Il ragazzaccio di Hollywood compie 60 anni: ecco i migliori film di Quentin Tarantino
«Ve lo dico io di cosa parla Like a virgin. Parla di una ragazza che rimorchia uno con una “fava” così…». Entra in scena con questa battuta Quentin Tarantino: è l’inizio del clamoroso dialogo di Le Iene (1992), opera prima del regista del Tennessee, destinato a entrare nella storia del cinema. Un cinema citazionista, esagerato, esplosivo quanto lento e fatto di attese, di tantissime parole, perché, è bene ricordarlo, Tarantino prima di tutto è un grandissimo scrittore, oltre che un cineasta onnivoro. Dagli spaghetti western dell’amato Sergio Leone (si narra che a inizio carriera, il giovane Quentin dicesse ai cameramen «give me a Leone» per chiedere un primissimo piano) a Stanley Kubirck, Brian De Palma e Martin Scorsese, passando per i b-movies (molti italiani, da Mario Bava a Sergio Corbucci) fino al cinema di arti marziali. Oggi quel ragazzaccio affamato di qualsiasi cosa venisse proiettata su grande schermo, con 9 film all’attivo e uno appena annunciato (titolo provvisorio The Movie Critic), compie 60 anni. In occasione del traguardo, parliamo delle opere migliori di un regista sulla cresta dell’onda da oltre 30 anni, considerato il più influente della sua generazione.
Pulp Fiction (1994)
Palma d’oro a Cannes e un Oscar per la miglior sceneggiatura originale (scritta con l’amico Roger Avary), Pulp Fiction resta il capolavoro assoluto di Tarantino, nonché uno dei film più rappresentativi degli anni Novanta. Una miscela esplosiva tra commedia e gangster movie (il genere, poi imitatissimo, verrà definito pulp) fatta di storie che si intrecciano, caratterizzata da frequenti analessi e prolessi, personaggi costantemente sopra le righe e dialoghi che ormai si citano a memoria. Tarantino, come in tutti i suoi film, spreme al limite gli attori, che diventano regolarmente macchiette indimenticabili: qui, su tutti, il Vincent Vega interpretato da John Travolta (il regista del Tennessee ha il grande pregio non solo di scoprire attori fenomenali, basti pensare a Michael Madsen e Christoph Waltz, ma di rilanciare i "miti" del passato). Pulp Fiction è la prima opera con Uma Thurman: l’attrice poi diventerà una sorta di musa ispiratrice per il regista (specialmente i suoi piedi). Difficile citare una sola scena: la più iconica è probabilmente l'overdose di eroina con tanto di iniezione di adrenalina.
Le Iene (1992)
C’è Rapina a mano armata di Stanley Kubrick, Rashomon di Akira Kurosawa, The Blues Brothers (almeno nei vestiti) di John Landis e ovviamente Sergio Leone (lo stallo alla messicana finale, situazione ricorrente nelle opere di Tarantino). L’esordio del regista del Tennessee (che aveva già scritto le sceneggiature di Una vita al massimo, poi diretto da Tony Scott, e Assassini Nati, finito in mano a Oliver Stone) è folgorante. Un’opera ambientata in un unico spazio, con diversi flashback usati per approfondire i personaggi e mostrare la rapina in banca degenerata in un bagno di sangue. Tarantino ha già le idee chiarissime e mette su celluloide tutti quelli che diventeranno marchi di fabbrica: citazioni quasi ossessive, dialoghi assurdi e sopra le righe, personaggi estremamente caratterizzati, black humor, violenza estrema (qui iperrealista, non è ancora quella estetizzata di Kill Bill e Django Unchained), grande gusto per la musica (in questo caso una raccolta di brani anni '70) e soluzioni registiche di grande classe. Ne Le Iene le scene da cineteca sono almeno due: il dialogo iniziale su Like a virgin e la tortura del poliziotto con il taglio dell’orecchio.
Kill Bill Vol. 1 e 2 (2003 e 2004)
Film mastodontico diviso in due atti, perché Tarantino non voleva tagliare nulla. Dopo l’omaggio alla blaxploitation degli anni '70, con Jackie Brown (la star del film è l’iconica Pam Grier), torna una donna come protagonista, e questa volta è una guerriera: Uma Thurman è la regina indiscussa di questa storia di vendetta e ricerca del fantomatico Bill (David Carradine). I due atti di Kill Bill sono una dichiarazione d’amore per il cinema orientale, dal kung fu sino agli yakuza movie, senza mai scordare gli amatissimi spaghetti western. Sicuramente il film più complesso del cineasta, con scene d’azione inedite rispetto a quanto girato in precedenza, combattimenti che sembrano balletti e addirittura incursioni negli anime giapponesi. Senza contare il finale da drammone sentimentale. Tarantino dimostra che anche le donne possono essere «cool», vendicative e spietate (lo vedremo anche in Grindhouse – A prova di morte) come i gangster raccontati nelle precedenti opere. Come ne Le Iene (gli abiti erano ispirati a quelli di The Blues Brothers), anche il modo di vestire dei personaggi diventa citazionismo: la sposa in tutina gialla e Onitsuka Tiger è praticamente un Bruce Lee al femminile. Il monologo di Bill su Superman è tra i migliori usciti dalla penna di Tarantino.
Bastardi senza gloria (2009)
La fonte di ispirazione è Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari. Tarantino imbastisce un film sulla Seconda guerra mondiale in cui un gruppo di alleati, i Bastardi, colleziona scalpi di nazisti per omaggiare la discendenza Apache del tenente Aldo Reine (Brad Pitt). Un’intuizione folle quanto geniale, che permette al regista di infierire sui nazisti e introdurre nuove frecce al suo arco: le differenze linguistiche e la riscrittura della Storia. Nel primo caso, qualche incursione l’avevamo già ascoltata in Kill Bill, con il giapponese, ma qua la lingua diventa un elemento centrale: il colonnello nazista Hans Landa (Christoph Waltz) parlando tedesco, inglese, francese e italiano, risulta un cacciatore incredibile di ebrei e infiltrati. La seconda grande novità è il revisionismo storico, in questo caso la disfatta nazista e la fine di Adolf Hitler. Tarantino userà questo espediente narrativo anche in Django Unchained e in C’era una volta a... Hollywood (in questo caso viene riscritta la storia con «s» minuscola, il fatto di cronaca legato a Charles Manson e Sharon Tate). Bastardi senza gloria andrebbe inserito in classifica anche solo per la presenza di Christoph Waltz, autore di una prova di recitazione sublime, che, non a caso, gli è valsa un premio Oscar. L’attore di origini austriache bisserà la statuetta grazie alla prova fornita in Django Unchained.
C’era una volta a... Hollywood (2019)
Ok, fare una classifica dei migliori film di Tarantino è un’impresa titanica. Chiudiamo la top 5 con C’era una volta a... Hollywood, per un semplice motivo: quest’opera è quella in cui, in maniera più palese, il cinema cita il cinema. Che è poi quello che il regista 60.enne ha fatto in tutti i suoi film: parlare di cinema (Da Le Iene, in cui Tim Roth prova la storiella da raccontare ai gangster, come un attore che mostra come si recita, sino a Kurt Russell che spiega il lavoro dello stuntman in Grindhouse - A prova di morte). Nella pellicola, uscita nel 2019, c’è una ricostruzione certosina della Los Angeles del 1969 (sono pochissimi gli effetti in computer grafica utilizzati), c’è una colonna sonora indimenticabile (Tarantino è maniacale anche nella scelta delle canzoni e dei compositori, basti solo pensare all’Oscar vinto da Ennio Morricone per The Hateful Eight), e una squadra di attori formidabili, su cui svettano Leonardo DiCaprio, Brad Pitt (premiato con l’Oscar) e Margot Robbie. Il sanguinoso massacro di Cielo Drive, con la tragica morte di Sharon Tate, in C'era una volta a... Hollywood diventa altro e mostra una sensibilità inedita di Tarantino: la scena finale è la più toccante portata sullo schermo dall’ex ragazzaccio di Hollywood. Alla faccia di tutti quelli che lo hanno sempre rimproverato di non saper emozionare.