C'era una volta lo sciopero, a Hollywood: ma come sarà la ripresa?

Sì, è stato raggiunto un accordo (provvisorio) con gli studios. E sì, il lungo, lunghissimo sciopero indetto da SAG-AFTRA – l’associazione che raggruppa gli attori di Hollywood – è terminato. Dopo centodiciotto giorni di stop. Ripetiamo: centodiciotto. I membri del sindacato, è vero, dovranno approvare l’accordo definitivo. Ma l’industria televisiva e cinematografica americana, che vale qualcosa come 134 miliardi di dollari, intanto può rimettersi in moto.
Sarà difficile?
La domanda, beh, sorge spontanea: quanto sarà complicato tornare alla normalità? Risposta spiccia: non sarà semplice. Molte produzioni, allargando il discorso, dovranno recuperare il tempo perduto. O, meglio, non perderne più. Fin qui, nulla di strano. Il problema, come ha sottolineato fra gli altri il New York Times, è che gli stessi attori per recuperare e concludere i progetti interrotti dovranno rinunciare a possibilità future. Esempio concreto: Daisy Edgar-Jones aveva incastrato, nella sua agenda, sia il sequel del catastrofico (nel senso che parla di catastrofi naturali) Twister sia un film drammatico che, a breve, Ron Howard inizierà a girare in Australia. Ebbene, l’attrice britannica non riuscirà a recarsi in tempo dall’altra parte del mondo. Proprio perché, prima, dovrà concludere le riprese in Oklahoma.
Gli incastri
Una posizione «incastrata», quella di Edgar-Jones, in cui si ritrova anche Timothée Chalamet. La parte di Bob Dylan in A Complete Unknown, le cui riprese scatteranno a marzo? Un momento: prima, infatti, la star dovrà promuovere l’epopea fantascientifica Dune Two, la cui uscita nelle sale è stata ritardata proprio per consentire al cast di partecipare ai vari tappeti rossi sparsi per il mondo. La promozione dei film, ricordiamo, era vietata dal sindacato durante lo sciopero. I dettagli su come Chalamet si districherà fra questi due fuochi sono tutto fuorché chiari.
Insomma, riaccendere i motori potrebbe rivelarsi un’impresa. Una vera e propria impresa. Anche perché, è bene ribadirlo, oltre agli attori hanno incrociato le braccia, a lungo, anche gli sceneggiatori. Di qui ingorghi e colli di bottiglia. Da un lato i progetti messi in pausa, dall’altro i film come Dune Two che, finalmente, possono uscire ma vanno pubblicizzati. In mezzo, film come quello di Ron Howard. Le cui riprese, appunto, possono cominciare. Ma con quali attori, se molti sono impegnati altrove?
Come le navi post pandemia
Todd Garner, un produttore, ha citato a mo’ di esempio le difficoltà e le interruzioni generatesi in uscita dalla pandemia sul fronte del commercio marittimo. Le navi, rimanendo nella metafora, passeranno dal canale una alla volta. Lentamente, anche. Le produzioni interrotte, evidentemente, saranno le prime a ripartire. Nello spazio di poche settimane, al più presto. Una buona notizia, accompagnata però da conseguenze pesanti: la ripresa, infatti, sarà costosa. Per intenderci: centinaia di migliaia di dollari extra, se non milioni, da aggiungere ai budget dei vari film. Gli studios, infatti, hanno dovuto spendere e spendere (e spendere) durante lo sciopero per mantenere comunque pronte le strutture produttive. Così da poter garantire una ripresa rapida. Non solo, a questo punto è altamente probabile che i costi per attrezzature, troupe e location – vista la domanda in rapido, rapidissimo aumento – lieviteranno. Nel frattempo, molte persone legate direttamente o indirettamente all’industria dell’intrattenimento hanno perso il lavoro. La perdita, per l’economia californiana, a settembre era stata stimata in oltre 5 miliardi di dollari dal governatore dello Stato Gavin Newsom.
Più spazio per le star in erba?
Ma torniamo agli attori. Alcuni esperti hanno sottolineato che l’ondata di produzioni, in prospettiva, potrebbe generare anche effetti positivi. Gli studios, tendenzialmente, potrebbero essere disperati. O, se preferite, non essere disposti e disponibili ad aspettare che le star si liberino da impegni pregressi o, ancora, che recuperino tutto il lavoro interrotto dallo sciopero prima di tuffarsi in nuovi progetti. «Non tutti possono fare tutto e gli studios non possono aspettare per sempre questi attori» ha dichiarato al New York Times Jay Gassner, co-responsabile del reparto talenti della United Talent Agency. Tradotto: ci sarà spazio, inevitabilmente, pure per stelline, stellette e artisti in erba.
Altri, possibili guai in vista
Detto della ripresa, le lotte sindacali non sembrano destinate a esaurirsi con questo accordo provvisorio. Il contratto con l’International Alliance of Theatrical Stage Employees, il sindacato che raggruppa i parrucchieri e i montatori, oltre a molti altri lavoratori dietro le quinte, scade a luglio. Il rischio di un’altra interruzione del lavoro, ora come ora, non può essere scongiurato a priori.