Come sconfiggere la crisi di Wall Street

Lo racconta il finto documentario zeppo di divi "La grande scommessa"
Steve Carell (a sinistra) e Ryan Gosling nel film.
Marisa Marzelli
11.01.2016 00:59

I traumi collettivi del Paese il cinema di Hollywood non riesce ad affrontarli subito e con il distacco necessario per mettere a fuoco il quadro generale. Prima di averli davvero metabolizzati comincia ad approcciarli di sponda, scegliendo un singolo aspetto invece dell'intero scenario. È successo con il Vietnam e l'11 Settembre e succede ora con la crisi finanziaria del 2007-2008, i fallimenti bancari, i licenziamenti di massa e la perdita della casa per tutti coloro che non erano più in grado di pagare il mutuo.

In questo filone s'inserisce La grande scommessa, anomalo film che sceglie i toni della commedia (piuttosto nera) intrecciata con il finto documentario. Ne è autore Adam McKay, regista sinora di commedie sul demenziale (Fratellastri a 40 anni, I poliziotti di riserva) e già autore del Saturday Night Live televisivo. Cast di star, da Christian Bale a Brad Pitt – anche co-produttore –, Ryan Gosling, Steve Carell, affiancati da Marisa Tomei e Melissa Meo.La miscela pare abbia funzionato perché

La grande scommessa è candidato a diversi premi, in particolare quattro Golden Globes: migliore commedia, migliore attore per Christian Bale e Steve Carell, migliore sceneggiatura. E ancora non sono note le nomination agli Oscar.La sceneggiatura, del regista insieme a Charles Randolph, s'ispira ad una storia vera ed è tratta dal bestseller

The Big Short – Il grande scoperto (del 2010) scritto dal giornalista economico Michael Lewis, conoscitore in prima persona del mondo borsistico e finanziario per aver lavorato in una famosa banca di New York.La scrittura è abile nell'evitare la noia o l'incomprensione concentrandosi sui personaggi principali, tutti operatori di Wall Street con personalità eccentriche, a volte borderline. E non a caso, in quanto sembrano gli unici ad aver intuito l'imminente catastrofe economica, in controtendenza rispetto all'ottimismo di mercati, banche e risparmiatori. Come a sottolineare che bisognava ragionare in chiave non conformista per individuare la falla in un sistema che sembrava marciare a gonfie vele. I protagonisti sono un neurochirurgo e finanziere (Christian Bale); un trader di Deutsche Bank (Ryan Gosling); un uomo d'affari nevrotico (Steve Carell) e un banchiere ritiratosi dalla professione attiva, che ha un po' il ruolo di consulente (Brad Pitt); più due ventenni rampanti intenzionati a entrare nel gioco milionario dei magnati.Convintosi che la bolla dei subprime sta per esplodere, il gruppetto – formato pur sempre da speculatori e non da anime candide – investe in strumenti finanziari che scommettono sul default di quelli bancari. E al momento del crollo quasi tutti loro fanno grossi guadagni. Alla fine, il film avverte amaramente che quegli stessi strumenti fallimentari della finanza oggi sono di nuovo in circolazione anche se con nomi differenti.

Lo spettatore medio capisce poco del gergo per iniziati, ma capisce (e questo è uno degli scopi del racconto) che volontariamente il linguaggio della finanza è criptico. La regia, in un film parlatissimo, fa spesso ricorso ad un montaggio nervoso da finto documentario, con macchina a mano per sottolineare la concitazione e l'adrenalina delle contrattazioni milionarie; a volte gli attori hanno lo sguardo in macchina e si rivolgono direttamente al pubblico; altre volte l'inquadratura si sofferma sulla vita quotidiana della gente, ignara del crac che sta per abbattersi sulla «società affluente». Quando poi l'azione si trasferisce a Las Vegas per un convegno, la metafora del gioco d'azzardo diventa ancora più esplicita.

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