"Everest", una tragedia del 1996

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Jason Clarke è il protagonista di "Everest". (foto (C) Universal)
Red. Online
26.09.2015 00:09

Baltasar Kormákur (Contraband, Cani sciolti), regista islandese ormai trapiantato a Hollywood, guarda alla maestosa e terribile cima col suo ultimo Everest. Ispirato a una vicenda reale, il film racconta la storia di una tragica spedizione degli anni Novanta. È quella guidata da Rob Hall, titolare di una ditta privata che organizzava ascensioni sulla montagna più alta del mondo anche per scalatori non professionisti. Siamo nel 1996 e con il suo gruppo eterogeneo si appresta a partire. Le cose andranno male. Nel periodo scelto per la spedizione, ci sono in tutto una ventina di gruppi pronti a partire per conquistare l'Everest. Per evitare problemi nei passaggi più rischiosi, Hall decide di fare coppia con il gruppo guidato dal collega-amico Scott Fischer. Dopo un periodo di acclimatamento al campo base, le spedizioni finalmente partono. In quella di Hall ci sono il giornalista Jon Krakauer, la scalatrice giapponese Yasuko Namba, il texano Beck affamato di emozioni, il postino Doug, che una prima volta ha già fallito l'impresa e ora vuole farcela a tutti i costi. Raggiunta la cima, Hall si ritrova a dover aspettare proprio Doug, rimasto indietro. Ma i guai sono dietro l'angolo. Sta arrivando una bufera. Le scorte d'ossigeno, imprescindibili per sopravvivere in quell'aria rarefatta, stanno finendo. Avrebbero dovuto occuparsene gli sherpa dei due gruppi, ma non sono dove ci si aspettava. In diversi perderanno la vita cercando di scendere verso il campo base più vicino.

Film d'apertura dell'ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia, Everest ha un cast zeppo di nomi gettonati, da Josh Brolin a Robin Wright, da Keira Nightley a Emily Watson, da Jake Gyllenhall a Sam Worhtington e Jason Clarke nei panni di Rob Hall. Sono troppi e nessuno viene sfruttato pienamente. I personaggi non sono elaborati fino in fondo e spesso si limitano a piccole comparsate qua e là. La sovrabbondanza di interpreti aumenta la confusione della trama e non è facile, tra il vento sferzante e le maschere d'ossigeno, capire esattamente i motivi che porteranno la spedizione a trasformarsi in tragedia. Girato fra Nepal e le Alpi italiane, Cinecittà e i Pinewood Studios di Londra, Everest però per lo meno riesce a rendere bene lo sfinimento e la disperazione degli scalatori, a contatto con forze più grandi di loro in paesaggi dalla bellezza sovrumana che racchiudono anche forze e pericoli al di là dell'immaginazione.

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