L'Umpa Lumpa di Hugh Grant che non piace agli attori affetti da nanismo

Dal romantico Charles di Quattro matrimoni e un funerale, a William Thacker dell'intramontabile Notting Hill. Passando per il cattivo Phoenix Buchanan in Paddington 2. Hugh Grant, nella sua carriera, ha rivestito tantissimi ruoli. Molti amatissimi. E altri meno, come quello dell'ultimo film a cui ha preso parte. In Wonka, considerato il prequel de La fabbrica di cioccolato, Grant indosserà i panni di un Umpa Lumpa. Una delle buffe creature della popolazione immaginaria che lavora per Willy Wonka nella sua fabbrica. Bassi e tozzi, questi esseri popolavano l'isola di Umpalandia, collocata fantasiosamente nell'Oceano Pacifico, ed erano descritti da Roald Dahl, nella sua opera originale del 1964, come «pigmei africani schiavizzati». Motivo che, due anni dopo, lo porterà a revisionare il libro, pubblicandone una versione ripulita da discriminazioni e stereotipi. A distanza di anni, grazie alle pellicole del 1971 e del 2005, gli Umpa Lumpa sono diventati famosi per i loro balletti e i loro canti, talvolta un po' macabri e grotteschi, guadagnandosi la simpatia degli spettatori.
Eppure, il nuovo Umpa Lumpa, creato dalla regia di Paul King, potrebbe non fare altrettanto breccia nei cuori del pubblico. Il film, che arriverà nelle sale a dicembre, è già finito al centro delle polemiche. Complice, appunto, proprio il ruolo di Hugh Grant. Negli ultimi secondi del trailer, si vede infatti Timothée Chalamet, nei panni di un giovane Mister Wonka, parlare con una versione Umpa Lumpa di Grant, rinchiusa in un barattolo, con la pelle arancione e i capelli verdi. E, ovviamente, rimpicciolita, grazie alla tecnologia, per rimanere fedeli a quelli che sono i personaggi originali, sempre descritti e rappresentati come uomini molto piccoli. Da qui, il putiferio. Diverso da quello affrontato da Dahl quasi sessant'anni fa. Questa volta, la scelta di far interpretare a Grant il ruolo di Umpa Lumpa ha riacceso i riflettori sui problemi degli attori affetti da nanismo. Che, come già accaduto in passato, si sono lamentati di aver subito «l'ennesimo affronto» dal mondo del cinema. Colpevole di aver scelto, ancora una volta, un attore "meno adatto" — fisicamente parlando — per rappresentare il personaggio in questione.
Dal Signore degli Anelli a Biancaneve
«I ruoli a Hollywood, in generale, sono molto difficili da ottenere per le persone della mia comunità», aveva confessato già il mese scorso Dylan Postl, wrestler nonché attore statunitense, affetto da nanismo, durante il programma televisivo Piers Morgan Uncensored. Questi attori spesso devono accontentarsi di vestire i panni di personaggi secondari, spesso quasi di contorno. Una situazione complicata, che sta ulteriormente peggiorando con le nuove tecnologie. Ormai da tempo, grazie alla CGI, è infatti possibile «rimpicciolire» anche attori di un metro e ottanta, come nel caso di Hugh Grant. E questo, ovviamente, mette ulteriormente in pericolo le carriere degli attori affetti da acondroplasia.
Ma, come dicevamo, Wonka non è di certo il primo film in cui si riscontrano problemi di questo tipo. Già all'inizio degli anni 2000, per la trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson erano stati ingaggiati attori alti più di un metro e mezzo per interpretare i nani e gli hobbit protagonisti. Metodi sofisticati, tra cui una combinazione di telecamere con prospettive diverse e la CGI, hanno fatto la magia. Insieme al reclutamento di «sosia in scala», ossia attori affetti da nanismo che spesso recitavano senza crediti.
E non è tutto. Guardando al presente, le discussioni non sono mancate neppure in casa Disney. Dopo le controversie legate al remake in live-action della Sirenetta, nel mese di luglio le polemiche hanno toccato anche quello di Biancaneve e i sette nani, la cui uscita è prevista per marzo 2024. Galeotta, in questo caso, è stata una serie di fotografie scattate sul set e pubblicate da alcuni tabloid statunitensi. Negli scatti si vedono presumibilmente degli attori, per lo più non affetti da acondroplasia, mentre fanno i pesi in un campo. La risposta della Disney è stata immediata: si trattava di controfigure e non di attori del film. Ma, a quanto pare, non tutti ci hanno creduto.
Sulla questione, già nel 2022, aveva preso posizione anche l'attore affetto da nanismo Peter Dinklage, noto per aver recitato nella serie TV Game of Thrones. Quest'ultimo aveva deriso la Disney, definendo il racconto di Biancaneve «una f*****a storia arretrata di sette nani che vivono in una caverna», classificando come "ipocrita" la scelta di mantenere la figura dei nani, pur avendo optato per un'attrice latina per impersonare Biancaneve. A quei tempi, lo stesso giorno dell'intervista a Dinklage la Disney aveva dichiarato di voler consultare i membri della comunità delle persone affette da nanismo durante la produzione del film. Salvo poi cambiare rapidamente idea, proponendo di trasformare i nani in semplici «creature magiche». Oggi, tuttavia, sembra esserci ancora molta confusione sui personaggi in questione.

Non solo nani ed elfi
Ma ecco che si complica la faccenda. Già lo scorso anno, Dinklage, con il suo commento sul remake di Biancaneve, aveva portato sotto i riflettori anche un ulteriore problema. In controtendenza, rispetto a quelli emersi quest'estate per Wonka. Secondo l'attore, infatti, non si può considerare corretto neppure offrire esclusivamente ruoli come elfi, nani e goblin alle persone affette da acondroplasia. «Leggo molti copioni in cui l'altezza è l'unica caratteristica del personaggio. Ma io non sono così. Fa parte di ciò che sono, ma non vado in giro a pensarci tutto il giorno. E se non definisce me, perché dovrebbe definire un personaggio? È solo cattiva scrittura», aveva dichiarato durante un'intervista.
A questo pensiero, fa eco quello della giornalista Cathy Reay, intervistata al Washington Post. «Non vediamo mai persone affette da nanismo che conducono la loro vita quotidiana, si innamorano, vanno dal medico. Siamo spesso inseriti in questo ruolo di clan, dove siamo uno dei tanti abitanti del villaggio o degli Umpa Lumpa, mentre c'è molto di più in noi come persone».