L'orrore della guerra in Ucraina nella «Guernica» di Oksana Mas
Ancora una volta, a Locarno , durante il Festival, si è avuta la dimostrazione di quanto l’arte possa essere un vettore per sbloccare una linea di comunicazione tra posizioni all’apparenza inconciliabili. A margine della ricorrenza istituzionale si sono svolte, alla Magistrale, le performance di importanti artisti internazionali: dal grafico slovacco Luka Brase al catalano Joan Mateu il quale, con la deputazione di Girona, ha proposto una videoinstallazione all’interno del centro culturale Il Rivellino, organizzatore tra l’altro dell’evento.
Tra gli artisti c’era anche l’ucraina Oksana Mas, con le sue figure che si librano dall’acqua. «Un disegno in onore di Marc Chagall, uno dei miei artisti preferiti, con cui celebrare l’amore e la sua forza universale, prendendo ispirazione dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo”», racconta l’artista di Chornomorsk al CdT. Prima rappresentante ucraina alla Biennale di Venezia, Mas è la più importante artista contemporanea del suo Paese e vanta una folta schiera di illustri ammiratori: da Kevin Spacey al principe Alberto II di Monaco. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo. «Ma Locarno rimane uno dei miei luoghi del cuore, una città incastonata tra il lago e i monti. Sono molto legata al Pardo: nel 2012 ho vinto il Premio della Critica Indipendente. Anche oggi, quando sono passata in piazza Grande, ho visto quello schermo bianco che aspettava il film della sera e mi sembrava il più importante della Terra, in grado di unire migliaia di persone legate dall’amore verso la cultura in un meraviglioso rito collettivo».
Un rito, quello di Locarno77, al quale però mancheranno i film ucraini. «È un vero peccato, anche perché negli scorsi anni molti premi del Festival sono stati assegnati a pellicole e artisti del mio Paese. Ma per l’Ucraina questo è un momento difficile, con la guerra che sta drenando ogni risorsa: gli investimenti in cultura sono sempre meno, ciò condiziona la produzione cinematografia sia in termini di quantità che di qualità». La voce cultura è sempre la prima della lista quando si cerca un modo di risparmiare, soprattutto durante i conflitti. «Inter arma silent leges, diceva Cicerone. Ma quando parlano learmi si silenziano anche le muse. La storia, purtroppo, si ripete. Come i nostri antenati erano mandati a combattere in guerre che non li riguardavano direttamente, così avviene oggi. Non solo in Ucraina, ma in tutti gli oltre 200 conflitti nel mondo. E noi artisti non possiamo fare altro che esprimere, attraverso le nostre opere, il grido verso l’orrore della guerra e il dolore degli innocenti».
È proprio per quest, l’ultimo progetto di Oksana Mas ha un nome emblematico Ukrainian Guernica: «Ho voluto reinterpretare il capolavoro di Picasso con un bassorilievo delle stesse dimensioni del quadro originale, avvolgendolo con i sacchi di plastica nera utilizzati per i corpi massacrati dei civili nelle fosse comuni di Bucha, Gostomel, Irpen e Mariupol. Sacchi diventati il triste simbolo della guerra in Ucraina, e che ho voluto associare al dipinto che racconta il massacro franchista del 1937 in Spagna. Epoche diverse, luoghi diversi, stesso orrore. Vuole essere anche un monito: quello di Guernica è stato il preludio ai milioni di morti della Seconda Guerra mondiale: cerchiamo di evitare lo stesso epilogo, sarebbe un fallimento per l’umanità».
Quando il 24 febbraio 2022 l’esercito russo ha bombardato Kiev, nella Cattedrale di Santa Sofia era esposta una delle più importanti opere di Oksana Mas: un mosaico raffigurante la Vergine Maria e composto da 15mila uova di legno, ciascuna delle quali realizzata da una persona diversa proveniente da ogni angolo del mondo. Non ha avuto paura che quell’opera venisse distrutta? «In questa vita sono un’artista, realizzo opere materiali cosciente che prima o poi possono rovinarsi o addirittura essere distrutte. Per quanto fosse forte il suo significato, anche di unione tra le popolazioni, la distruzione della Vergine Maria è stata l’ultimo dei miei pensieri, mentre guardavo a quella della nostra capitale, delle case dei miei connazionali e, soprattutto, delle loro vite, che non saranno mai più le stesse».
In ogni caso, conlcude Oksana Mas, «Bisogna sempre credere che l’arte possa unire le persone, non solo quando fa comodo. In un mondo che non dialoga, credo che l’arte rimanga l’unico corridoio attraverso il quale si può davvero raggiungere la pace. Di fronte a certe scene non è facile pensarlo, ma se non lo facessi perderebbe senso la mia missione di artista».