L'intervista

«Maja Hoffmann è la figura giusta per il Festival»

Giò Rezzonico è membro del consiglio di amministrazione del Film Festival di Locarno dal 2005, ma è pure figlio di Raimondo Rezzonico, co-fondatore nonché presidente dal 1981 al 1999 della manifestazione locarnese
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Prisca Dindo
05.08.2023 06:00

Giò Rezzonico è membro del consiglio di amministrazione del Film Festival di Locarno dal 2005, ma è pure figlio di Raimondo Rezzonico, co-fondatore nonché presidente dal 1981 al 1999 della manifestazione locarnese.

Lo possiamo dire: nessuno conosce questa kermesse cinematografica meglio di lei…
«A cinque anni inaugurai accanto a papà la mia prima edizione; ricordo che dovevo centrare un gigantesco gong con un martelletto. Considero il Festival come un mio fratello maggiore, visto che ha soltanto due anni più di me. Un fratello che mi ha fatto inevitabilmente innamorare del cinema».

Qual è l’importanza del premio Raimondo Rezzonico?
«Penso che sia un premio importante per ricordare il grande contributo di mio padre al Festival. Fece un ottimo lavoro anche grazie alla grande intuizione di portare le proiezioni dei film in piazza Grande. L’idea di un grande schermo sotto le stelle fu dell’architetto Livio Vacchini, ma mio padre sostenne il progetto a spada tratta. Allora non era facile far passare rivoluzioni simili ma alla fine i due la spuntarono, per nostra fortuna. Inoltre mio padre individuò direttori artistici di grande valore, che fecero crescere il Festival. A partire da David Streiff».

Questa è l’ultima edizione presieduta da Marco Solari. Di strada insieme ne avete fatta tanta: quale è il sentimento che sta provando lei in questo momento?
«Rivivo con Marco quello capitato a mio padre. Ricordo che lui fece una grandissima fatica a lasciare il Festival. Ora mi sembra di percepire quegli stessi sentimenti anche in Marco. Lo capisco bene: dopo ventitré anni, è un po’ come lasciare un figlio. È comunque interessante osservare questi momenti di grandi cambiamenti. Papà gestiva il Festival come un’azienda di famiglia, tutto ruotava attorno a lui. Ad un certo punto però fu vittima del suo stesso successo: il Festival era cresciuto molto e ci voleva una nuova organizzazione che lui non si sentì di introdurre. Con l’arrivo di Marco Solari ci fu un salto di qualità: ben presto Locarno si trasformò in un’azienda strutturata, con servizi interni, grossi sponsor e un budget milionario garantito anche dagli aiuti pubblici. Con la nuova presidente Maja Hoffmann succederà la stessa cosa: ci sarà un nuovo salto di qualità. Da azienda strutturata la manifestazione diventerà, almeno credo, un’azienda multinazionale. È proprio ciò che necessita il Festival, se non vuole morire di morte lenta».

Salvo sorprese dell’ultimo minuto, il nuovo presidente del Film Festival sarà appunto Maja Hoffmann: una donna, ma soprattutto una persona slegata dalle logiche partitiche tipiche del nostro Cantone. È una buona scelta?
«È un’ottima scelta. Il Festival se vuole sopravvivere deve puntare sulle relazioni internazionali. Marco ha grandi contatti in Svizzera, ma non ha l’agenda senza confini di Maja Hoffmann. In CdA è stato molto difficile trovare il criterio giusto per cercare il nuovo presidente. In un primo momento si parlò di un politico ticinese, poi di un politico conosciuto a livello nazionale. Abbiamo fatto mille discussioni e c’erano vari pareri. Io fin dall’inizio mi sono battuto per una figura che potesse proiettare il Festival nel mondo e Maja Hoffmann è la persona giusta. Per lei, che è una donna molto impegnata, non sarà così semplice assumere questa carica . Tuttavia trovo interessante quanto da lei affermato in occasione della sua prima conferenza stampa a Locarno, riferendosi alla struttura del Festival. “Io non lavorerò in funzione delle gerarchie – ha dichiarato – ma cercherò di mettere in rete tutte le mie attività”. Questa sarà la fortuna del Festival».

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