Napoleone, condottiero dai due volti tra battaglie e amore
La scena iniziale dà il tono all’intero film: il 16 ottobre 1793 Maria Antonietta, regina consorte di Francia, viene decapitata di fronte a una folla festante tra cui si trova anche il 24.enne Napoleone Bonaparte, brillante ufficiale di origine corsa. Un plateale falso storico, visto che è certo che il futuro imperatore non abbia assistito a questo evento. Il regista Ridley Scott ha liquidato le critiche degli storici a questo proposito con uno sbrigativo «Scusatemi, signori, voi c’eravate? No? Beh allora chiudete il becco!». Dalle 2 ore e 38 minuti del film (ma Scott sta già preparando un director’s cut di 4 ore destinato alle piattaforme) non bisogna quindi attendersi una ricostruzione filologicamente ineccepibile degli ultimi 30 anni di vita del grande condottiero, bensì uno spettacolo di stampo hollywoodiano nella tradizione del regista di Alien e Il gladiatore.
Precedenti illustri
Realizzare un film sulla vita di Napoleone costituisce comunque un’impresa non da poco che ha affascinato più di un cineasta. Basti pensare al kolossal ante litteram girato nel 1927 dal francese Abel Gance, ricco di «effetti speciali» e con sequenze che si sviluppavano su tre schermi contemporaneamente; al film biografico firmato nel 1955 da Sacha Guitry, o al clamoroso flop di Waterloo diretto nel 1970 dal sovietico Sergei Bondarchuk che fece desistere Stanley Kubrich dal portare a termine il proprio progetto (vedi box a lato). Un’impresa di questa portata dovrebbe permettere di dare un giudizio definitivo sull’opera di un cineasta che - giunto alla soglia degli 86 anni (li compirà giovedì prossimo) non accenna a diminuire i propri ritmi di lavoro. Subito dopo aver archiviato la «pratica Bonaparte» Scott si è lanciato nell’avventura de Il gladiatore 2. Regista per tutte le stagioni? Mestierante di lusso? Business man dalle mille iniziative? Tutto ciò è vero ma non esaurisce il discorso. Anche in questa occasione, infatti, pur calpestando allegramente la verità storica, Scott - insieme al suo sceneggiatore David Scarpa - individua una chiave di lettura in grado di soddisfare le attese del grande pubblico, accostando spettacolari battaglie (in particolare Austerlitz e Waterloo), scene di massa belliche e istituzionali (la disastrosa campagna di Russia, la sfarzosa autoincoronazione a imperatore) e sequenze molto più pacate in cui a farla da padrona è la lunga e burrascosa storia d’amore con Giuseppina Beauharnais che viene ripercorsa anche grazie alla ferventi lettere che i due coniugi si scambiano quasi quotidianamente. La teoria psicologica di Ridley Scott è molto chiara: il condottiero che non batteva ciglio nel veder perire migliaia di soldati sui campi di battaglia, non è mai riuscito ad affrontare l’ussaro che per anni è stato amante della moglie. Una doppia personalità che è il sintomo più lampante della sua debolezza intrinseca che lo porterà, soprattutto dopo la morte di Giuseppina, a perdere il controllo della situazione, soprattutto nei momenti cruciali. Una teoria che si può condividere o meno, ma che serve soprattutto al regista (onnipotente sul set) per affermare la propria superiorità nei confronti del suo protagonista.
Sotto il peso del bicorno
E a proposito di protagonista, non si può negare che uno dei motivi di maggior interesse del film è la presenza di Joaquin Phoenix nel ruolo in titolo. Phoenix ha sì qualche lampo di genialità che lo porta a superare il «peso» storico del proprio personaggio, ma per la maggior parte del tempo pare inesorabilmente ingabbiato dal bicorno e dall’uniforme che ne caratterizzano l’iconografia. Molto più «libera» e convincente la Giuseppina di Vanessa Kirby, unica presenza davvero umana, con i suoi pregi e i suoi difetti, dell’intero film.