Grande schermo

Dietro la favola di Venus e di Serena c’è un padre-padrone dalla testa dura

In «Una famiglia vincente» Will Smith è Richard Williams, principale artefice dell’eccezionale carriera tennistica delle figlie
Will Smith con le giovanissime Saniyya Sidney e Demi Singleton in un momento del film. © WARNER BROS.
Antonio Mariotti
15.01.2022 06:00

Il mondo dello sport d’élite è uno dei campi più difficili da abbordare per il cinema, tanto lo spettatore ha impressi nella memoria non solo le star vere ma anche i modi di rappresentazione imposti dalle dirette televisive. Un discorso che vale ancora di più per il tennis, disciplina regina per l’eroe solitario e per il linguaggio del campo e controcampo. In Una famiglia vincente, il regista afro americano Reinaldo Marcus Green evita questa trappola in due modi: prima di tutto incentrando il racconto (come indica il titolo originale: King Richard) sul padre delle due giovanissime protagoniste: Venus e Serena Williams, future star assolute del tennis mondiale. D’altra parte, nella girandola delle variazioni attorno al titolo originale, la traduzione francese risulta tutto sommato la più azzeccata: Il metodo Wiliams centra in pieno il fulcro del film, ovvero l’illustrazione del «piano» (sintetizzato in un documento di 80 pagine) che il genitore ha redatto sin dalla nascita delle due figlie, descrivendo per filo e per segno le strategie che avrebbe messo in atto per portarle ai vertici delle classifiche mondiali. Le due ragazze (brave le giovanissime Saniyya Sidney e Demi Singleton) sono quindi quasi soltanto dei docili strumenti tra le mani del «re» Richard che, sempre più spesso man mano che il film avanza, si affida più alla propria cocciutaggine, deciso ad ignorare tutte le più collaudate strategie di successo. Un modo di procedere che gli procura non pochi nemici, che lo mette ai ferri conti anche con la moglie e che rischia di condurlo al fallimento, se non fosse per un gesto di umiltà che lo porta - per la prima volta - a piegarsi di fronte alla strenua volontà della figlia maggiore che nel 1994, a soli 14 anni, si sente ormai pronta per affrontare le giocatrici più forti al mondo.

Un personaggio vulcanico
Per interpretare un personaggio tanto vulcanico era necessario poter contare su un interprete di grande carisma. In questo senso la scelta di Will Smith si rivela perfetta. È una goduria vederlo rifiutare senza battere ciglio le mirabolanti (almeno in apparenza) offerte dei rappresentanti, bianchi, dei maggiori sponsor, o trattare come pezze da piedi i più quotati allenatori, sempre bianchi, che si occupano delle figlie. Cinematograficamente, il film è ben costruito ma nulla più e segue gli schemi ben oliati del biopic sportivo made in USA. A colpire in particolare, a oltre vent’anni dai loro primi grandi successi, è il fatto che Venus e Serena si siano imposte in un ambiente come quello del tennis, dove gli afro americani (contrariamente ad altri sport) erano (e sono?) quasi del tutto assenti, se si eccettua il caso del grande Arthur Ashe che negli anni Sessanta dovette superare anche i problemi legati alla segregazione razziale. Esperienze traumatiche che hanno forgiato anche il carattere di Richard Williams, abituato sin da ragazzo a dover contare solo sulle proprie forze e proprio per questo inflessibile ogni volta che un bianco che si crede più esperto di lui gli consiglia di puntare su una sola delle sue figlie. Quella delle piccole Serena e Venus e dei loro eccezionali exploit sportivi è per davvero una favola contemporanea e questo film, al di là di qualche stereotipo di troppo, ci aiuta a non scordarlo.