«Così il cartone animato ha conquistato il mondo»
Il cartone animato, che nell’immaginario collettivo rimanda ai personaggi intramontabili di Topolino e Paperino, di Biancaneve e Speedy Gonzales, è una forma d’arte e di intrattenimento che ha saputo dialogare con un vasto pubblico ed è ancora in continua evoluzione. Nel libro «Che cos’è un cartone animato» (Carocci) Marco Bellano, docente di History of Animation all’Università di Padova, esplora questa affascinante tipologia di animazione e ci fornisce preziose informazioni.
Marco Bellano, da che cosa deriva il termine «cartone animato»?
«“Cartone animato”, ovvero “animated cartoon”, indica un certo disegno animato d’origine statunitense. Questi film si rifacevano al “cartoon”, ovvero la vignetta caricaturale a stampa. Il nome “cartoon”, però, aveva radici europee. In Inghilterra, nel 1843, la rivista “Punch” inaugurò la rubrica Mr. Punch’s Cartoon con un’illustrazione che derideva una sfarzosa mostra di… cartoni, ma d’affresco! Poi il retrogusto polemico si perse e la parola entrò nell’uso corrente. Oggi il termine “cartone animato” viene usato in maniera troppo ampia. E dicendo “cartoni” spesso ci si dimentica degli affreschi e si pensa al materiale rigido a base di carta».
Chi è stato l’ideatore del cartone animato?
«Fu il francese Émile Cohl, che del cartone animato fu padre due volte. Prima di tutto vi fu Fantasmagorie, cortometraggio del 1908 dove, per la prima volta, il disegno faceva spettacolo a sé, senza bisogno di attori fotografati “dal vero”. Era un misto di disegni animati e stop-motion con ritagli di carta, per creare una linea in continua metamorfosi. In seguito, Cohl diresse negli Stati Uniti The Newlyweds (Cirillino), una serie tratta da un fumetto di George McManus, di cui ci rimangono solo due frammenti. Fu ben accolta, e soprattutto fu la prima produzione chiamata animated cartoon ».
Disney ha innovato profondamente la storia dell’animazione. Sotto quali aspetti?
«Walt Disney raggiunse un livello estremo di eccellenza tecnica e successo commerciale, grazie alla sua abilità nel capire le logiche dello spettacolo e nel coltivare talenti. Disney, infatti, non fu quasi mai regista, e nemmeno pioniere in assoluto: spesso si dice, per esempio, che il primo film con Mickey Mouse, Steamboat Willie (1928), introdusse il sonoro nei cartoni, e che Biancaneve e i sette nani ( 1937) fu il primo lungometraggio animato. In realtà, vi erano stati già i Song Car-Tunes dei fratelli Fleischer e il lungometraggio El apóstol di Quirino Cristiani (1917). Solo Disney però riuscì a trascinare un pubblico globale con le stesse “armi” dei film “dal vero”, sfruttando generi come il musical, una recitazione carismatica e soprattutto una spontaneità di movimento che nascondeva il faticoso lavoro d’animazione. Era l’estetica della illusion of life. Ne fu esito estremo la creazione di Disneyland».
In che misura il cinema e la televisione hanno influenzato il cartone animato?
«In sé, l’animazione non ha bisogno di uno schermo. Pensiamo ai flipbook, che si sfogliano con un pollice: sono animazione, ma non cinema. L’animated cartoon, però, nacque proprio per il cinema. Si appropriò dunque del linguaggio della scala dei piani, dei significati dell’inquadratura, della potenza del montaggio e della recitazione. Già prima di Disney tutto ciò era stato esplorato dal pioniere Winsor McCay. Dalla TV, invece, il cartone animato fu spinto verso la sintesi: uno schermo piccolo richiedeva semplicità. Vediamo questo nell’animazione “limitata” di Hanna-Barbera ( Gli antenati, I pronipoti, Scooby-Doo), la cui eredità prosegue ancora oggi nello stile di Cartoon Network e in generale del cartone animato seriale».
Negli ultimi decenni si è assistito a un’invasione del cartone animato giapponese. In che cosa differisce rispetto a quello occidentale?
«Le differenze sono profonde. Vi sono state influenze (il “padre” dell’animazione giapponese contemporanea, Osamu Tezuka, amava Disney), ma non si possono assimilare al cartone animato gli anime, etichetta che abbrevia animēshon, ossia animation in giapponese. Il pubblico dell’animazione, in Giappone, è articolato, esistono prodotti per ogni categoria e tema. Vi sono tratti ricorrenti, come occhi grandi e un’animazione che non imita la fluidità della ripresa dal vero, ma guardando un film come Akira (1988) si viene presto smentiti. Anche per questa complessità, a causa di stereotipi dovuti all’esempio Disney (che destinò alle famiglie la sua influente animazione), tra gli anni Settanta e Ottanta l’arrivo degli anime in Occidente fu percepito come un’invasione, carica di drammi, morte, passione, violenza. In realtà, fu un errore occidentale quello di credere che tutta l’animazione dovesse essere per bambini ».
Nell’attuale era digitale, come è cambiato il cartone animato?
«Lo storico Giannalberto Bendazzi disse nel 2021 che l’animazione oggi è come una supernova: una stella in esplosione, che proietta ovunque la sua energia. In effetti, l’animazione è usata quotidianamente per lavorare e comunicare. La supernova, però, è anche una stella morente. La metafora, dunque, era velata di pessimismo, o meglio di consapevolezza dei cicli storici. In effetti, si avvistano pericoli all’orizzonte: l’intelligenza artificiale (IA), per esempio, pone gravi interrogativi sulla proprietà intellettuale e sul mestiere di animatore. Il pubblico non sa ancora riconoscere l’IA, come si vede sui social network. D’altro canto, l’IA può diventare uno strumento meraviglioso nelle mani di un artista. Siamo dunque in un’epoca di transizione; nel cartone animato però, forse per reazione, si assiste a un ispirato ritorno alle origini. Il digitale 3D si avvicina al disegno (pensiamo agli Spiderverse, o agli ultimi titoli della Pixar, o a una serie come Arcane), oppure si disegna in modo classico con il digitale, come nella serie Prosciutto e uova verdi (2019-2022), nel videogioco Cuphead (2017) o nel cortometraggio The Brave Locomotive (2023). Insomma, Bendazzi aveva ragione: la storia deve fare il suo giro. Forse il cartone animato non è solo una stella morente, ma anche un pianeta pronto a una nuova rivoluzione lungo la sua orbita».