Buon compleanno Mila e Shiro
Mila e Shiro compie 40 anni sia come manga, essendo uscito per la prima volta all’inizio di novembre del 1984, sia come cartone animato (ai tempi anime era una parola sconosciuta) visto che poche settimane dopo sarebbe stato trasmesso da Tv Tokyo con il suo titolo originale, per il mercato internazionale Attacker You!. Essendo arrivato ai giorni nostri con dvd e repliche su ogni piattaforma immaginabile, merita di essere celebrato per diversi motivi ma uno su tutti: quello di essere uno dei pochi cartoni animati entrati nel cuore sia delle bambine sia dei bambini.
Pallavolo
Se il manga è stato tradotto per l’Europa quasi vent’anni dopo, agganciandosi alla moda di inizio millennio che poi è diventata duratura, il cartone è abbastanza presto (febbraio 1986) arrivato da noi, con il titolo rimasto eterno di Mila e Shiro – Due cuori nella pallavolo e con un successo clamoroso e immediato. La protagonista è appunto Mila (in giapponese Yu) Hazuki, quattordicenne all’inizio dei 58 episodi della serie per così dire ‘vera’, quella che tutti conoscono, che scopre la pallavolo a scuola e giorno dopo giorno si allena per raggiungere il livello di Kaori (in giapponese Eri) Takigawa, giovanissima stella della nazionale e già professionista. Mila e l’amica, dopo un primo periodo di antipatia reciproca, Nami invece crescono invece nella squadra della scuola, prima le medie e poi il liceo, con il grande sogno della convocazione per le Olimpiadi di Seul del 1988. E Shiro? Domanda tipica di chi non ha mai visto Mila e Shiro e si fa ingannare dal titolo astuto inventato da Italia 1. Anche lui gioca, bene, a pallavolo nella squadra della scuola, e con Mila a seconda dei momenti è amico o pseudofidanzato, comunque non un grande amore (almeno da parte di lei). Soprattutto è un personaggio marginale, utilizzato per intercettare il pubblico maschile temendo che con una ragazza possa non scattare l’identificazione.
Mimì
Un’altra astuzia italiana dell’epoca fu quella di creare una parentela, inesistente nel manga così come nell’anime originale, fra Mila e Kozue Ayuhara, per tutti Mimì, sfruttando il successo di Mimì e la nazionale di pallavolo (in originale Attack No. 1, del 1969 ma arrivato in Europa oltre dieci anni dopo). Mila e Mimì non sono cugine, anche se all’epoca lo pensavamo tutti non soltanto in Italia e in Svizzera, ma anche in Francia e Spagna dove la traduzione del cartone fu fatta dalla versione italiana e non da quella giapponese. Curiosamente in Germania Mimì, cioè Ayuhara, è chiamata Mila (Mila Superstar) perché sul mercato tedesco Attacker you! era uscito prima e così qualcuno a RTL ebbe la bella pensata di dare lo stesso nome alle diverse protagoniste di due cartoni animati diversi. Al di là di queste curiosità da nerd Mimì e Mila hanno in comune soltanto la pallavolo, ma per il resto esprimono valori diversissimi: Mimì è la figlia del Giappone del sacrificio e dell’onore, Mila la figlia del Giappone più occidentalizzato, con un’adolescenza vissuta in maniera più leggera. Ma attenzione: la Mila arrivata sul mercato italiano è molto più leggera di quella originale, visto che l’allora Fininvest operò molti tagli a dialoghi ritenuti troppo pesanti o da adulti. Non che se ne fosse occupato direttamente Silvio Berlusconi, ma certo l’input fu suo: solo messaggi positivi, non intristiamo i bambini. Sulla stessa linea era ovviamente anche Alessandra Valeri Manera, responsabile della programmazione per i ragazzi della Fininvest poi Mediaset, ma anche autrice di tantissime sigle di successo e artefice della carriera di Cristina D’Avena. Un genio che ha creato l’immaginario di più generazioni e che ci ha lasciato lo scorso giugno.
Tokyo TV
La storia televisiva di Mila e Shiro è molto semplice, visto che senza un vero perché dopo gli episodi del 1984 si è dovuto aspettare fino al 2008 per un sequel. Merito delle Olimpiadi di Pechino, che hanno ispirato una strana ma centrata produzione sino-giapponese ambientata in Cina, dove le Dragon Ladies, una squadra in crisi allenata da Shiro e che ha Nami fra le giocatrici, cerca di risollevarsi ingaggiando Mila. C’è un problema: la ragazza, non più tanto ragazza (per la fiction è nata nel 1970, quindi dovrebbe avere almeno 37 anni), non gioca da due anni per un grave infortunio. Ma Shiro, ancora innamorato di lei, la convince a tornare in campo in una squadra piena di straniere in una pallavolo che nel frattempo è molto cambiata: non esiste più il cambio palla, ci sono il libero e un nuovo sistema di punteggio. Il sogno di tutte, come vent’anni prima, è però lo stesso: partecipare alle Olimpiadi, che per Mila sarebbero un degno finale di carriera. Questo sequel è meno conosciuto dell’originale ma è validissimo, adatto anche al gusto degli adulti (l’effetto nostalgia funziona sempre) fra malinconia esistenziale, club che si dibattono fra difficoltà finanziarie, infortuni, sponsor, addirittura anche discorsi tattici.
Filosofia di Mila
L’ultimo dei 52 episodi finisce proprio alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino: da allora non ci sono più notizie di Mila e forse è meglio perché così ce la possiamo immaginare in più situazioni. Sposata con Shiro, allenatrice della nazionale giapponese, magari anche influencer. Tutti insomma possiamo avere la Mila adulta che preferiamo, ma i pilastri della sua filosofia rimangono indiscutibili. Il primo: l’atteggiamento positivo. Mila e Shiro non usano la pallavolo come risposta a traumi infantili e problemi personali, che pure ci sono, ma la considerano soltanto uno sport. Dove l’obbiettivo è la vittoria, in seguito anche il guadagno, ma senza ossessioni. Quando Mila perde le dispiace, ma non al punto di suicidarsi. In questo è diversa non solo da Mimì ma anche dai cartoni animati sportivi (i famosi spokon) ‘positivi’ dell’epoca, come Holly e Benji: Holly non perde mai, facile prenderla bene se non perdi mai. La seconda base della filosofia di Mila è che gli avversari, cioè le avversarie, non sono nemici, ma persone con le nostre stesse motivazioni e storie personali diverse. E non a caso nel corso degli episodi diventa amica di quasi tutte, nella peggiore delle ipotesi le altre le sono indifferenti. Senza metterla giù pesante, si può dire che Mila e Shiro sia un cartone animato educativo.