La riflessione

Dante e i segreti degli archivi vaticani

Della più importante opera letteraria italiana, la «Divina Commedia», non esiste il manoscritto originale – Un gruppo di ricercatori ritiene che si trovi nella più inaccessibile e misteriosa biblioteca del mondo e sta istituendo una speciale task force nella speranza di riuscire a varcarne la soglia
L’Archivio Apostolico Vaticano, un labirinto quasi inaccessibile che si snoda per oltre 85 chilometri contenenti un inestimabile patrimonio letterario.
Roberto Cotroneo
16.12.2020 22:18

Ci sono delle storie che sembrano venire da un mondo perduto. E questo perché possiamo avere tutte le tecnologie del mondo, possiamo mettere in server giganteschi, grandi come intere regioni, le informazioni di tutti, possiamo ripeterci di continuo che ormai la digitalizzazione sta invadendo le nostre vite, rendendole più semplici e anche più inquietanti. Possiamo illuderci che presto il mondo sarà tutto a portata di click, che le mappe saranno consultabili in tempo reale, che possiamo sapere ogni cosa, ogni informazione, consultare qualsiasi documento in un tempo vicino al milionesimo di secondo. Ma poi, a smentire tutto, ci sono quegli 85 chilometri lineari.

85 km di carta e pergamena
Sì, 85 chilometri lineari di carte e pergamene, che non solo non sono digitalizzate, ma non sono neppure visibili, visitabili. Parliamo dell’Archivio Apostolico Vaticano, più comunemente definito: l’archivio segreto. Cosa c’è in quell’archivio è noto a chi se ne occupa. Ma non del tutto. Cosa si può nascondere in un luogo del genere può farsi leggenda, alimentare fantasie, portare a congetture. Non si dimentichi che su una biblioteca segreta e inaccessibile si basa uno dei best seller più importanti degli ultimi quarant’anni: Il nome della rosa di Umberto Eco. E anche quella era una storia di Medioevo, come una storia di Medioevo è anche questa. Perché c’è un problema, e non da oggi, ma almeno da sei secoli. E riguarda un poeta che è del mondo intero prima di essere un poeta italiano: parliamo di Dante Alighieri. Negli ultimi giorni è partita un’iniziativa di esimi studiosi di Dante che vogliono mettere assieme una task force di fini paleografi, di esperti di antichi e misteriosi manoscritti, perché una delle più grandi opere della storia dell’umanità, copia e ricopiata nel Medioevo, stampata la prima volta da Johann Numeister ed Evangelista Angelini a Foligno l’11 aprile 1472 (il cosiddetto incunabolo di Dante Alleghieri, come dice il frontespizio) non ha la fonte originaria. Ovvero, non esiste più il manoscritto della Divina Commedia. Dobbiamo fare un atto di fede, i primi a copiare dall’originale furono i figli, e poi hanno continuato altri.

Una delle più grandi opere della storia dell’umanità, copia e ricopiata nel Medioevo e stampata la prima volta nel 1472 non ha la fonte originaria. Ovvero, non esiste il manoscritto della Divina Commedia

L’eredità Ordelaffi
Tralasciamo tutti i problemi filologici che questo ha com-portato. Ma siamo sicuri, proprio sicuri, che non esista più il manoscritto di Dante, la versione autentica, originale, indiscutibile della Commedia? Dante ebbe, come tutti sanno, una vita assai travagliata, molte cose sono andate perse. Forse anche questo manoscritto. Solo che alcuni studiosi hanno un sospetto. Se mai è esistito questo prezioso testo, poteva essere tra le carte di un archivio. L’archivio della famiglia forlivese degli Ordelaffi. Una famiglia che aveva accolto molti esuli ghibellini da Firenze, e tra questi anche lo stesso Dante. Molte strade portano proprio a loro. E non è una ipotesi peregrina. Perché è stata confermata negli anni da filologi e studiosi. Solo che la famiglia Ordelaffi si estingue nel ’400 e l’archivio passa di mano. Le carte scompaiono. Il mondo predigitale è fatto di carte che non si trovano più, di biblioteche che bruciano, o che vengono bruciate. Il mondo predigitale è fatto di legno e carta, spesso. E dunque di fuoco. Non sarà il fuoco dell’inferno ma è sufficiente a distruggere documenti, opere, e la memoria scritta di autori importanti.

L’appello degli studiosi
Che ne sia stato dell’archivio Ordelaffi non ci è dato sapere. Ma qualcuno ritiene che possa ancora esistere, che sia una piccola cosa (loro non erano una famiglia così importante), e che attraverso vicissitudini e stranezze faccia parte, nascosto e dimenticato, di quegli 85 chilometri segreti. Forse di quegli 85 chilometri l’autografo di Dante potrebbe occupare circa 6 centimetri di larghezza, e dico 6 centimetri perché è lo spessore esatto del dorso dell’incunabolo della Commedia di cui parlavamo prima. Ma siccome è certo che Dante scriveva su pergamena e non su carta, e la pergamena è più spessa, possiamo decidere per circa dieci centimetri. 10 centimetri su 8.500.000 centimetri di carte è un rapporto impressionante. Che impresa può essere mai ritrovarlo? L’appello degli studiosi alle autorità vaticane è ormai ufficiale. Ma sarà quasi impossibile che venga accolto. Significherebbe rendere visitabile a molte persone l’archivio segreto, e in un certo senso renderlo pubblico. E i misteri vaticani sono da sempre non svelabili. D’altronde non c’è niente di più affascinante di un segreto ben custodito. Forse questo di Dante è uno dei più inaccessibili. O forse il manoscritto non esiste davvero più. E alla fine esserne certi toglie un po’ di magia a mille fantasie di cui, soprattutto in questo periodo, abbiamo molto bisogno.

La copertina di romanzo di Nick Tosches
La copertina di romanzo di Nick Tosches

Le ipotesi di Nick Tosches
E dire che sul manoscritto di Dante è stato pubblicato un romanzo. L’autore è Nick Tosches, uno scrittore e giornalista americano scomparso nel 2019. Il libro, In the Hand of Dante uscito nel 2002 per Little Brown a New York e tradotto due anni dopo in italiano da Mondadori con il titolo La mano di Dante, è una storia molto complicata che si snoda su due piani. Il primo racconta la vicenda di un giornalista assoldato da un boss mafioso per capire se un manoscritto in possesso della mafia sia proprio l’autografo della «Commedia» di Dante. Il secondo filone del romanzo racconta le difficoltà di Dante nello scrivere la sua opera immortale. Un romanzo curioso perché rimanda a un altro mistero. Quello legato alla famosa «Natività» di Caravaggio, trafugata dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo nel 1969. Anche quel grande dipinto si dice sia finito nelle mani della mafia, e forse esiste ancora.