Edward Snowden, il rivelatore

È il protagonista del documentario premio Oscar "Citizenfour"
Edward Snowden nel film.
Antonio Mariotti
26.06.2015 01:30

I documentari più appassionanti sono quelli in cui la forza del cinema fa sì che si dimentichi assolutamente se si sta seguendo una storia vera o una vicenda abilmente architettata da un team di sceneggiatori. I film che ti fanno dire con soddisfazione che «la realtà supera la fantasia» sono spesso quelli in cui il regista ha la possibilità di mostrare dal vivo, senza filtri, i retroscena di un evento apparentemente poco significante ma che avrà effetti diretti o indiretti sulla vita di ognuno di noi. Citizenfour, il documentario di Laura Poitras che si è aggiudicato di recente il premio Oscar (oltre a una miriade di altri riconoscimenti a livello internazionale), è tornato proprio in questi giorni in presa diretta sull'attualità, a causa delle ultime rivelazioni di WikiLeaks riguardanti le intercettazioni telefoniche dei tre ultimi presidenti francesi da parte della NSA americana. Dietro questa serie di notizie che hanno messo a soqquadro il clima politico negli USA ma non solo (dalla Germania all'America del Sud sono molti i Paesi toccati) c'è un solo uomo: Edward Snowden, tecnico informatico della CIA con accesso illimitato alle attività segrete della NSA. «Citizenfour» è lo pseudonimo con cui Snowden contatta la regista, attraverso una serie di mail criptate, quando decide di rendere pubbliche le esplosive informazioni di cui è in possesso. Il film, costruito come un thriller, vive soprattutto del suo nucleo centrale: l'ora circa di riprese effettuate in un grande hotel di Hong Kong nel giugno del 2013 nei giorni in cui l'allora trentenne informatico nato nella Carolina del Nord incontra il primo giornalista (Glenn Greenwald del «Guardian») che pubblicherà le sue rivelazioni che rimbalzeranno immediatamente sui media del mondo intero. Queste scene, girate in maniera febbrile, con la preoccupazione primaria di non perdere nemmeno una parola di quanto sta raccontando Snowden, hanno il fascino inimitabile della «storia in diretta». Il volto pallido del protagonista viene esplorato da ogni punto di vista, le cose che dice sembrano di primo acchito inverosimili, lo stesso Greenwald (pur essendo uno specialista in materia) pare sorpreso e incredulo, ci si sente catapultati dentro un film di fantascienza che solo George Orwell avrebbe potuto concepire. Eppure, poco a poco, Snowden mette sul tavolo le prove e si dimostra il primo ad essere cosciente dei rischi che sta correndo quando stacca il cavo dell'apparecchio telefonico della sua stanza («Attraverso questi telefoni moderni, si possono effettuare delle intercettazioni anche quando la cornetta non è staccata» dice), o quando per digitare dei codici segreti sul suo pc portatile si nasconde sotto un maglione per paura di essere spiato da una telecamera attraverso le finestre dell'albergo. Ma chi è veramente Snowden? Un paranoico? Un eroe? Un traditore? Un megalomane? Una spia professionista? Un attore consumato? Il film non si cura di rispondere a questa domanda, anche perché il suo protagonista esce di scena ben presto – costretto a fuggire da Hong Kong e a trovare rifugio in Russia – ma è certo che se c'è un rimprovero che non può essere mosso a Snowden è quello di non aver osato sacrificare la propria vita personale sull'altare di un ideale.L'importanza di

Citizenfour non si limita però al fatto di ritracciare la vicenda di Edward Snowden (che ricompare nel finale in un'altra scena piuttosto inquietante), ma il film ci aiuta a prendere coscienza della logica del «controllo totale» in cui ormai abbiamo scoperto di essere immersi fino al collo e della crescente limitazione della nostra libertà, che oggi si preferisce chiamare pudicamente «privacy». Un discorso chiaro e necessario che viene sviluppato attraverso un sapiente montaggio di sequenze di attualità ma anche grazie alla preziosa testimonianza di Walter Binney, crittologo che ha lavorato per la NSA per oltre trent'anni, prima di distanziarsene nel 2001, dopo gli attentati dell'11 settembre. Il Grande Fratello di Orwell non è più solo un reality ma è realtà. C'è da chiedersi però fino a che punto la maggioranza di noi avrà davvero voglia di esserne parte.