il bambù a ricordarci l'attrazione verso il Giappone che sarà uno dei fondamenti dell’arte espressionista delle origini.

Daniel Maillet, “Waves 5”, Altezza media delle sculture: 18 cm. Gres smaltato con smalto bianco opaco e ossido di cobalto, cotto a 1280 gradi Celsius.
Daniel Maillet, “Waves 5”, Altezza media delle sculture: 18 cm. Gres smaltato con smalto bianco opaco e ossido di cobalto, cotto a 1280 gradi Celsius.

Un parallelo, quella tra Asia ed Europa che rivediamo nella tensione drammatica che anima l’onda scultorea di Daniel Maillet - dove rivediamo le linee eleganti e flessibili tipiche dell'arte ukiyo-e che incontra l’arte figurativa occidentale, (la grande onda di Hokusai ne è il più celebre esempio). Un occhio esperto potrebbe persino riconoscere, nella maestria dell'uso del gres, l'influenza dei ceramisti giapponesi, discendenti di coloro che trovarono rifugio nello stato di San Paolo, in Brasile, durante la crisi finanziaria del loro paese.

E la storia diventa attuale, dal 6 di dicembre fino al 2 di febbraio, infatti si potranno rivedere nello stesso atelier - ora galleria, le onde dell’oceano atlantico come le ha viste il figlio Daniel Maillet in venti anni di laboratorio in sud America.

Un viaggio tra epoche e continenti che torna ancora una volta, lì dov’è cominciato.

Un luogo che racconta la storia, ma anche un luogo dove la storia si crea e si tramanda viva dalle mani di una generazione a quella successiva. Il 05 all’apertura ufficiale sarà Luca Manzo, dal conservatorio di Basilea ad accompagnare la riapertura delle due mostre sulle note di Schönberg, in una performance che ricerca il contemporaneo tra le deformazioni figurative delle illustrazioni di Maillet (padre) e l’intensità surreale del suo corrispettivo in musica.

Leo Maillet, Verscio 1960 "Il silenzio delle sirene", xilografia a colori con testi di Franz Kafka
Leo Maillet, Verscio 1960 "Il silenzio delle sirene", xilografia a colori con testi di Franz Kafka

Allo stesso modo Rita Cotti Ambrosis, viene chiamata a narrare attraverso un intervento performativo il passaggio dal viscerale silenzio delle illustrazioni di Kafka alle luci di una foresta amazzonica misteriosamente sospesa tra un castello medievale e l’acropoli ateniese. Un passato che conversa con il nostro prossimo futuro, in quanto la performance in questione è prevista invece per il 19 dicembre.

Il prolungamento delle due mostre per l’inverno è un’occasione unica per vivere l’esperienza dello Spazio Maillet in una fase di importante transizione. Mentre ci si prepara per le esposizioni del 2025, lo spazio rafforza la sua identità di galleria aperta all’interazione culturale, un luogo che in soli pochi mesi dalla sua riapertura è riuscito ad affermarsi come punto di riferimento per gli appassionati di arte.

D’altronde, come scriveva Leo Maillet, «L’arte non è mai fine a sé stessa. È una finestra aperta sul mondo, un dialogo che attraversa le generazioni».