Le nuove avventure di Vaiana nell'oceano
C’è stato un lungo periodo in cui la Disney realizzava i seguiti dei suoi classici d’animazione direttamente per il mercato home video, spendendo (visibilmente) meno soldi per quelli che a volte erano veri e propri prodotti televisivi, meno curati visivamente rispetto alle uscite cinematografiche (a inaugurare il filone fu Il ritorno di Jafar, che era a tutti gli effetti un primo episodio extralarge della serie TV di Aladdin). Oggi quel mercato è stato sostituito da quello dello streaming, ed è in tale contesto che è nato Oceania 2: l’annuncio originale nel 2020 parlava di una miniserie per Disney+, allora la risorsa principale da valorizzare perché era periodo pandemico e Bob Chapek, amministratore delegato dell’azienda, riteneva ormai obsoleta la sala. Qualche anno dopo gli è subentrato Bob Iger, già alla guida della Disney prima della crisi sanitaria e con lui è tornata una mentalità più tradizionale, che ha trasformato la miniserie in film per il grande schermo.
Ritroviamo quindi, a tre anni dagli eventi del primo film, la giovane Vaiana, che continua a non definirsi una principessa ma è considerata tale da molti (battuta dell’amico e semidio Maui che allude alla popolarità del personaggio, ora inserito nella categoria ufficiale delle Principesse Disney a fini di marketing). Dopo aver scoperto che il suo era un popolo di esploratori, è partita alla ricerca delle altre tribù in giro per l’oceano, finora senza successo. Il motivo, come scopre una sera, è legato alle antiche leggende della regione: si narra di un’isola che era il punto di congiunzione per tutte le tribù, ma questa è sparita nel nulla e solo facendola riapparire sarà possibile riunire tutte le fazioni. Vaiana parte quindi in missione con un gruppo di amici e i suoi due animali domestici, il maialino Pua e il gallo Hei-Hei (quest’ultimo ancora una volta l’elemento umoristico più riuscito), e all’allegra combriccola si unisce anche Maui (con la voce di Dwayne Johnson in inglese e quella di Fabrizio Vidale in italiano), che era già in giro per isole misteriose per conto proprio. Ma ci sono forze oscure che tramano contro di loro…
La curiosa evoluzione produttiva del film è riscontrabile in alcuni dettagli: alcune scene sono state animate nella filiale disneyana di Vancouver (a cui il progetto era stato affidato quando era previsto per lo streaming), altre nella sede principale a Burbank; la regia è passata da veterani del calibro di Ron Clements e John Musker (La sirenetta, Hercules, La principessa e il ranocchio) a tre esordienti; e le canzoni non sono più firmate da Lin-Manuel Miranda, impegnato in altri luoghi.
Eppure, al netto di qualche visibile passo indietro sul piano tecnico (la qualità dell’animazione cambia da una sequenza all’altra per il motivo di cui sopra), lo spirito avventuroso dell’originale è rimasto intatto, e rimane il piacere del viaggio in mare con questi simpatici personaggi alla riscoperta dei miti della Polinesia, tra azione e risate. Un usato sicuro per rinverdire le sorti della Walt Disney Animation al cinema, dopo due delusioni commerciali consecutive, ma fatto col cuore.