La recensione

Jeanne du Barry, sul trono di Francia si siede un silenzioso Johnny Depp

Il sessantenne attore americano incarna Luigi XV nel nuovo film diretto e interpretato da Maïwenn
– Una ricostruzione storica che punta sul fulgore delle ambientazioni e dei costumi e su un’ambientazione a lume di candela
Il salone degli specchi di Versailles è teatro dell’incontro tra i due protagonisti: Maïwenn (a sinistra) e Johnny Depp. © FRENETIC FILMS
Antonio Mariotti
22.12.2023 23:30

Di lui si è parlato molto di recente, in occasione dell’uscita nelle sale del film Wonka, mettendo a confronto la sua interpretazione del personaggio (adulto) nato dalla fantasia di Roald Dahl con quella (da ragazzo) di Timothée Chalamet. Quest’ultimo potrà ambire, in un futuro prossimo, a segnare il mondo del cinema come l’ha fatto il suo collega, oggi sessantenne? Difficile, se non impossibile, senza la collaborazione di un regista che sappia valorizzarne al massimo le peculiarità e il talento e senza incappare in una franchise di grande successo popolare. Sì, perché il collega di Chalamet - Johnny Depp naturalmente - queste due fortune le ha avute entrambe. La sua lunga e fruttuosa collaborazione con Tim Burton (otto film insieme, l’ultimo dei quali è stato Dark Shadows del 2012) e il suo indimenticabile ruolo di Jack Sparrow nella serie Pirati dei Caraibi. Negli ultimi tempi però. Depp è quasi sparito dagli schermi cinematografici per fare invece fin troppe apparizioni su quelli televisivi e di altri dispositivi digitali in seguito ai processi che l’hanno visto opposto ad ex mogli ed ex compagne per vere o presunte molestie di vario genere. Fa quindi piacere ritrovarlo al cinema e non in ruolo qualunque. Quella che affronta in Jeanne du Barry - La favorita del re di Maïwenn è infatti una bella sfida attoriale, soprattutto per un nativo di Owensboro (Kentucky). La regista e attrice francese gli ha infatti affidato il ruolo di Luigi XV nel suo ultimo film che ha inaugurato le proiezioni del Festival di Cannes 2023 nel maggio scorso.

Una scelta sopravvenuta dopo il rifiuto da parte di alcuni attori francesi di accettare la parte, ma che Maïwenn ha definito «la migliore in assoluto» nell’ambito di un progetto ambizioso e per molti versi inatteso da parte di una regista che finora aveva prediletto opere intimiste, autobiografiche ed estremamente «verbose». Nata nel 2006 dopo aver visto Marie-Antoinette di Sofia Coppola con Asia Argento nei panni della figlia del popolo divenuta la favorita del re grazie al suo fascino e alla sua intelligenza, l’idea ci ha messo del tempo a maturare. Anche perché Maïwenn non si sentiva ancora all’altezza di una simile impresa.

Jeanne du Barry è un film biografico in costume che, pur non discostandosi troppo dai canoni del genere, ha il pregio di concentrarsi sul rapporto tra la cortigiana e il sovrano. Un rapporto che, da subito, infrange alcune delle tante rigide regole che imperano a Versailles, ma che è condizionato dai protocolli della corte: Jeanne deve essere nobile e maritata per poter essere presentata al re, ma sarà proprio questo matrimonio a impedire che il re la sposi dopo la morte della regina, relegandola al fragile ruolo di favorita che le costerà l’espulsione dalla corte dopo la scomparsa di Luigi XV. A Maïwenn interessano in primo luogo i complessi rituali di questo mondo del tutto avulso dalla realtà che pochi decenni più tardi verrà letteralmente spazzato via dalla Rivoluzione francese: Madame du Barry sarà del resto ghigliottinata nel dicembre del 1793, pochi mesi dopo Luigi XVI e Marie-Antoinette. Una scelta interessante, corroborata da ambientazioni sfolgoranti (Versailles è sempre Versailles), costumi di grande ricchezza e precisione filologica e una luce spesso «a lume di candela», firmata da Laurent Dailland, che ricorda a tratti il Barry Lyndon di Stanley Kubrick anche perché il film è stato girato in pellicola 35 mm. Innegabile inoltre l’attenzione che la regista pone alla dimensione femminile di un mondo dove le donne hanno spesso un ruolo solo all’interno dei rapporti sentimentali (vedi a questo proposito il Napoleon di Ridley Scott). Madame du Barry si dimostra invece in numerose circostanze una fine stratega e un’accorta diplomatica, tanto che il suo titolo di «favorita» va ben al di là dell’aspetto sessuale che implica di solito.

Quanto ai due protagonisti, entrambi riescono ad essere credibili e non troppo melensi: Maïwenn appare a tratti un po’ affannata, e non si può esserne troppo sorpresi, visto il dispendio di energie che implica il suo doppio ruolo. Johnny Depp -, che recita in francese e per la prima volta, non senza qualche difficoltà di ambientamento, lavora in una produzione nata lontano da Hollywood - sembra preferire i silenzi pensosi e gli sguardi languidi alle parole. Come dar torto al suo regale discernimento?