Lutto

È morto Marco Zucchi

Il giornalista esperto di cinema si è spento prematuramente oggi all’età di 49 anni
© KEYSTONE/Thomas Delley
Antonio Mariotti
12.01.2020 12:56

Al pubblico della Svizzera italiana era noto soprattutto come critico cinematografico per la RSI, ma la passione per la settima arte di Marco Zucchi – scomparso oggi, domenica 12 gennaio, all’età di 49 anni dopo una malattia subdola contro la quale ha lottato invano con tutte le proprie forze – andava ben al di là del semplice commento estetico. Marco si è sempre impegnato per condividere la propria passione con il maggior numero di persone possibile, convinto che attraverso le storie, reali o inventate, raccontate da registi ed attori di ogni parte del mondo ciascuno di noi potesse imparare qualcosa, vedere la realtà sotto un nuovo punto di vista o, più semplicemente, vivere un paio d’ore di sano divertimento. Un’attività animata da quello spirito di grandissima professionalità che lo ha sempre contraddistinto. Presentazioni di anteprime cinematografiche nelle sale di tutto il cantone, programmazione di rassegne per il Cineclub del Mendrisiotto di cui era da anni membro del comitato, organizzazione di cicli tematici di film destinati in particolare al pubblico dei più giovani e da tre anni a questa parte l’ulteriore impegno quale Delegato della Settimana della Critica del Film Festival di Locarno, organizzata autonomamente dall’Associazione svizzera dei giornalisti cinematografici. Queste solo le principali attività sul territorio di Marco, alle quali ha sempre dedicato un enorme impegno senza però mai sottrarre troppe energie a quel lavoro che svolgeva senza mai risparmiarsi.

Dopo aver iniziato a collaborare con la Rete Tre RSI, Marco Zucchi è passato ai microfoni di Rete Uno, divenendo in poco tempo l’insostituibile “spalla” di critici cinematografici esperti come Mariano Morace e Gino Buscaglia, dai quali ha appreso tutti i segreti del mestiere. Marco ha però anche saputo adattare il proprio lavoro alle nuove tecnologie, espandendo sul web e sui social media un tipo di giornalismo che, proprio grazie ai suoi intrinsechi contenuti audiovisivi, si prestava perfettamente a questo scopo. Dagli interventi più scanzonati sulle onde della mai dimenticata Rete Tre a quelli più “ufficiali” nel corso dell’edizione principale del TG, dalle interviste ad alcuni dei personaggi più noti del mondo cinematografico all’invenzione di rubriche sempre originali e sorprendenti, Marco è sempre stato animato da un “fuoco sacro” che non lo ha però mai spinto a diventare protagonista mettendo sempre il suo talento giornalistico al servizio delle opere e delle persone di cui parlava.

Per chi, come il sottoscritto, ha avuto l’occasione di frequentarlo soprattutto nel contesto frenetico che caratterizza di solito i festival cinematografici, Marco è sempre apparso come “un’isola” di calma e di ragionevolezza, qualcuno che pur facendosi coinvolgere nelle discussioni – talvolta accese – sul tal film o sul tal regista, manteneva una pacatezza e una lucidità di giudizio con la quale, alla fine, non si poteva che essere d’accordo. Ma Marco non era certo uno snob che considerava importanti soltanto i grandi appuntamenti del calendario cinematografico. Al contrario, non si contano le sue interviste e i suoi contributi critici su film svizzeri e in particolare ticinesi. Un segno di estrema apertura e di profonda consapevolezza del fatto che anche un’opera “piccola” sulla carta possa trasmettere grandi emozioni.

Lo sguardo di Marco ci mancherà d’ora in poi ogni volta che andremo al cinema, ma ci conforterà il fatto che quel film lo vedremo un po’ anche per lui, che di certo avrebbe trovato la formula migliore per condensarne lo spirito.