L'intervista

Calimero, Grisù e gli altri: rivive a Locarno il mito dei fratelli Pagot

Proiettata al Festival la versione restaurata di «I fratelli Dinamite», primo film d’animazione italiano in Technicolor realizzato pochi anni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale - Perché e in che modo costruire personaggi in grado di piacere ai bambini e agli adulti - Il ruolo determinante del contesto sociale
Un'immagine del film di Nino e Toni Pagot «I fratelli dinamite» del 1949. © Pagot Film
Mattia Sacchi
17.08.2024 06:00

«Sono sempre stato legato al Locarno Film Festival, che ho frequentato sin da bambino. Qui ho sviluppato il mio gusto cinematografico», raccontava il giovane regista ticinese Enea Zucchetti al CdT il giorno della sua vittoria alla prima fase di Locarno Residency.

Una delle più significative peculiarità del Pardo è, in effetti, coinvolgere tanti ragazzi per introdurli a un cinema di qualità. In questo senso, prosegue da anni con successo Locarno Kids, ormai una realtà consolidata del Festival con laboratori, come quello di Atelier du Futur organizzato a Villa San Quirico di Minusio, in collaborazione con La Mobiliare, e proiezioni di una curata selezione di film dedicati ai bambini.

Tra questi film, a Locarno77 c’è stata anche la versione restaurata a 2K di I fratelli Dinamite, una piccola gemma del cinema europeo di fine anni ’40. Un vero e proprio capodopera nel suo genere, primo lungometraggio animato italiano e pioniere del Technicolor, realizzato dai fratelli Nino e Toni Pagot, i creatori di storici personaggi quali Grisù il draghetto e Calimero.

A mantenere viva l’eredità delle due leggende dell’animazione italiana è oggi Marco Pagot, figlio di Nino. «Sono davvero onorato che mio padre e mio zio vengano omaggiati in un festival prestigioso qual è Locarno e che qui sia proiettato il loro primo film - dice Pagot al CdT - Un lungometraggio, quello dei Fratelli Dinamite, che è realmente una storia nella storia: buona parte del materiale fu infatti distrutto da un bombardamento durante la Seconda Guerra mondiale ed è stato necessario riscostruirlo praticamente da zero. Nonostante queste difficoltà, siano riusciti a portare a termine il restauro, con scenografie eccezionali come quelle rappresentanti Venezia, peraltro proprio realizzate da mio padre. Ancora oggi, il film è apprezzato e giudicato come qualcosa di incredibile».

Come i bambini presenti a Locarno Kids restano estasiati nel vedere i professionisti al lavoro nei vari laboratori, così dev’essere stato particolarmente suggestivo per Marco Pagot crescere nello studio di animazione di famiglia.

«Ricordo quando avevo 6-7 anni e vedevo i collaboratori disegnare e dare vita a personaggi che hanno fatto la storia di Carosello: Calimero, Grisù e altri meno conosciuti ma che adoravo, ad esempio Gelsomina e il Diplomatico. Per me era davvero magia, che ha ispirato il mio percorso formativo».

Vivendoli da vicino, forse Marco Pagot ha capito cosa abbia reso iconici i personaggi creati dal padre e dallo zio, ancora amatissimi a distanza di oltre mezzo secolo. «Oltre a una bellezza estetica, dev’esserci anche una profondità nel carattere e nella storia del personaggio. Qualcosa di semplice ma efficace, che possa essere immediatamente riconosciuto e apprezzato da un pubblico di bambini, ma che tuttavia possa avere un’evoluzione; e sfumature, che lo rendano interessante anche per gli adulti. Pure, sono convinto che sia fondamentale trasmettare un messaggio di fondo».

L’evoluzione di alcuni personaggi deve però rendere conto anche delle differenti sensibilità del contesto sociale. Oggi, ad esempio, sarebbe difficile proporre un Calimero che si lamenta dell’ingiustizia perché «piccolo e nero. Protesterebbe comunque, ma solo perché piccolo - dice Pagot - Il mondo cambia ed è giusto che sia così: già in tempi non sospetti, all’inizio degli anni ’70, mio padre e mio zio avevano modificato alcune sfumature del loro pulcino. Non c’è alcun problema a farlo evolvere anche in questo senso. Soprattutto ora che Calimero è pronto per nuove avventure: proprio adesso sto lavorando in Francia alla produzione di una serie che dovrebbe essere trasmessa dalle televisioni europee tra un paio di anni».

Come nella sua carriera Marco Pagot è stato ispirato dal papà e dallo zio, allo stesso modo egli stesso è stato d’ispirazione per uno dei capolavori del grande Hayao Miyazaki. «Il protagonista di Porco Rosso ha il mio nome: un omaggio di Miyazaki, con cui ho stretto un’amicizia profonda. Certo, all’inizio è difficile essere felici nel pensare di essere associati a un maiale: ma poi ho capito i valori e la purezza d’animo che caratterizzano il protagonista e ne sono stato onorato».

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