«Auguri di buon Natale», «Anche a te e famiglia»
Le canzoncine di Natale, sempre le stesse, ovunque si vada, la sciarpa o il maglioncino come regalo. O, ancora, la cena del 24 o il pranzo del 25 che si vorrebbe breve, leggero e tra pochi intimi ma che, alla fine, si rivela invece interminabile, composto da un’infinità di portate e pieno di gente che non si conosce. Come tralasciare poi gli auguri fatti in maniera standard: «Buon Natale». E la risposta, scontata: «Anche a te e famiglia». Il tutto, spesso, via WhatsApp o social. Lo avrete capito, stiamo parlando degli stereotipi legati al Natale.
«Parlare di stereotipi non è però così corretto», esordisce il sociologo Sandro Cattacin. «Uno stereotipo è dire: “È bionda, quindi è stupida”. Definirei invece questi elementi tipici del periodo natalizio più che altro dei “rituali”».
Bene, fatta questa precisazione a livello semantico, cosa possiamo però dire al riguardo? «Nel tempo i rituali legati al Natale sono cambiati perché la società è mutata», spiega il nostro interlocutore. «Oggi, all’interno di una famiglia ci possono essere culture diverse e quindi si cerca un compromesso tra di esse. Ecco allora che, per esempio, le pietanze servite durante la cena del 24 o il pranzo del 25 possono essere il risultato di un mix culturale. È cresciuta anche l’attenzione alle diverse sensibilità: trovare in tavola pietanze vegane non è pertanto più un fatto più unico che raro. Parallelamente, si assiste a una relativizzazione del Natale e a una sua messa in discussione dal punto di vista morale: l’aspetto simbolico sta prendendo il posto di quello materialistico».
Un’occasione per coltivare le relazioni
Secondo Cattacin, insomma, lo spirito natalizio starebbe assumendo, o ri-assumendo, una connotazione idealistica. «Natale è diventato un momento dell’anno in cui si celebra l’affetto che si prova nei confronti delle persone vicine. In questo senso il dono ha un ruolo fondamentale perché ha la funzione di riconfermare la relazione che si ha con qualcuno mediante un gesto simbolico che crea gruppo. Attraverso il dono si forma così un legame nel tempo. Quello a cui si assiste è che, negli anni, il modo di celebrare l’incontro si è trasformato nel segno dell’inclusività».
Non si può però nascondere che diverse persone vivano il rituale della creazione del gruppo e della sua riconferma in maniera negativa perché giudicano un peso doversi riunire con soggetti che, magari, non vedono dal Natale precedente e con i quali non hanno nessun legame a eccezione di quello familiare. «Sicuramente esistono delle persone che non amano il Natale, ma penso che alla maggior parte della gente piaccia giocare il gioco. Sarebbe interessante capire cosa facciano coloro che non sentono il bisogno dell’incontro per creare qualcosa che sia funzionalmente equivalente».
Una festa sempre più laica
Il Natale, comunque, non si sta muovendo solo verso una maggiore inclusività, un’attenzione più marcata alle sensibilità di ognuno e una riscoperta di valori sani. «Esso, in effetti, sta anche prendendo sempre più le distanze dal suo aspetto religioso e si sta laicizzando», osserva Cattacin. «Più si laicizza questa festa, più è facile renderla inclusiva. In passato quello natalizio era un rituale imposto alle persone; oggi, invece, la gente si appropria di questo rituale e lo trasforma per renderlo compatibile con la propria situazione familiare e sociale. Il Natale, insomma, è diventato un compromesso tra le differenze. L’aumento dei divorzi e delle seconde nozze ha portato poi a un’estensione del periodo di pranzi e cene natalizi per permettere alle persone di festeggiare con ogni membro della vecchia e della nuova famiglia».
Il ruolo dei social e della globalizzazione
L’arrivo delle nuove tecnologie e dei social network, inutile negarlo, ha segnato un mutamento del nostro modo di vivere il Natale. «In questo caso non si può però parlare di abbandono di alcuni comportamenti e dell’insorgere di altri: si ha invece una moltiplicazione dei modi di fare. Oggi, rispetto al passato, abbiamo più modi di scambiarci gli auguri e li usiamo tutti».
Lo scambio degli auguri tramite chiamata vocale, però, implicava un’individualizzazione del messaggio, mentre adesso sui social la gente tende a postare auguri generici. Sorge allora il dubbio che il gesto abbia perso di valore e che lo si faccia più che altro perché ormai è una consuetudine. «L’augurio generico ha la stessa funzione dell’albero o delle decorazioni: serve a creare un clima festivo e a dimostrare che si è coscienti che sia Natale e che esso sia un momento importante. Ciò non esclude tuttavia che alla propria cerchia ristretta si inviino messaggi più personali».
E la globalizzazione, invece, come ha influito? «Ha esportato nel mondo l’aspetto materialista del Natale, quello dei regali. Non penso però che questo sia un elemento particolarmente rilevante. Interessante è invece la propensione all’incontro che favorisce questo periodo dell’anno», conclude Sandro Cattacin.