L'anniversario

Terminator contro l'intelligenza artificiale

Il 26 ottobre 1984 arrivava nelle sale statunitensi il cult di James Cameron con Arnold Schwarzenegger – Un film ancora oggi modernissimo, con la sua visione cupa del futuro che può essere soltanto allontanato, ma che allontanandosi ti dice «I’ll be back»
© Hemdale Film Corporation, Pacific Western Productions
Stefano Olivari
26.10.2024 15:59

Pochi personaggi cinematografici sono riusciti a entrare nell’immaginario collettivo come è stato capace di fare Terminator. Che alla sua uscita, 40 anni fa, consacrò come stella mondiale un Arnold Schwarzenegger già conosciuto per Conan e come regista di culto James Cameron, che invece fino al 26 ottobre 1984 aveva giocato in Serie B. Ma quali sono i segreti di un successo intergenerazionale, citatissimo anche in dibattiti seri o seriosi, al di là dei banali schemi del franchise hollywoodiano?

Il cattivo

La prima particolarità di Terminator è che il pubblico si innamorò ed è rimasto innamorato del cattivo, il cyborg interpretato da Schwarzenegger che ha l’obbiettivo di uccidere Sarah Connor, madre del futuro capo della resistenza umana, John Connor, in un mondo governato da Skynet, cioè in pratica dall’intelligenza artificiale. Sì, perché il cyborg arriva dal futuro e precisamente dal 2029: un caso di preveggenza clamoroso e soprattutto involontario, visto che Cameron per la sceneggiatura si ispirò alla fantascienza degli anni Cinquanta, affascinata dagli uomini-macchina più che da complesse teorie politiche. Di sicuro Terminator era stato pensato come personaggio negativo: cosa ci può essere di peggio del killer al servizio di un’entità che vuole dominare il genere umano?

«I'll be back»

Eppure gli inseguimenti di Sarah e di Kyle Reese, anche lui alla ricerca della ragazza ma per motivi opposti rispetto al cyborg (dal futuro lo ha mandato in missione John, figlio suo e di Sarah, che lo concepiranno proprio durante il film…), rendono esagerata e simpatica la figura interpretata da Schwarzenegger. «I’ll be back», la frase che pronuncia fuori dalla stazione di polizia (nel doppiaggio italiano trasformata nella meno incisiva «Aspetto fuori»), è nel cuore degli schwarzeneggeriani osservanti ed è la frase più citata nella storia del cinema, davanti al «Francamente me ne infischio» di Clark Gable-Rhett Butler in Via col vento. Comunque Terminator nel 1984 fa la fine che fanno tutti i cattivi dei film anni Ottanta, con le stesse luci e la stessa ambientazione, ma per una volta deludendo lo spettatore.

Il secondo episodio

L’altra grande particolarità di Terminator è quella di avere un seguito migliore del primo episodio. E con Terminator-Schwarzenegger schierato dalla parte dei buoni. In Terminator 2 – Il giorno del giudizio, uscito nel 1991, il T-800 arriva infatti dal futuro per difendere Sarah e John, che ha ormai 12 anni (nel film siamo nel 1995), come dal futuro arriva il più avanzato T-1000, fatto di un metallo mutante che gli consente di assumere le sembianze di chiunque. Un Cameron in stato di grazia conquista di nuovo pubblico e critica, unendo a uno straordinario film d’azione anche discorsi filosofici profondissimi, in particolare quelli su destino e libero arbitrio. Perché John dal futuro prova ad influenzare il passato per cambiare (anzi, per non far cambiare) il corso degli eventi. E quindi ci potrebbero essere più futuri.

Il franchise

La fantascienza genera mostri, così come i film di successo mondiale. Al franchise non si sfuggiva e soprattutto non si sfugge oggi, con le grandi produzioni che vogliono andare sul sicuro. Terminator ha così avuto sei film, tre serie televisive, almeno una ventina di videogiochi, più qualche romanzo che ha riciclato senza grande estro ciò che era stato già visto. Rimanendo sui film arriviamo al 2003 con Terminator 3 - Le macchine ribelli. Via l’allenatore, Cameron, ma il gioco non cambia: cyborg che arrivano dal futuro per incidere sul futuro stesso. Questa volta una cyborg donna, T-X, mentre Terminator propriamente detto è ancora Schwarzenegger, che oltre a John protegge anche la sua futura moglie Kate: è stata infatti lei a mandarlo indietro dal 2032 (sembrava lontanissimo, ora è a due Olimpiadi di distanza) visto che aveva ammazzato John. Fra l’altro Kate è figlia del generale Brewster, il supervisore del progetto Skynet. Nel terzo film Schwarzenegger esce di scena in maniera eroica, sempre che si possa parlare di eroismo per un cyborg: il triste Terminator Salvation, centrato su John (qui Christian Bale), sarà senza di lui, anche perché impegnato come governatore della California. Finita l’esperienza politica nel 2015 Schwarzenegger torna nel reboot Terminator Genisys, inutilissimo e anche cervellotico a livello di trama, mentre nel 2019 con Terminator – destino oscuro si torna sulla strada maestra e si vede anche il ritorno di Linda Hamilton, però senza figlio perché nel 1998 John Connor è stato ucciso. Commovente, il ritorno di Cameron come sceneggiatore si sente e si vede. Nei piani il primo film di una trilogia che però si è fermata per limiti di età.

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Anti-tech

Terminator trae senza dubbio ispirazione da un filone anti-tech che al cinema ciclicamente torna dai tempi dell’HAL-9000 di Kubrick in 2001 Odissea nello spazio. Basti pensare al THX 1138 di George Lucas, al Westworld di Michael Crichton, al Blade runner di Ridley Scott. È però molto più attuale, perché qui non siamo a macchine che si ribellano ma all’intelligenza artificiale propriamente detta, qualcosa che può farti colpire da un cyborg fisico ma che di suo non ha una fisicità e che proprio per questo è scappata di mano. Gli uomini e anche i cyborg possono morire (anche se Schwarzenegger ha interpretato il personaggio dai suoi 37 ai suoi 72 anni), Skynet no. Insomma, il messaggio è sempre di grande pessimismo anche se in qualche modo i nostri eroi se la cavano, sia pure con perdite. Nel 2024 Terminator è modernissimo, con la sua visione cupa del futuro nonostante tutte le possibili correzioni possibili con salti temporali. Un futuro che può essere soltanto allontanato, ma che allontanandosi ti dice «I’ll be back». Certo la resistenza si vede soltanto al cinema.