Soletta premia «Immortals» di Maja Tschumi
Se n’era parlato in occasione della cerimonia d’apertura, della grande prolificità della produzione cinematografica svizzera, resa possibile dalle società che ci sono dietro quei film, ma anche dalle sale che li accolgono e dal pubblico che mostra il proprio apprezzamento. Ne sono la conferma, ancora una volta, le Giornate di Soletta, che tra il meglio del 2024 e i primi titoli interessanti del 2025 hanno proposto più di 160 opere, in attesa che altre vengano svelate nei mesi a venire (un primo assaggio lo avremo alla Berlinale, che ha selezionato i nuovi lungometraggi di Petra Volpe e Lionel Baier, quest’ultimo in concorso). Proiezioni gremite, soprattutto nel weekend, a dimostrazione della curiosità degli spettatori – circa 65.000 secondo i dati provvisori della kermesse – nei confronti di una cinematografia nazionale ricca di sfaccettature, non solo linguistiche. Nutrita anche la presenza degli addetti ai lavori, tra presentazioni di progetti, discussioni sull’industria, anticipazioni degli altri grandi festival nostrani (non sono mancati all’appello i consueti incontri organizzati da Locarno e Visions du Réel) e la notte delle nomination, con l’annuncio di chi concorrerà per i Premi del Cinema Svizzero il 21 marzo: tra i candidati anche un’eccellenza ticinese, il già pluripremiato Reinas di Klaudia Reynicke, che si è aggiudicato le candidature per il miglior film di finzione, per la sceneggiatura e per il sonoro.
Il festival si conclude questa sera, ma il primo grande vincitore era stato annunciato sabato, nel corso della «Notte delle Visioni» che premia il miglior lungometraggio dell’apposita sezione – destinata a opere prime e seconde – e ricompensa anche il miglior cortometraggio realizzato nell’ambito di una scuola di cinema e il miglior videoclip. E per quanto concerne «Visioni», la giuria è stata conquistata da Bilder im Kopf di Eleonora Camizzi, documentario che affronta la tematica delicata del confine tra salute e malattia, con la stessa regista che si mette in gioco dialogando con il padre, la cui schizofrenia è stata oggetto di silenzio in famiglia per anni. Una riflessione potente sul tema sempre più attuale e urgente della salute mentale, che sempre in questa sezione era al centro di Osteria all’undici, dove il locarnese Filippo Demarchi si racconta mentre fa i conti con le conseguenze di un burnout, accantonando temporaneamente l’attività da cineasta per fare il cameriere nello stabilimento del titolo.
In generale, si può parlare dell’ennesimo grande trionfo del cinema del reale, uno dei maggiori punti di forza della produzione svizzera, poiché anche i due premi principali sono andati a dei documentari: il Prix de Soleure se l’è aggiudicato Immortals di Maja Tschumi, ritratto intimo e viscerale di una gioventù irachena che vuole fuggire da un paese sempre più oppressivo, un conflitto ideologico raccontato da vicino con un uso sapiente di ricostruzioni drammatiche laddove necessario (come precisato nei titoli di testa, alcuni momenti sono stati ricreati a posteriori per assicurare l’incolumità delle persone coinvolte); il Prix du Public invece parla italiano, o meglio, siciliano, poiché gli avventori delle Giornate hanno decretato la vittoria di Quir di Nicola Bellucci, interamente svizzero a livello produttivo ma ambientato e girato a Palermo, di cui osserviamo per 105 minuti la vivace e agguerrita comunità LGBTQ («Ho voluto trasformare in gioia una situazione triste» ha detto il regista introducendo la prima proiezione, facendo riferimento al contesto tutt’altro che roseo in cui vivono ancora oggi le persone queer nel mondo intero). Un vincitore leggero ma non banale, esempio brillante della sinergia tra il lavoro fatto dal comitato di selezione del direttore artistico Niccolò Castelli e il gusto di un pubblico curioso e avido di bel cinema, già ansioso di tornare a Soletta il 21 gennaio 2026, quando s’inizierà l’edizione numero 61 della rassegna.