C'è del marcio in Danimarca...

"In un mondo migliore" di Susanne Bier corre per l'Oscar
Antonio Mariotti
10.02.2011 23:38

Se c?è una regista europea che appare da anni in perfetta sintonia con quanto viene prodotto ad Hollywood sul fronte del cinema che esplora i sentimenti umani, questa è la danese Susanne Bier. La regista ha, del resto, le idee chiare in proposito: «Il cinema per me non è fare piccoli film d?avanguardia che non vedrà mai nessuno. – afferma – Mi piace essere connessa al pubblico, perché penso al pubblico quando faccio un film». Viva l?onestà! Onestà che si ritrova del resto nel comportamento del protagonista del suo nuovo lungometraggio: Anton, medico danese in crisi matrimoniale che decide di andare a lavorare in un paese dell?Africa nera, ma che al suo ritorno a casa deve fare i conti con i problemi del figlio dodicenne Elias. Quest?ultimo, vittima di azioni di bullismo a scuola, ha trovato un difensore e amico nel coetaneo Christian, che ha appena cambiato casa dopo aver perso la madre a causa di un tumore e che colpevolizza il padre per questa morte che li ha traumatizzati entrambi. La relazione tra i due ragazzi prende però una brutta piega, quando Christian decide di farsi giustizia da solo nei confronti di un adulto, per dimostrare che non ha paura di nulla e – come ce lo si può aspettare – sarà Elias a subirne le conseguenze più gravi. Susanne Bier dissipa così la fitta cappa di falsa rispettabilità che copre il vero volto della società danese e, attraverso la perversa spirale di vendetta di cui sono preda i due ragazzi, ci mostra come l?assenza dei genitori sia la peggior premessa per far attecchire il seme della violenza nella testa dei figli, che si ritrovano privi di risorse di fronte a una società ostile.