Una Napoli stratificata per il vampiro
Si sta assistendo in Italia a un rinnovato interesse per il cinema horror. Così ha detto il direttore artistico Giona Nazzaro introducendo a La Sala il titolo del Fuori concorso Mimì – Il principe delle tenebre, presenti il regista Brando De Sica e i giovani protagonisti Domenico Cuomo (Mimì) e Sara Ciocca (Carmilla).
Non è la Napoli del commissario Ricciardi, né quella di Un posto al sole, e nemmeno quella di Saviano, Garrone o Sorrentino; la Napoli di Brando De Sica è una città rielaborata, filmata in modo inedito, estrinsecazione del mondo onirico di Mimì. Il regista dice di aver giocato sui contrasti, perché Napoli è una città stratificata, con tante anime, ideale per una favola e piena di contraddizioni. Luogo assolato in cui i suoi vampiri si muovono invece di notte. Una location anche esoterica perché, secondo la leggenda, lì si troverebbe la tomba del conte Dracula.
Nel plot, l’orfano Mimì è un ragazzo disabile (ha i piedi deformi, segno della ricerca di un equilibrio stabile), fa il pizzaiolo e ha due angeli custodi: il padrone del locale che gli fa da padre surrogato e un transessuale gentile. Ma è anche vittima dei camorristi della zona, capitanati da Bastianello, figlio di un boss moribondo e cantante neo-melodico. Poi Mimì conosce Carmilla, ragazzina emo che dice di fare di cognome Vlad e di abitare in Transilvania. I due ragazzi sono felici e levitano (chi ricorda Miracolo a Milano di Vittorio De Sica? Dove i poveri volavano via a cavallo delle scope). Mimì continua a subire le angherie di Bastianello e dei suoi, ma poi la vittima si trasformerà in vendicatore e scorrerà sangue a litri.
Il 40.enne Brando De Sica è più che mai figlio d’arte: suo padre è Christian, suo nonno Vittorio è uno dei grandi del Neorealismo italiano, lo zio materno è Carlo Verdone, lo zio paterno il compianto Manuel De Sica (compositore ed autore di colonne sonore). Ma vanta studi di cinema all’Università di Southern in California, apprendistato con spot pubblicitari e poi cortometraggi; tra l’altro, è stato aiutoregista di Pupi Avati e Matteo Garrone. Ma certo è che il cinema Brando in famiglia l’ha respirato fin da piccolo. Aveva otto anni quando lo portarono a vedere L’esorcista e ricorda i film della Casa di produzione Hammer con i colori accesi o le opere di Roger Corman. Nell’incontro seguito alla proiezione di Mimì – Il principe delle tenebre De Sica ha ammesso di non avere in partenza un’idea precisa del film che girerà e solo alla fine delle riprese si rende conto del risultato. Il regista ha disegnato tutto il film come fosse un fumetto. Avendo un budget limitato (diversi ruoli sono interpretati da napoletani presi dalla strada e si sono girate cinque scene al giorno con una sola camera) ha lavorato anche di filtri e modifica delle lenti per dar vita visivamente al mondo di Mimì. Qualcuno in sala ha chiesto se non abbia pensato di censurarsi rispetto all’abbondante quantità di sangue che nella seconda parte inonda lo schermo. Lui ha risposto: «sinceramente no». Aggiungendo che è solo come mangiare tacos un po’ pesanti. C’è poi una scelta stilistica di teatralità, che rende più astratto il racconto e introduce un tocco espressionista come omaggio a Nosferatu, ampiamente citato. A proposito della deriva splatter, De Sica aggiunge che se il cinema si fa splatter diventa cartoonesco, e allora non fa più paura.