Festival di cannes

Elton John, vita e miracoli di un mito del pop

L’artista britannico sulla Croisette per «Rocketman», film che racconta la sua storia
Elton John e Taron Egerton che lo interpreta nel film (Foto Keystone)
Antonio Mariotti
18.05.2019 06:00

CANNES - Ve lo immaginate Jim Morrison presente all’anteprima del film sui Doors firmato da Oliver Stone nel 1991, o Freddie Mercury a quella del recente e fortunato Bohemian Rhapsody? Il rock, di solito, rende omaggio ai propri miti solo dopo la morte, ma Elton John - anche in questo caso - ha voluto fare a modo suo ed ecco quindi che il quasi settantaduenne cantante inglese (compirà gli anni tra qualche giorno) ha fatto la sua trionfale comparsa a Cannes per l’anteprima mondiale di Rocketman, il biopic a lui dedicato presentato fuori concorso sulla Croisette. Un film diretto da un regista che non è una star (Dexter Fletcher) ma che se la cava bene e interpretato da un attore non notissimi (il britannico Taron Egerton, Kingsman: Secret Service) che colpisce per la straordinaria rassomiglianza con l’autore di tanti successi mondiali. Il film si rivela quindi intrigante non solo per i fan dell’artista. Rocketman mixa infatti in maniera intelligente ed equilibrata diversi generi: inizia con una scena in perfetto stile musical, non lesina sulle ricostituzioni delle tournée storiche del buon Elton ma propone anche l’ennesima esplorazione dell’universo assolutamente fuori dagli schemi di un idolo delle folle che, a partire dall’inizio degli anni Settanta, ha collezionato ogni sorta di primato a livello di dischi venduti o di spettatori ai suoi concerti, trasformandosi in una vera e propria industria dell’entertainment. Un’immagine tutta paillettes e lustrini dietro la quale si cela però una sempre più preoccupante dipendenza nei confronti di droghe, alcol e medicamenti. Non è un caso quindi che la situazione che fa da collante all’intero lungometraggio sia una seduta degli Alcolisti Anonimi a cui l’artista partecipa con indosso un costume a dir poco eclatante. A differenza di molte aspiranti star della musica pop, il bambino prodigio Reginald Dwight (che prenderà poi il nome d’arte di Elton John) deve però fare i conti con diversi handicap: non ha certo un fisico bestiale né un fascino arcano, è nato in una famiglia di provincia che ben poco si occupa della sua carriera ed è omosessuale, aspetto che - se conosciuto - mezzo secolo fa gli avrebbe alienato buona parte del favore popolare. Rocketman ha il pregio di prendere in considerazione in modo chiaro tutti questi aspetti, evidenziando come l’artista sia riuscito a superarli rimanendo quasi sempre fedele a se stesso, anche se ciò lo porterà a soffrire costantemente di solitudine. L’unica persona a cui appare legato da un’amicizia duratura e fraterna è il paroliere Bernie Taupin, autore dei testi di molti dei suoi maggiori successi. Il film termina con il periodo di disintossicazione dall’alcol e dalla droga a cui il cantante è stato costretto a sottoporsi una decina d’anni fa. L’ennesima crisi dalla quale sembra essere uscito più forte che mai. Rocketman riuscirà quindi a sedurre i fan amanti del cinekaraoke, ma anche chi ha solo voglia di vedere sul grande schermo la storia di un mito vivente della musica di oggi che rischia però di aggiungere qualche nuovo capitolo alla sua eccezionale vicenda. Un sequel, più tranquillo, non è quindi del tutto escluso.

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