Tendenze

Ciclomotori in crisi: addio al mitico Ciao della Piaggio

C'erano una volta i giovani che sognavano il motorino, mentre i dati attuali delle vendite non mentono: gli anni «delle immense compagnie» sono finiti
© CdT/Archivio
Stefano Olivari
18.04.2023 17:30

C’erano una volta i giovani che sognavano il motorino, il classico cinquantino, in particolare il Ciao della Piaggio, come prima tappa dell’emancipazione dalla famiglia. Adesso questi giovani sono per forza di cose invecchiati e non sono stati sostituiti da altri giovani: molto semplice. Il mercato dei motorini è infatti in crisi dall’inizio degli anni Novanta, al contrario di quello delle moto e degli scooter che ha un andamento ciclico: perché sta accadendo questo, proprio in un’epoca in cui si guida meno l’auto e quindi per altri mezzi di trasporto, soprattutto quelli più economici, dovrebbe esserci un boom?

Il Ciao

I numeri non mentono: nel 2022 la vendita del Ciao è crollata del 17,3% rispetto al 2021, toccando il minimo storico di circa 17.600 unità. L’aggettivo storico non è usato a caso, perché la prima versione del Ciao fu commercializzata nel 1968, quando l’azienda era guidata da Umberto Agnelli (la sua prima moglie era Antonella Bechi Piaggio), e subito diventò l’oggetto del desiderio per gli adolescenti italiani ed europei, ticinesi compresi. Per la sua facilità d’uso divenne il concorrente della Vespa 50, della stessa Piaggio, rivolgendosi però a un target più popolare e meno attento allo stile. Il Ciao nelle sue varie versioni è sempre stato il classico motorino «da sbarco», non da mostrare agli amici ma da usare per ogni spostamento urbano. Un marketing fatto di puro passaparola portò le vendite alla astronomica cifra di 815 mila Ciao nel 1980: quasi 50 volte più dei numeri attuali. Senza contare i suoi cugini Piaggio: Bravo, Boxer, Si, Grillo…

La scelta del Garelli

Innumerevoli marche e modelli storici di motorini, ma negli anni del loro boom la grande scelta era chiara: Ciao o Garelli? Il Ciao era da molti considerato più adatto alle ragazze, e in effetti la sua semplicità aiutava: non occorreva essere un appassionato di motori per farlo camminare. Ma esisteva anche un partito molto forte, che proprio per la maneggevolezza prediligeva il Ciao per impennate e acrobazie varie, quindi riportandolo a un immaginario maschile (oggi si direbbe maschilista). Il Garelli, nelle versioni VIP 3 con le marce a manopola o VIP 4 con il cambio a pedale, era invece dichiaratamente maschile e wannabe sportivo: il Garelli nero con i cerchi in lega sarà stato la summa della tamarraggine, ma era anche un motorino emozionante. Menzione d’onore, pensando agli anni d’oro, per il Malaguti Fifty Top e per l’Aprilia SR, nel 1992 anello di congiunzione fra l’era dei motorini e quella degli scooter.

Il «moz» truccato

Per almeno due decenni, i Settanta e gli Ottanta, il ciclomotore non è stato un semplice mezzo di trasporto, ma l’oggetto del desiderio da parte di adolescenti soprattutto, ma non soltanto, maschi. Un oggetto da sottoporre a quello che oggi si chiamerebbe upgrade, che all’epoca si definiva «truccare» o, con un eufemismo, «elaborare». Nella sostanza il quattordicenne dei bei tempi non poteva vivere senza quell’aumento di 10 chilometri orari di velocità massima (che per il cinquantino era 45), che si otteneva grazie a meccanici compiacenti: cambio della marmitta e del carburatore, per un primo risultato. Ma per arrivare ai 70 chilometri orari ovviamente bisognava (e bisogna) cambiare anche il motore… Una cosa oggi insensata, con l’offerta infinita di scooter nuovi che c’è, ma che qualche decennio fa aveva un senso economico e ovviamente psicologico: il gusto del proibito, della conquista, queste cose qui. Uno dei viaggi iniziatici del ragazzo anni Ottanta del Luganese era quello a Lavena Ponte Tresa, o in altri paesi oltreconfine, per l’acquisto del mitologico carburatore «13 pari», entry level per l’elaborazione del «moz».

L'arrivo dello scooter

Il declino del ciclomotore è iniziato con il boom dello scooter, con i due oggetti che spesso venivano e vengono confusi. Al di là dei discorsi estetici, come la pedana per appoggiare i piedi, la principale differenza fra scooter e ciclomotori è data da dimensioni e potenza del motore. Se il ciclomotore ufficialmente non può andare oltre i 50 cc, lo scooter ha una potenza compresa fra 50 e 150 ed è ovviamente più veloce, quindi può viaggiare anche su un maggior numero di strade, in molti Paesi anche in autostrada. Il maxiscooter, con cilindrate anche oltre i 500, è poi un altro campionato. Comunque quello che è stato perso con i ciclomotori il mercato delle due ruote a motore lo ha riguadagnato con gli scooter: nel 2022 in tutto il mondo fra moto e scooter sono stati infatti venduti 40,5 milioni di pezzi, con un incremento del 3,6% sul 2021.

Più padri che figli

La tentazione di dire che i giovani del 2023 escono meno di casa rispetto a quelli degli anni Ottanta è forte e non le resistiamo. Oggi non potrebbe più esistere un Max Pezzali che scriva versi come «Gli anni delle immense compagnie / Gli anni in motorino sempre in due», perché le immense compagnie non ci sono più e sul motorino in due si prende la multa, ma soprattutto ci si sposta di meno. Se il sindaco di Milano Beppe Sala addirittura teorizza la cosiddetta «Città in 15 minuti» e la bellezza della vita di quartiere significa che qualcosa è cambiato a livello culturale, al di là dei soliti discorsi da boomer o da Generazione X, senza tirare in ballo il solito COVID. Molti psicologi sostengono che nell’Europa Occidentale i rapporti fra genitori e figli abbiano avuto una svolta all’alba del 2000, nella direzione di un maggiore controllo: se prima l’autonomia era un valore (anche per i genitori!) fin dall’età liceale adesso attraverso regali tecnologici, su tutti lo smartphone, si cerca più o meno consapevolmente di formare ragazzi più tranquilli, qualsiasi cosa voglia dire. Generando una situazione curiosa: i ragazzi vivono molto di più il loro quartiere ma in età adulta, proprio a causa della tecnologia, hanno meno problemi nel cambiare città o addirittura nazione. Senza farla troppo lunga i produttori di scooter l’hanno capito da tempo: il quattordicenne che aspetta il Ciao, o simili, nella realtà non esiste più, mentre suo padre è più disposto del proprio padre (a questo punto nonno) a considerare le due ruote come mezzo alternativo all’auto. Addio motorini, dunque, addio adolescenti desiderosi di scoprire cose di persona: magari non è un male, di sicuro è diverso.